I nazionalisti vogliono distruggere l'Europa e i suoi valori - Noi Vogliamo cambiarla!

di Europanow.eu - 22/11/2018
L'8 dicembre 2018 Roma risponde alla marcia della Lega di Salvini

 

L'8 dicembre una bandiera dell'Europa a ogni finestra

 

per dire NO ai nazionalisti che auspicano il ripristino delle frontiere interne,

il ritorno alle vecchie monete, la stigmatizzazione delle minoranze,

l’attacco ai diritti delle donne, la sottomissione geopolitica 

agli Stati Uniti di Donald Trump e alla Russia di Vladimir Putin.

 

una bandiera dell'Europa a ogni finestra

 

per dire SI ad un patriottismo europeo fondato sui valori e sui principi democratici,

 

per dire SI ad un’Europa che non sia esclusivamente

un’Europa delle nazioni e dei vincoli di bilancio, 

ma un’Europa dei cittadini e dell’uguaglianza dei diritti.

 Diritti politici, sociali, fiscali, ambientali e culturali

 

Perché l’Europa significa unire le persone, non significa integrare gli Stati.

 

Oggi l’Unione Europea ha un’unica moneta e un mercato unico,

ma non ha ancora una democrazia e sistemi sociali comuni.

 

 

Una bandiera dell'Europa a ogni finestra

per rivendicare e incarnare una nuova Europa

più unita, fraterna, solidale e federale.

   

Non sottovalutiamo i pericoli, non rassegniamoci,

è arrivato il momento di agire, riprendiamo in mano il nostro futuro !

 

 

Se non saremo capaci di sognare un’Europa migliore,

non costruiremo mai un’Europa migliore

(Vaclav Havel) 

 

 

 

Estratto dal Manifesto di EuropaNow!

 

……

 

“L’idea europea è incontestabile, ma purtroppo l’Europa è diventata amministrazione, e la gente confonde l’idea con l’amministrazione”, ha riassunto efficacemente il regista Wim Wenders.

 

……

 

In un pianeta in cui oggi vive un miliardo di esseri umani in più rispetto a dodici anni fa (il doppio della popolazione dell’Ue) e considerando la crescita di nuovi protagonisti intraprendenti a cominciare dalla Cina, l’impotenza dei vecchi stati europei si è trasformata in un’ostilità diffusa verso le classi dirigenti, i corpi intermedi e oggi anche verso l’Europa, diventata per l’opinione pubblica sinonimo – non senza giustificazioni – di burocrazia, istituzioni velleitarie e pletoriche, oltre che fin troppo facile un capro espiatorio.

 

Ma da dove viene questa immobilità su cui marciano gli estremisti? La risposta è semplice: l’Europa è in mezzo al guado, non abbastanza unita e integrata per rispondere alle crisi, agli scossoni e alle trasformazioni del mondo.

 

Oggi la situazione è paradossale: dal 1957 la costruzione dell’Unione ha fatto abbastanza passi avanti perché i cittadini la percepiscano come una realtà e pretendano risultati, ma al contempo non dispone di poteri sufficienti (che restano sostanzialmente in mano ai governi nazionali) per mantenere le sue promesse, e tra l’altro non gode della legittimità democratica necessaria per agire. Questa posizione ambigua rischia di rivelarsi fatale.

 

Davvero qualcuno crede che un singolo stato dell’Unione sia in grado di regolamentare la finanza internazionale? Davvero qualcuno immagina che i giganti di internet accetterebbero di sottomettersi alle leggi nazionali quando il loro giro d’affari supera il Pil del Belgio, dell’Austria o della Danimarca? Come possiamo difendere i diritti sociali e l’eccezione culturale o affrontare le sfide climatiche e migratorie trincerandoci dietro frontiere nazionali obsolete?

 

Incapaci di raccogliere queste sfide, i governi nazionali hanno perso il sostegno della popolazione, che manifesta tutta la sua sfiducia nei confronti dei rappresentanti politici, delle istituzioni e in generale della democrazia.

 

L’Europa è una vittima collaterale di questo processo, il parafulmine di tutte le recriminazioni e le speranze disattese. Nei confronti dell’Europa, questa sfiducia generalizzata si è moltiplicata perché in fondo non è che la somma delle incapacità dei diversi governi nazionali.

 

È il momento di agire per ottenere una maggiore integrazione dello spazio europeo senza cui non saremo in grado di competere nel futuro prossimo in un mondo diviso in macro-regioni.

 

Oggi l’Europa è la condizione della politica.

 

Senza unione non avremo alcuna possibilità di regolare la globalizzazione e la finanza mondiale, di assicurarci i mezzi necessari per difendere il nostro modello sociale e culturale, di lottare efficacemente contro le disuguaglianze, di ridurre la povertà, di affrontare serenamente la sfida migratoria, di cercare una soluzione ai conflitti e di avere un peso nelle decisioni da prendere per contrastare il cambiamento climatico.

 

Ma una maggiore integrazione non avrebbe alcun valore se fosse soltanto il prodotto della necessità, del calcolo economico e dell’utilità, perché l’edificio resterebbe fragile e rischierebbe di crollare ai primi venti contrari.

 

L’Europa deve affermarsi prima di tutto, fondamentalmente e visceralmente, come espressione di una volontà collettiva, di un sentimento di appartenenza comune, di un’identità e di un immaginario condivisi.

 

È il momento che il popolo europeo prenda in mano il suo destino.

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