Il Merdinellum

di Marco Travaglio - Editoriale Il Fatto Quotidiano - 03/06/2017

A furia di sentirsi dire che devono accettare i compromessi e “sporcarsi le mani”, i 5Stelle stanno facendo entrambe le cose con la legge elettorale. E non è un bel vedere. Ieri Beppe Grillo ha silenziato i mormorii interni, soprattutto di Roberto Fico e Paola Taverna che definivano il testo dell’accordo “un nuovo Porcellum”, richiamando tutti i “portavoce” (i parlamentari 5Stelle) all’ordine di “rispettare il mandato” ricevuto dagli iscritti al blog, i quali “hanno votato a stragrande maggioranza il modello tedesco con oltre il 95% delle preferenze”. Verissimo. Peccato che il maxi-emendamento “Merdinellum” non c’entri nulla col modello tedesco plebiscitato dalla base grillina: a parte lo sbarramento al 5% e i seggi metà uninominali e metà proporzionali – due trovate non proprio geniali che non c’è bisogno di copiare dalla Germania: ci possono arrivare persino dei politici italiani – tutto il resto è diverso. E non è vero, come scrive il blog di Grillo, che “le differenze con il modello tedesco sono dovute alle diversità dell’assetto costituzionale tra la Germania e l’Italia” (in Germania il numero dei parlamentari elettivi è variabile, in Italia fisso). Non solo, almeno.

1) In Germania, per la Camera elettiva (Bundestag), gli elettori hanno due schede e danno due voti, che possono essere disgiunti: uno al candidato uninominale di collegio, uno al listino bloccato proporzionale di circoscrizione (che può essere anche di un altro partito). Qui invece avremmo una sola scheda per ogni ramo del Parlamento e non sceglieremmo alcun candidato: dovremmo barrare il simbolo di un partito e così implicitamente votare il candidato del nostro collegio (indicato a sinistra della scheda) e il listino bloccato dello stesso partito (a destra).

2) In Germania, una volta calcolati quanti deputati porta al Bundestag ciascuna lista sopra il 5% in base ai voti ottenuti nel proporzionale, vengono anzitutto eletti i candidati uninominali: quelli scelti direttamente dagli elettori, che sono poi gli unici sicuri di essere eletti. Poi, se avanzano posti, entrano quelli del listino bloccato, dal numero 1 in giù fino a esaurimento. Qui invece si parte dal primo del listino, che diventa un capolista bloccato e nominato in automatico dal capo, infatti è l’unico sicuro di essere eletto. Invece quello davvero scelto dai cittadini all’uninominale non è affatto certo di entrare in Parlamento: deve mettersi in fila. E, se nella sua circoscrizione il suo partito ha diritto a un solo parlamentare, il vero eletto viene certamente escluso perché il seggio se l’è già fregato il nominato.

3) In Germania ogni candidato può presentarsi al massimo in un collegio uninominale e in un listino proporzionale. Qui invece, oltreché in un collegio uninominale, può infilarsi pure in tre listini proporzionali, con altrettanti paracadute per garantirsi l’elezione qui, o lì o là.

Tutti e tre i punti del Merdinellum sono la negazione di quanto ha sempre predicato il M5S contro il “Parlamento dei nominati” (vedi antologia a pag. 2), ma anche dei suoi interessi. A chi servono infatti la precedenza dei nominati sugli eletti, il divieto di voto disgiunto e le multicandidature-paracadute? Ai partiti che devono garantire l’elezione sicura ai servi del capo, di solito impopolari e invotabili, anche perché spesso sono in Parlamento dalla notte dei tempi. Non certo ai 5Stelle, che non hanno di questi problemi: non sono inseguiti da eserciti di veterani a caccia di un posto, perché non ricandidano nessuno dopo due mandati; stando ai sondaggi, raddoppieranno i loro posti in Parlamento, mentre i partiti dimagriranno tutti; hanno una ventina di big molto popolari e facilissimi da far rieleggere, seguiti da un truppone di peones vecchi e nuovi che nessuno conosce (più che “uno vale uno”, regna “l’uno vale l’altro”); sono gli unici, col sistema peraltro caotico e poco rappresentativo delle primarie online, a non far scegliere al vertice i candidati (gli altri partiti affideranno la selezione ai capi, compreso il Pd che non potrà neppure inscenare la farsa delle “parlamentarie”, salvo aprire i gazebo a ferragosto). In compenso avrebbero tutto da guadagnare dal voto disgiunto: c’è chi, votando per abitudine, sarà attratto dal simbolo del suo vecchio partito nella quota proporzionale; però magari nel collegio, dovendo scegliere fra un manigoldo berlusconiano, una vecchia muffa pidina e un giovanotto tipo Di Battista, Di Maio, Fico, si salverà la coscienza e voterà il più fresco e nuovo.

Se poi fosse vero che Renzi vuole finalmente schierare candidati altamente innovativi e qualificati rottamando gli inguardabili veterani, come promette da una vita senza mai mantenere, dovrebbe intendersi a meraviglia con i 5Stelle per una serie di elementari modifiche che riducano al minimo i nominati e diano il massimo potere possibile agli elettori (ricordare al Bomba le sue promesse in tal senso è purtroppo un esercizio ozioso). Il minimo sindacale sono quelle per passare dal Merdinellum al vero modello tedesco: doppia scheda con possibile voto disgiunto per ogni Camera; divieto di multicandidature; assegnazione dei seggi a partire dagli eletti nell’uninominale, anziché ai nominati nel proporzionale. Il massimo sarebbe rendere più democratico il modello tedesco prevedendo la preferenza nei listini proporzionali, così che siano i cittadini, scegliendo un candidato fra i tanti, a decidere chi saranno gli eletti negli altri posti disponibili di ogni circoscrizione. L’ansia di non far saltare l’accordo con Pd e FI e di non rinviare il voto anticipato è comprensibile. Ma con gli elettori non si scherza: l’ultimo che il 4 dicembre li ha presi in giro non se n’è più riavuto.

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