Quo Guidi?

di Marco Travaglio - Il Fatto Quotidiano - 02/04/2016

Erano passate poche ore dall’ennesima smargiassata di Renzi alla conquista delle Americhe: “Ho fatto le riforme che andavano fatte vent’anni fa”. Poi la solita, benedetta intercettazione tra la ministra tecnica Federica Guidi e il fidanzato-imprenditore Gianluca Gemelli s’è incaricata di rammentare agli ingenui e agli smemorati cosa sono queste famose “riforme” che l’Italia – peraltro a sua insaputa – “attendeva da vent’anni ”: marchette ad personam, ad aziendam, ad bancam per ingrassare le solite lobby. L’inchiesta di Potenza svela mandanti e beneficiari di un emendamento al decreto Sblocca-Italia, prima scomparso poi risorto in Senato d’intesa con “Mariaele”, al secolo Maria Elena Boschi. Ma è facile immaginare cosa scopriremmo se le conversazioni dei ministri fossero tutte controllate: quello che il Fatto, senza intercettare nessuno ma facendo semplicemente l’analisi delle norme, racconta da tempo. E cioè che tutte le “riforme” di cui mena vanto questo governo minoritario nel Paese e in Parlamento (dove infatti deve acquistare voti in cambio di poltrone e favori) sono state scritte in luoghi molto diversi e lontani da Palazzo Chigi, da Palazzo Madama e da Montecitorio: Bce, Bankitalia, Confindustria, Eni, banche d’affari, multinazionali, Fiat-Fca, Mediaset, Banca Etruria & C., Lega Coop, Compagnia delle Opere, banche popolari, grandi studi legali e illegali, uffici fiorentini dei compari del Giglio Magico, dell’amico Verdini e della galassia alfaniana.

Dal Jobs Act alla “Buona scuola”, dallo Sblocca-Italia alla depenalizzazione dell’evasione fiscale, dalla responsabilità civile dei magistrati su su fino al cocktail esplosivo Italicum- nuovo Senato e all’incredibile campagna per l’astensione al referendum No Triv: basta “seguire il denaro” e, presto o tardi, saltano fuori le impronte digitali e gli identikit dei veri padroni di questo governo di strette intese e larghe imprese. Le immediate dimissioni della Guidi sono un barlume di normalità e decenza in un Paese indecente e anormale. Ma, nell’Italia che ci ostiniamo a sognare, non bastano. Sia perché mancano ancora le spiegazioni della Boschi sul suo ruolo nell’emendamento “ad fidanzatum”. Sia perché l’ennesimo pozzo nero politico-affaristico attorno al petrolio in Lucania (su cui già indagarono Woodcock e De Magistris, linciati soprattutto da sinistra) dovrebbe aiutare tutti ad alzare lo sguardo dalla routine quotidiana sul quadro d’insieme di quel che resta della nostra democrazia.

Chi ricorda a Renzi che non è stato eletto si sente rispondere che la Costituzione non prevede l’elezione diretta del premier. Vero. Ma, siccome la sovranità appartiene al popolo, gli elettori hanno il sacrosanto diritto di scegliersi, se non il premier, almeno la coalizione e il programma di governo che preferiscono. Ora, alle elezioni del 2013, gli elettori hanno premiato con circa il 55% due forze politiche (il Pd di Bersani alleato con Sel e il M5S) che presentavano programmi del tutto diversi, per non dire opposti, a quello che sta portando avanti Renzi stampellato dagli scarti degli sconfitti (centristi e berlusconiani).

Il che basta e avanza a sbugiardare il mantra delle “riforme attese da 20 anni”: ammesso e non concesso che qualcuno sognasse i licenziamenti facili, il precariato fisso, i deputati e i senatori nominati anziché eletti, lo sfascio della Costituzione, l’evasione fiscale impunita, la mano libera a palazzinari e costruttori, i regali alle banche, i favori agli inquinatori, la vendetta contro i magistrati, l’energia ancorata al fossile cioè al petrolio anziché alle rinnovabili e così via, non si trattava della maggioranza degli italiani. Che, invece, chiede esattamente il contrario di quel che il governo sta facendo. E il governo fa così proprio perché sa di non dover rendere conto agli elettori, ma ai poteri extraparlamentari che lo tengono in piedi. Non lasciamoci assorbire dal singolo emendamento che ha messo nei guai la Guidi e il fidanzato: domandiamoci piuttosto perché la Guidi, ex vicepresidente di Confindustria, divenne ministro dello Sviluppo Economico, mentre l’ex capo della Lega Coop Giuliano Poletti andava al Lavoro e l’uomo della Compagnia delle Opere Maurizio Lupi (poi inciampato sul Rolex del figlio) alle Infrastrutture & Trasporti. Con tanti saluti alla legge sul conflitto d’interessi, che sarebbe una rivoluzione, infatti non si fa.

Non che l’essere eletti metta al riparo i governi dalle lobby (B. era tutto una lobby), ma è indubbio che, se un governo non ha elettori, risponde ad altri e solo ad altri. Ed è costretto ad agire nell’ombra. Infatti ancora attendiamo di conoscere gli scontrini delle cene “istituzionali” di Renzi sindaco di Firenze, 10-20 volte più costose di quelle che hanno scaraventato Ignazio Marino fuori dal Campidoglio e sotto inchiesta. Ancora aspettiamo il nome di chi infilò nel decreto fiscale del Natale 2014 il codicillo salva- frodi e di chi ordinò di inscatolare le statue nude dei musei capitolini al passaggio del presidente iraniano. La trasparenza dei governi è direttamente proporzionale al potere di scelta dei cittadini.

Perciò è importante votare Sì al referendum No Triv (non a caso promosso da governatori regionali eletti e sabotato dal governo non eletto) e No a quello costituzionale. Solo ripristinando quel minimo consentito di sovranità popolare potremo almeno limitare i danni. Ieri abbiamo sghignazzato per la scena del nuovo governo libico che sbarca alla chetichella a Tripoli, insalutato ospite, a bordo di un gommone. E se un giorno sbarcasse così il prossimo governo italiano?

 

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