Tutte le domande alle quali RE GIORGIO non ha mai risposto

di Marco Travaglio - Il Fatto Quotidiano - 30/12/2014

<p>Signor Presidente, quando uno dei suoi migliori predecessori, Sandro
Pertini, fu eletto capo dello Stato nel 1978, Indro Montanelli gli inviò
il seguente telegramma: “Che Dio le conceda il coraggio, Presidente, di
fare le cose che si possono e si debbono fare; l’umiltà di rinunziare a
quelle che si possono ma non si debbono, e a quelle che si debbono ma
non si possono fare; e la saggezza di distinguere sempre le une dalle
altre”. È un vero peccato che Montanelli, essendo scomparso nel 2001,
non abbia potuto inviarlo anche a lei quando fu eletto nel 2006 e
rieletto nel 2013. Le sarebbe senz’altro servito a evitare un sacco di
errori, abusi di potere e deragliamenti dai confini fissati dalla
Costituzione, che invece hanno costellato l’intero suo settennato e
anche il post-scriptum degli ultimi 20 mesi. Manca lo spazio per
riassumerli tutti: li troverà, nel caso in cui le servisse un ripasso,
nel libro Viva il Re! uscito un anno fa. Qui ci limitiamo a quelli del
suo secondo mandato, che da soli bastano e avanzano a fare di lei il
peggior presidente della storia della Repubblica.<br>A termine e a
condizione. Lei, il 20 aprile 2013, quando smentì ciò che aveva
ripetutamente giurato agli italiani e accettò la rielezione al Colle su
richiesta delle cancellerie europee, di Mario Draghi, del governatore di
Bankitalia Ignazio Visco, ma soprattutto dei vecchi partiti
(terrorizzati dalla candidatura di Stefano Rodotà, che avrebbe impedito
la riedizione delle larghe intese Pd-Berlusconi, già peraltro bocciate
dagli elettori due mesi prima), annunciò subito che il suo secondo
mandato sarebbe stato “di scopo”, limitato a misteriosi “termini entro i
quali ho ritenuto di poter accogliere in assoluta limpidezza l’invito
ad assumere ancora l’incarico di presidente”. Sarebbe così gentile da
indicarci quale articolo della Costituzione prevede l’elezione
condizionata e temporanea del capo dello Stato, visto che l’articolo 85
stabilisce in assoluta limpidezza che “il presidente della Repubblica è
eletto per sette anni”?



L'abbraccio allo Statista. In quei giorni il Corriere scrisse che –
per indurla ad accettare il bis – “decisivo sarebbe stato il colloquio
tra Napolitano e Berlusconi. Il presidente avrebbe dato atto all’ex
premier di avere avuto, in questa difficile fase, un ‘comportamento da
statista’. Prima del congedo, fra i due vi sarebbe stato un lungo,
caloroso abbraccio, talmente toccante da suscitare emozione nel
portavoce di Napolitano, Pasquale Cascella”. Dal Quirinale, nessuna
smentita. Davvero, Presidente, bastava un sì alla sua rielezione per
trasformare un pluriprescritto per reati gravissimi, plurimputato per
concussione e prostituzione minorile e per corruzione di senatori,
nonchè condannato in appello per frode fiscale, in un insigne
“statista”?<br>La Repubblica di Falò. Il 22 aprile 2013, mentre lei
preparava il suo discorso di reinsediamento, i giudici di Palermo erano
costretti da un’inaudita sentenza della Corte costituzionale a
distruggere i cd-rom contenenti le quattro conversazioni legittimamente
intercettate sui telefoni di Nicola Mancino, coinvolto nelle indagini
sulla trattativa Stato-mafia. Vuole spiegarci, una volta per tutte, cosa
contenevano di tanto imbarazzante per lei quelle telefonate, al punto
da spingerla a sollevare un inaudito conflitto di attribuzioni con la
Procura di Palermo per sottrarre ai cittadini un fondamentale elemento
di conoscenza su un capitolo così buio della storia d'Italia?<br>Il
Discorso del Re. Lo stesso 22 aprile 2013, nel pomeriggio, lei si
affacciò alle Camere riunite per un discorso programmatico del tutto
sconosciuto alla Costituzione e alle democrazie parlamentari, tipico dei
discorsi della Corona e dei capi delle repubbliche presidenziali. Dopo
aver giustificato il suo bis con la favola del “drammatico allarme” per
l’“impotenza” del Parlamento a eleggere il suo successore (si era votato
per appena due giorni, mentre in passato i tentativi a vuoto per
l’elezione del Presidente erano durati anche 12 giorni), lei intimò al
Parlamento di “riformare la seconda parte della Costituzione” in base ai
“documenti dei due gruppi di lavoro da me istituiti il 30 marzo” (i
famosi “saggi” nominati al di fuori del Parlamento, non si sa bene con
quale legittimità democratica). A che titolo lo fece, visto che aveva
appena giurato per la seconda volta di difendere la Costituzione, non
certo di rottamarla? Non contento, lei minacciò il Parlamento che
l’aveva appena rieletta e il governo che lei stava per formare: “Ho il
dovere di essere franco: se mi troverò di nuovo dinanzi a sordità come
quelle contro cui ho cozzato nel passato, non esiterò a trarne le
conseguenze dinanzi al Paese... Eserciterò le funzioni fino a quando la
situazione del Paese e delle istituzioni me lo suggerirà e comunque le
forze me lo consentiranno”. Cioè: se e finchè fate come voglio io, resto
e vi salvo dai guai; se mi disobbedite, me ne vado e vi lascio nelle
peste. Si è mai reso conto che questo si chiama ricatto a due poteri
dello Stato – il legislativo e l’esecutivo – che da quel momento non
sono stati più liberi né sovrani di operare, sotto la spada di Damocle
della sua minaccia?<br>Il Governo del Presidente. Incurante del popolo
sovrano che appena due mesi prima aveva platealmente bocciato le larghe
intese (e dell’impegno preso da Pd e Pdl con i rispettivi elettori di
non governare mai più insieme), lei aggiunse di aver accettato la
rielezione per propiziare un governo di “convergenza fra forze politiche
diverse”. Ma non tutte: solo quelle dell’“appello rivoltomi due giorni
orsono”. Cioè dei partiti che le avevano chiesto il bis (Pd, Pdl, Centro
montiano, Lega Nord). Esclusi dunque i 5Stelle, Sel e Fratelli
d’Italia. S’è mai reso conto che il capo dello Stato, durando in carica 7
anni e avendo il potere di nominare il capo del governo e i ministri
(che durano in carica al massimo 5 anni), non può subordinare la sua
elezione al crearsi di questa o quella maggioranza governativa? Appena
due giorni dopo, lei incaricò Enrico Letta, scelto da Silvio Berlusconi
in persona, cioè da colui che aveva perso sonoramente le elezioni con
6,5 milioni di voti in meno. E fece subito capire chi era il vero
premier, imponendo al Letta travicello cinque suoi fedelissimi in
altrettanti ministeri-chiave: Saccomanni all’Economia, Bonino agli
Esteri, Cancellieri alla Giustizia, Giovannini al Lavoro, Quagliariello
alle Riforme. Conosce qualche precedente simile, nella storia delle
democrazie perlamentari?<br>Saggi su saggi. Il 29 maggio il governo
Letta, in accordo con lei, nominò altri 35 “saggi” extraparlamentari,
quasi tutti di stretta obbedienza quirinalesca, per scrivere le riforme
costituzionali da approvare – assicurò il premier – in Parlamento “entro
18 mesi” per “dare immediato seguito all’impegno preso nel momento in
cui si è chiesto a Napolitano di essere rieletto”. E, per abbreviare i
tempi, partorì un ddl costituzionale che stravolgeva tempi e modi
dell’articolo 138 della Costituzione, quello che regola le riforme
costituzionali, e apriva la strada a ogni possibile scassinamento della
Carta a tappe forzate. Il 1° giugno lei diede a governo e Parlamento un
anno per varare le riforme che le garbavano: “Di qui al 2 giugno del
prossimo anno l’Italia dovrà essersi data una prospettiva nuova”, anche
perchè l’esecutivo “è una scelta eccezionale e senza dubbio a termine”.
Come lui. Il 5 giugno Barbara Spinelli criticò sul Fatto l’ennesima sua
interferenza nel potere esecutivo e legislativo, e lei si autosmentì,
definendo “ridicolo falso” la notizia che lei avesse “posto un termine
al governo”. Poi il 6 giugno, non si sa a che titolo, ricevette i nuovi
saggi ricostituenti col ministro Quagliariello, per giunta a porte
chiuse. Può dirci quali articoli della Costituzione le consentivano
quelle invasioni di campo?<br>Un condannato al Quirinale. Il 24 giugno
Berlusconi fu condannato a 7 anni dal Tribunale di Milano per
concussione e prostituzione minorile e sparò a palle incatenate sulla
magistratura, paragonata a un “plotone di esecuzione”. Due giorni dopo
lei invitò e ricevette il neocondannato “per un ampio scambio di
opinioni sul momento politico e istituzionale”. Tutto normale,
Presidente?<br>Cicciobomba cannoniere. Il 29 giugno Camera e Senato
approvarono una mozione Sel-M5S che impegnava il governo a sospendere
l’acquisto di cacciabombardieri F-35 dall’americana Lockheed fino al
termine di un’indagine conoscitiva del Parlamento sui costi e la
sicurezza dei velivoli. Lei, furibondo, il 3 luglio riunì il Consiglio
Supremo di Difesa ed esautorò il potere legislativo: “La facoltà del
Parlamento non può tradursi in un diritto di veto su decisioni che...
rientrano tra le responsabilità costituzionali dell'esecutivo”. Se n’è
mai pentito?<br>Dissidente deportata, Alfano salvato. Il 16 luglio il
ministro dell’Interno Angelino Alfano lesse in Parlamento una relazione
piena di bugie sul rapimento in Italia e la deportazione in Kazakhstan
di Alma Shalabayeva – moglie di un dissidente kazako – e della
figlioletta Alua a opera della polizia e dei vertici del Vi-minale. I
5Stelle e Sel presentarono una mozione di sfiducia individuale contro di
lui. Il Pd di Epifani, su pressione di Matteo Renzi, chiese le sue
dimissioni, ma poi fece marcia indietro quando lei monitò: “È assai
delicato e azzardato invocare responsabilità oggettive per dei
ministri”. Presidente, s’è poi accorto dell’articolo 95 della
Costituzione: “I ministri sono responsabili… individualmente degli atti
dei loro dicasteri”?<br>Troppa grazia, San Giorgio. Il 1° agosto 2013 la
sezione feriale della Cassazione presieduta da Antonio Esposito emise
la sentenza definitiva del processo Mediaset: B. condannato a 4 anni per
frode fiscale. Mentre il Caimano tuonava contro i giudici in un
video-messaggio eversivo, lei monitò dalla Val Fiscalina un incredibile
elogio per il “clima più rispettoso e disteso” che aveva accompagnato il
verdetto e auspicò “che possano ora aprirsi condizioni più favorevoli”
per la riforma della giustizia. I berluscones chiesero a gran voce la
grazia presidenziale per il capo. Lei, il 2 agosto, non la escluse,
anzi: “C’è la legge a stabilire quali sono i soggetti titolati a
presentare la domanda di grazia”. Poi ebbe una lunga conversazione
telefonica col neopregiudicato. Bondi, Cicchitto e Santanchè intanto le
rammentavano i protocolli segreti della sua rielezione e delle larghe
intese: “pacificazione”, cioè grazia. Il 5 agosto, di ritorno dalle
ferie, lei ricevette i capigruppo Pdl Brunetta e Schifani venuti a
chiederle la grazia e promise di “esaminare con attenzione tutti gli
aspetti delle questioni prospettate”. Csm e Pg della Cassazione
avviarono col suo consenso un procedimento disciplinare e una pratica di
trasferimento per il giudice Esposito, imputandogli un’intervista a Il
Mattino e ignorando che era stata manipolata per inserirvi riferimenti
alla sentenza su B., mai pronunciati dal magistrato. Il 13 agosto lei
diramò una lunga nota in cui spiegava a B. che fare per ottenere la
grazia: “presentare una domanda”; accontentarsi di una grazia sulla
“pena principale” (quella detentiva e non quella accessoria
dell'interdizione dai pubblici uffici); “prendere atto” della sentenza e
rispettare i giudici, anche se è “comprensibile” il “turbamento e la
preoccupazione per la condanna a una pena detentiva di personalità che
ha guidato il governo... leader incontrastato di una formazione politica
di innegabile importanza”; sostenere lealmente il governo.
Ripensandoci, non trova incredibile che lei, appena 12 giorni dopo una
sentenza, abbia speso tanto tempo e tante parole per far balenare una
grazia incostituzionale a un politico condannato per un delitto così
grave e ancora imputato in altri processi?<br>Lodo Napolitano-Violante. A
settembre la giunta per le elezioni del Senato iniziò a discutere della
decadenza del condannato B., prevista in automatico dalla legge
Severino. Ma ecco farsi avanti un plotoncino di giuristi legatissimi al
Quirinale e capitanati dal “saggio” Luciano Violante che invocavano uno
stop in attesa che la Consulta e le Corti europee si pronunciassero
sulla legittimità della Severino e della sentenza della Cassazione, per
salvare il seggio al neopregiudicato che ricattava tutti minacciando il
governo. Lei fece sapere di aver “letto con attenzione e apprezzamento”
il “lodo Violante” (poi fortunatamente ignorato dalla maggioranza in
Senato). Presidente, s’è mai vergognato di quell'ennesima interferenza?
E, già che ci siamo: intervistato da Bruno Vespa per il suo ultimo
libro, il ministro Alfano ha rivelato che lei, in un incontro a
quattr’occhi nel settembre 2013, si disse “pronto a concedere la
grazia”, anche motu proprio (cioè senza domanda), se B. si fosse dimesso
da senatore prima che il Senato votasse la sua decadenza e, per
soprammercato, a lanciare un appello al Parlamento per un provvedimento
di amnistia e indulto (cosa che fece l’8 ottobre, fortunatamente
inascoltato). Lei non ha mai smentito. Sono dunque ridicole panzane
quelle che lei ha poi raccontato il 20 ottobre 2013, quando definì
“ridicole panzane” le notizie sulla sua promessa di grazia a B.?<br>Testimone
obtorto Colle. Da quando, il 17 ottobre 2013, la Corte d’Assise di
Palermo la convocò come teste nel processo Trattativa, lei fece il
possibile e l’impossibile per sottrarsi al suo dovere di testimoniare,
sostenendo di non aver “alcuna conoscenza utile da riferire” su quanto
le scrisse il suo consigliere Loris D'Ambrosio (poi scomparso) su
confidenze fattele a proposito di “indicibili accordi” fra Stato e
mafia. Perchè allora quando il 28 ottobre 2014 si decise finalmente a
testimoniare, parlò per più di tre ore, rivelando importanti fatti che
aveva taciuto per vent’anni (il progetto di attentato mafioso contro di
lei e Spadolini nel luglio ’93; il timore di un “colpo di Stato”; la
consapevolezza dei vertici dello Stato che le bombe mafiose fossero
finalizzate a ricattare il governo Ciampi per ottenere l’alleggerimento
del 41-bis)?<br>Nessuno tocchi Nonna Pina. Nel novembre 2013 finì nei
guai la ministra della Giustizia Cancellieri, indirettamente
intercettata sui telefoni della famiglia Ligresti mentre solidarizzava
con gli amici imprenditori plurinquisiti per il crac della Fonsai (di
cui era manager il figlio), si metteva a loro disposizione, brigava per
fare scarcerare Giulia Ligresti e si abbandonava a dure critiche ai
magistrati. Dinanzi alla mozione di sfiducia di M5S e Sel e alla
richiesta di dimissioni avanzata anche da Renzi, lei tornò a
interferire, ricevendo la ministra e auspicando “l’ulteriore pieno
sviluppo dell’azione di governo da lei avviata”. Letta telefonò a Renzi:
“Ho sentito il presidente della Repubblica, ti chiediamo di ritirare la
tua richiesta”. E l’indecente ministra si salvò, come Alfano. Signor
Presidente, che cos’è per lei il Parlamento?<br>Parlamento abusivo,
dunque è ok. Il 4 dicembre 2013 la Consulta cancellò il Porcellum,
giudicandolo illegittimo sia per l’abnorme premio di maggioranza al
partito o alla coalizione più votati, sia per le liste bloccate che
“alterano per l’intero complesso dei parlamentari il rapporto di
rappresentanza fra elettori ed eletti... coartano la libertà di scelta
degli elettori... contraddicono il principio democratico, incidendo
sulla stessa libertà del voto”. E così delegittimò in radice l’attuale
Parlamento eletto con quella legge, il presidente della Repubblica e il
governo da esso espressi, nonché la maggioranza che non esisterebbe
senza il premio abnorme ora cassato. Ce n’era abbastanza per mettere
subito in cantiere una riforma elettorale purchessia (semprechè non si
condividesse quella disegnata dalla Corte depurando il Porcellum dai
suoi profili incostituzionali: il proporzionale puro con preferenza
unica, simile alla legge elettorale con cui si votò nel 1992) e poi
sciogliere le Camere infette e restituire rapidamente la parola agli
elettori, cioè al popolo sovrano. Lei invece, il 5 dicembre, prim’ancora
che la Corte depositasse le motivazioni della sentenza, se ne
infischiò: decise che “questo Parlamento è legittimo” e gli dettò un
programma per l’intera legislatura: “riforma elettorale che superi il
sistema proporzionale” e “modifiche costituzionali almeno per il numero
dei parlamentari e per il bicameralismo perfetto”. Ma come si permise il
presunto “garante della Costituzione” di imporre a un Parlamento appena
dichiarato antidemocratico e abusivo dalla Consulta di restare in piedi
sino a fine legislatura, e addirittura di modificare la Costituzione e
la legge elettorale, dandogli per giunta precise indicazioni sui modelli
da seguire?<br>Un anno vissuto indecorosamente. Il 2014, che sta sta
per concludersi, è stato l’anno di Matteo Renzi. Che il 18 gennaio
siglò, con la benedizione del Colle, il Patto del Nazareno con B. per
farlo rientrare dalla finestra dopo che era uscito dalla porta a fine
novembre, abbandonando il governo Letta all’indomani della sua decadenza
da senatore. Il giovane e spregiudicato segretario del Pd, a metà
febbraio, defenestrò Enrico Letta per prenderne il posto e il 22
febbraio giurò nelle mani di un Napolitano inizialmente contrariato, poi
sempre più rassegnato, infine addirittura complice. Lei comunque,
Presidente, non rinunziò a mettere le mani nella lista dei ministri: non
per escluderne gli impresentabili , ma per cancellare dalla casella
della Giustizia l’elemento migliore della lista renziana: il pm
anti-’ndrangheta Nicola Gratteri, cassato in nome di un’inesistente
“regola non scritta” che escluderebbe a priori i magistrati dalla carica
di Guardasigilli (e allora perchè lei, nel 2010, nominò a
quell’incarico il magistrato forzista Francesco Nitto Palma, nel terzo
governo B.?). Con Renzi a Palazzo Chigi, i suoi moniti ed esternazioni
si sono fatti più radi, ma non per questo meno discutibili o indecenti
(almeno quanto certi suoi silenzi).<br>Presidente, non conosceva proprio
un giurista meno compromesso con l’Ancien Regime e in conflitto
d’interesse di Giuliano Amato da nominare alla Consulta? Sicuro di aver
detto tutta la verità sulla nascita del governo Monti nel novembre 2011,
alla luce delle rivelazioni di Alan Friedman sui suoi abboccamenti col
Professore fin dall'aprile di quell’anno?<br>Perchè lei ha smesso di
sferzare il Parlamento affinchè elegga il quindicesimo giudice
costituzionale, lasciando la poltrona vacante ormai da sei mesi?<br>Anzichè
telefonare un giorno sì e l’altro pure ai due marò imputati in India di
un duplice omicidio ed elevarli a eroi nazionali, perchè non ha mai
trovato il tempo e le parole per esprimere la solidarietà e la vicinanza
dello Stato al pm Nino Di Matteo, condannato a morte da Cosa Nostra
(con tanto di tritolo già acquistato dai boss e nascosto a Palermo) e al
pg Roberto Scarpinato, minacciato fin dentro il suo ufficio da uomini
di apparato ben sicuri dell'invisibilità e dell’impunità?<br>Con che
faccia il 2 aprile scorso ha ricevuto al Quirinale il pregiudicato B.
“per parlare delle riforme e del fronte giudiziario” (Corriere della
sera, mai smentito)?<br>Come si è permesso, a luglio, di bloccare il Csm
che stava per votare per Guido Lo Forte come nuovo procuratore di
Palermo, costringendo il Plenum a seguire l’ordine cronologico delle
nomine (mai seguito prima) solo per rinviare la decisione al successivo
Consiglio, che poi ha nominato Franco Lo Voi, guardacaso il candidato
meno titolato ed esperto, ma più gradito ai politici di destra e di
sinistra, e naturalmente a lei?<br>A che titolo una figura super partes
quale dovrebbe essere la sua ha continuato a difendere il Jobs Act e le
controriforme della giustizia e della Costituzione, invitando
opposizioni, sindacati e Anm a non opporsi?<br>Come si è permesso di
imporre al Csm, con una lettera rimasta segreta, di sbianchettare le
critiche all’operato del procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati
nella gestione del conflitto aperto con il suo aggiunto Alfredo Robledo,
incancrenendo così lo scontro nell’ufficio giudiziario più cruciale
d'Italia?<br>Quando ha scoperto che “il bicameralismo perfetto fu un
errore dei padri costituenti”, visto che lei entrò in Parlamento nel
lontano 1953 senza mai dire una parola? E perchè non s’è accorto che “il
Senato è un inutile doppione della Camera” nel 2005, quando accettò la
nomina a senatore a vita senza fare un plissè?<br>Che le è saltato in
mente di cerchiobottare fra guardie e ladri, mettendo sullo stesso piano
il dilagare di corruzione e crimine organizzato – divenuti un tutt’uno
nel sistema Mafia Capitale – e il presunto e imprecisato “protagonismo
dei pm”?<br>Come può chiedere ai magistrati di “non guardare con
diffidenza i politici”, quando i politici sono i più corrotti
dell’Occidente? E con che faccia può definire “eversiva” la cosiddetta
“anti-politica”, quando la politica si riduce alla fogna degli scandali
Expo, Mose e Mondo di Mezzo, questi sì “eversivi”?<br>Perchè non ha
detto una parola – da garante della Costituzione – sull’Italicum che
riproduce gran parte dei profili di incostituzionalità già sanzionati
dalla Consulta nel Porcellum?<br>Quando invoca il “rinnovamento” contro i
“conservatorismi”, non le viene da ridere, essendo il primo freno al
cambiamento, con la sua rielezione a 88 anni e con l’imbalsamazione
dell’Ancien Regime di cui è sempre stato il santo patrono e il lord
protettore?<br>Non s’è pentito di aver così platealmente attaccato,
anche in campagne elettorali, un movimento politico con milioni di voti
come i 5Stelle, tacendo invece sull’ultima versione sempre più razzista e
fascistoide della Lega Nord?<br>Perchè, dopo averlo duramente censurato
ai tempi di Prodi e in parte di B., ha smesso di denunciare l’abuso di
decreti e fiducie da parte dei governi Monti, Letta e Renzi, guardacaso i
tre creati o avallati da lei all’insaputa degli elettori?<br>S’è mai
domandato perchè, fino a tre anni fa, lei godeva di oltre l’80% di
consenso nei sondaggi, mentre dal governo Monti in poi è sceso sotto il
50?<br>Non crede di aver abusato del suo potere lanciando continue
minacce al governo e al Parlamento, tipo “riforme o me ne vado”, ma
anche “riforme o resto”?<br>Siccome tutti nel Palazzo sanno che il 14
gennaio 2015 lei annuncerà le sue dimissioni, non le pare il caso di
comunicarlo anche ai cittadini italiani, anziché seguitare a sfidarli
con sciarade e indovinelli?<br>Siccome è al passo d’addio, non crede che
il bilancio del suo secondo mandato sia un fallimento totale, con tutti
gli indicatori economici in picchiata (tranne quelli della corruzione,
dell'evasione e delle mafie) e nessuna delle riforme da lei dettate nel
messaggio di reinsediamento approvate?<br>Può rassicurarci sul fatto che
ora non interferirà nella scelta del suo successore per rifilarci un
suo clone, tipo Giuliano Amato o Sabino Cassese?<br>E, siccome considera
il Senato un ente inutile, si impegna a evitare di frequentarlo da
senatore a vita e a ritirarsi a vita privata?<br>È un peccato che
Montanelli non sia più fra noi. Altrimenti potrebbe dedicarle il
Controcorrente che riservò nel 1985 a Sandro Pertini quando lasciò il
Quirinale: “Il senatore Pertini ha annunciato che intende rientrare
nella vita politica e ingaggiare battaglia per il riavvicinamento tra
Psi e Pci. Con quest’uomo abbiamo sbagliato due volte. La prima,
mandandolo al Quirinale. La seconda, rimettendolo in libertà”.</p>

13 aprile 2019

La reazione a catena del caso Assange

Barbara Spinelli - Il fatto Quotidiano
19 marzo 2019

Lettera aperta al segretario generale del PD Nicola Zingaretti

Massimo Villone, Alfiero Grandi, Silvia Manderino, Domenico Gallo