LA PANDEMIA PUO’ ESSERE UNO SPARTIACQUE?

di Bruno Abati - Liberacittadinanza - 09/07/2020
E’ necessario un profondo cambio di mentalità e di cultura, e una grande volontà di impegno concreto individuale e sociale. Chissà se il coronavirus ci spingerà in questa direzione!

Nel Rapporto del Censis sul 2019, si diceva a un certo punto: “Sono tanti i segnali di contrapposizione degli italiani a una prospettiva di declino. Mentre i limiti della politica sono nella rassegnazione a non decidere.

Quei segnali venivano individuati: nella forte qualità del nostro sistema produttivo, nella sua capacità di innovare e di trainare la crescita; nel consolidamento strutturale di vaste aree del nostro paese (il nuovo triangolo industriale Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna più la fascia dorsale lungo l’Adriatico); la nuova sensibilità per i problemi del clima e della qualità ambientale; la rimessa in circuito del risparmio privato, che ha permesso una sostanziale tenuta sociale, a fronte di risorse pubbliche inadeguate; nuova fiducia sulle capacità delle istituzioni comunitarie della UE nel rinnovare contenuti e mezzi dello sviluppo.

Mentre i limiti della politica venivano ravvisati: nelle tante riforme strutturali sempre di nuovo annunciate, ma mai concretamente avviate: nella scuola, nella giustizia, nella fiscalità, nel quadro istituzionale.

La Pandemia è stata un fattore di sospensione/crollo dei segnali di opposizione al declino, anzi è stato uno choc che ha creato paura, depressione, smarrimento, sfiducia, isolamento sociale. Superata la fase acuta e ritornati a una condizione di quasi normalità il panorama si presenta drammatico: forte calo di occupazione e aumento della precarietà, sistema produttivo in crisi con attuale e tendenziale crollo pesante del PIL, tasso crescente di povertà assoluta e relativa, rafforzamento di spinte individualistiche, sensazione opprimente di assenza del futuro. La politica ha agito con determinazione contro l’epidemia, tanto che l’Italia è stata presa da molti come esempio di gestione efficace contro il coronavirus. Ma, passati, almeno in buona parte per ora, i guai, si ha l’ impressione che i diversi provvedimenti presi: dai decreti relativi alla cassa integrazione normale e in deroga, il decreto rilancio, il decreto semplificazione, e altri minori, o non abbiano risolto i problemi per tutti e comunque con tempi lunghi di attuazione, o inducono la forte impressione che siano impegni di carta, la cui attuazione si perde in un indefinito futuro.

Si aggiunga lo squarcio aperto (già evidente prima del resto) alla visibilità e sensibilità dei cittadini circa lo sfacelo del sistema sanitario, soggetto, negli ultimi dieci anni, a pesanti tagli nei finanziamenti e a processi accentuati di privatizzazione; la drammatica situazione della scuola, non solo riguardo alle soluzioni da adottare per la ripresa in autunno, ma per lo stato di degrado di tante strutture scolastiche, per la carenza di docenti (che in qualche modo si cerca di rattoppare), per il pressoché totale disinteresse rispetto agli enormi problemi riguardanti la didattica e gli obiettivi programmatici e di gestione democratica dei vari livelli scolastici; le lungaggini, i ritardi, i vuoti nel rispondere alle domande di sostegno ai redditi, che per molte famiglie danno luogo a situazioni estremamente difficili o addirittura disperate.

Mentre le imprese (specialmente quelle a guida Bonomi) fanno pressioni enormi per avere più flessibilità, più precariato, più contratti a termine acausali, meno tasse, meno vincoli per dare massimo fiato ai profitti.

Allora ci siamo arresi, siamo rassegnati, senza speranza?. Forse no Alcuni segnali positivi ci sono,deboli o parziali, ma esistenti. Sembra di cogliere una accresciuta sensibilità alla povertà, con una solidarietà che si esprime con gli aiuti al individui e famiglie in condizione di bisogno, non solo da parte di associazioni, ma anche da parte di tanti cittadini che contribuiscono alla “spesa corta”istituita nei supermercati. . C’è una richiesta forte da parte soprattutto di associazioni e movimenti di ripristinare un modello pubblico di sanità efficace ed efficiente, capace di rispondere, anche ai livelli territoriali ai bisogni della popolazione. Sembra ulteriormente accresciuti la sensibilità e l’interesse per i problemi ambientali, anche attraverso concrete iniziative e interventi finalizzati al risparmio energetico, all’uso crescete di energie rinnovabili e a tutto quanto può servire per lottare contro il riscaldamento climatico. La scienza e l’istruzione sembrano salite nella scala dei valori sociali, il lieve incremento nella spesa per libri e giornali può esserne un piccolo indicatore.

Sono segnali, non è detto che abbiano un corposo seguito, non possiamo ancora parlare di un iniziale cambiamento nel modo di relazionarci, di produrre, di consumare, di vivere. Le cose potrebbero anche volgere in peggio..

La responsabilità è certo delle istituzioni politiche in primo luogo, ma è anche assolutamente nostra. E’ necessario un profondo cambio di mentalità e di cultura, e una grande volontà di impegno concreto individuale e sociale. Chissà se il coronavirus ci spingerà in questa direzione!

Se è vero che in questi ultimi tempi si sono avvertiti, tra i cittadini, segnali di reazione alle prospettive drammatiche di declino economico e sociale (cito solo<: il – 11,2% del Pil, previsto dalla UE per l’Italia; e i 500 mila disoccupati in più, per ora, con prospettive nere per i prossimi mesi). Segnali che , come dicevo sono relativi a: più solidarietà verso i poveri; maggiore sensibilità e attivismo rispetto ai problemi ambientali; deboli segnali di crescente interesse per scienza e cultura. Ma queste sono espressioni di tendenze della cittadinanza, mentre sono i limiti della politica che ancora si rilevano, non nella rassegnazione a non decidere, ma , da un lato, nella enorme quantità di piccoli e meno piccoli interventi per il rilancio dell’Italia (Decreto Rilancio del 19/maggio/20), nella difficoltà e incertezza rispetto ai tempi di realizzazione di una varietà di questi provvedimenti , legati come sono alla definizione dei relativi decreti attuativi,; dall’altro lato, ma ancora di più, riguardano, oltre ai tempi, i i contenuti e gli obiettivi del Decreto Semplificazione, concordati dal Consiglio dei Ministri il 5 luglio 2020. A questo riguardo si potrebbero sintetizzare alcuni rilievi critici:

  1. Stravolgimento del Codice degli appalti : affidamento diretto nei contratti pubblici per opere di importo inferiore a 150 mila euro; procedura negoziata, senza bando, previa consultazione di un numero variabile di operatori, per le prestazioni pari o superiori a 150.000 euro; regola del silenzio-assenso perla maggior parte degli adempimenti burocratici, una volta scaduti i termini di legge. Lo scopo è sbloccare tutta una serie di cantieri, già previsti da precedenti strumenti,( e non a caso Matteo Renzi ha presentato il Decreto come un suo successo)

  2. Per “semplificare” si introduce per il periodo 2020-2023 l’Agenda della semplificazione amministrativa (con indirizzi condivisi tra Stato, Regioni, Enti locali) perla definizione di una modulistica standard per la presentazione di istanze, dichiarazioni, segnalazioni da parte dei cittadini. E, in merito alla cittadinanza digitale si prevede “l’accesso a tutti i servizi della Pa tramite Spid, Carta d’identità digitale e tramite appl0 su smartphone; la semplificazione e il rafforzamento del domicilio digitale per i cittadini; la presentazione di autocertificazioni, istanze d e dichiarazioni direttamente da cellulare tramite Appl0”. Ma c’è da chiedersi quanti cittadini saranno in grado di adire a questi servizi, vista la grande ignoranza informatica diffusa nel nostro Paese.

  3. In tema di sostegno alla tutela dell’ambiente si introducono: la razioalizzazione delle procedure di valutazione d’impatto ambientale (VIA) associate alle opere pubbliche; l’esclusione dall’obbligo di assoggettabilità alla VIA e al regime di beni e interessi culturali per interventi urgenti sulle dighe esistenti; semplificazione delle procedure per interventi nei luoghi oggetto di bonifica nei Siti di interesse nazionale. Ma siamo sicuri che queste disposizioni siano coerenti con le esigenze di sicurezza, rispetto della legalità, lotta alla corruzione pubblica e privata?

  4. Sempre in tema di green economy, che senso ha dare la priorità alla TAV, visto che anche il sindaco di Lione l’ha definita un’opera toppo costosa e inutile e visto che i valsusini lottano da più di 20 anni contro questo mostro?. Il Piano “Italia veloce” “legato al decreto Semplificazione” prevede 3000 chilometri di nuove strade e autostrade: pedemontane in Veneto, Lombardia,ecc.. Tibre, autostrada>Cispadana, Pontina, Gronda di Genova,, mentre ben poco è previsto perle ferrovie, specialmente al Sud dove tra Bari e Napoli, tra Reggio Calabria e Taranto, tra Potenza e Lecce i treni sono scomparsi. Inoltre e soprattutto, non sono prese in considerazione, se non in modo marginale, le aree urbane con il loro bisogno di piste ciclabili, tram e trasporto pubblico ecologico per limitare al massimo il traffico privato di auto e moto.

  5. Ma ci sono anche note positive: semplificazioni in materia di progetti o o impianti alimentati da fonti rinnovabili; un piano straordinario per la manutenzione del territorio forestale e montano; sistemazioni idrogeologiche del territorio. Ma su tutto questo si resta più nel vago, la sensazione è quella di una generica attenzione a problemi di grande rilevanza, ma senza definizione di impegni precisi, di finanziamenti e tempi vincolanti. Per vari interventi ci si affida ai commissari (con la speranza che siano capaci ed efficienti!).

Tanti limiti dunque ed è qui che rimane un ampio terreno da colmare con lotte, iniziative, proposte da parte di movimenti, associazioni, ecologisti, cittadini che sanno e vogliono reagire allo sfacelo del nostro Paese.

Bruno Abati

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