Un Ministro all’idrogeno

di Barbara Fois - liberacittadinanza.it - 10/09/2021
Roberto Cingolani, ministro alla Transizione ecologica, parla di ritorno al nucleare

E dire che speravamo tanto in questo governo! E soprattutto in Draghi e invece non ci sta dando che delusioni. Sarà anche un genio in materia di economia, ma come presidente del consiglio non ha polso, per citare una parte del corpo decorosa. Guardate un po’ quanto ne abusa Salvini! E adesso abbiamo un ministro dell’ambiente che non solo riparla di nucleare, ma che irride agli ecologisti chiamandoli “radical chic”, come se cercare di salvare l’ambiente fosse un atteggiamento da modaioli e non una necessità. E’ roba da matti! L’uomo si dà un sacco di arie e non si sa proprio perché si senta così figo da dire sprezzantemente: "Il mondo è pieno di ambientalisti radical chic ed è pieno di ambientalisti oltranzisti, ideologici, loro sono peggio della catastrofe climatica verso la quale andiamo sparati, se non facciamo qualcosa di sensato... Sono parte del problema".

O forse lo sappiamo il perché: il suo ingresso al governo è stato contrattato personalmente da Beppe Grillo, in cambio del permesso al M5S di entrare al Governo. Non si sa perché i pentastellati si tengano uno scomodo e ingombrante personaggio divisivo come Grillo, che non fa che metterli in situazioni imbarazzanti. Penso che quando riusciranno a sperderselo, vinceranno le elezioni a mani basse. Un ministro in quota M5S, che è contro il programma ambientalista del suo gruppo, perché a dividere Cingolani e i 5 stelle è l’idea stessa di ambientalismo, è davvero l’ennesimo affronto che subiscono i 5 Stelle. Il Cingolani, evidentemente confortato da un’investitura che gli arriva direttamente da Grillo, pensa di potersi permettere di non rispettare le idee del Movimento su rinnovabili, auto elettriche, gas, de-carbonizzazione, etc.

Da parte sua lui sostiene che il nucleare non deve essere un tabù: “… soprattutto ora che si stanno affacciando tecnologie di quarta generazione senza uranio arricchito e acqua pesante. Se a un certo momento si verifica che i chili di rifiuto radioattivo sono pochissimi, la sicurezza elevata e il costo basso è da folli non considerare questa tecnologia” e poi la sparata finale: “nell’interesse dei nostri figli è vietato ideologizzare qualsiasi tipo di tecnologia. Stiamo ai numeri, quando saranno disponibili prenderemo le decisioni”. Mi ricorda uno che per dare credibilità a quello che diceva, giurava sulle teste dei suoi figli. E non era nemmeno troppo tempo fa.

La cosa che sconcerta è che il ministro non si renda conto di quanto anche un chilo di scorie nucleari sia più inquinante e pericoloso per uomini e ambienti di tonnelate di rifiuti d’altro genere.

Giustamente per Conte, le idee di Cingolani “sono un problema”, soprattutto perché si scontrano con le scelte della UE. Dice da parte sua il leader dei Verdi italiani, Angelo Bonelli, antinuclearista convinto: “Invece di concentrare le scelte del nostro Paese sulle fonti di energia rinnovabili e sugli obiettivi della Ue sul clima (riduzione del 50% di Co2 entro il 2030 e azzeramento entro il 2050, ndr.) e concentrarsi sulle nuove tecnologie, utilizzabili sin da subito – dato che tutti i report sullo smog sono allarmanti, per non dire dei costi sanitari ed economici (47 miliardi l’anno solo per l’Italia, ndr.) – preferisce lanciare una campagna basata solo sulla paura. Se il ministro non crede agli obiettivi della Ue e del governo, ne tragga le conseguenze e si dimetta”. E chiude: “L’inadeguatezza del ministro è palese. Due referendum hanno dimostrato che gli italiani sono contrari alla scelta del nucleare. L’ultima centrale costruita in Francia, di ‘nuova generazione’, ha costi lievitati da 3,5 mld a 11 e, iniziata nel 2007, nel 2021 ancora non è finita. I problemi dell’Italia, come questa terribile estate ha dimostrato, sono il caldo torrido, gli incendi, il clima…”.

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Ma forse dietro queste posizioni così estreme e impopolari c’è molto di più e forse di più grave. All’inizio di quest’anno, all’improvviso, senza che ci fossero avvisaglie dell’arrivo di quest’altra nuvola nera pronta a posizionarsi e a stazionare sulle nostre teste, come fossimo tanti Fantozzi, la SOGIN ( acronimo di Società Gestione Impianti Nucleari, società statale fondata nel 1999) ha disposto che le scorie nucleari andavano spostate da dove erano e ha individuato tutta una serie di siti, in varie regioni italiane, e ha deciso di rendere la scelta operativa, così d’imperio, senza sentire le popolazioni coinvolte. Dopo le risposte inviperite delle regioni interessate, non se ne è saputo più niente, tutto è stato ingoiato dalla melma mefitica nella quale scompaiono le cose che danno fastidio, ma da cui poi improvvisamente riemergono, quando ormai la gente le crede superate. Sappiamo bene come vanno le cose in questo paese! Dunque a buon diritto possiamo chiederci: come mai questo nuovo interesse per il nucleare?E queste sparate di Cingolani sono in qualche modo collegate a quella della SOGIN? Cosa si sta rimuginando in cabine di regia remote e a noi sconosciute? Forse sono stata contagiata dalla epidemia di complottismo, ma certo, mentre tutti stiamo cercando una via d’uscita green dal caos climatico che abbiamo creato liberando veleni, polveri, plastiche e fumi vari nell’aria, nella terra e nell’acqua, tornare a parlare di nucleare mi sembra davvero un po’ troppo, una spudorata esagerazione.

Fra l’altro non è la prima volta che la SOGIN va in cerca di un sito dove scaricare le scorie nucleari. Nel 2003, fra una driblata e l’altra di udienze processuali, Berlusconi trovò il tempo per fare una ordinanza ( la n. 3267 del 7 marzo 2003), nella quale si stabilivano disposizioni urgenti sullo smaltimento dei materiali radioattivi che si trovavano ancora nelle centrali nucleari dismesse e nei centri di stoccaggio.

Come certo si ricorderà, nel 1988 (dopo il tragico incidente di Cernobyl del 1986) un referendum popolare decise di chiudere per sempre le 4 centrali allora operative nel territorio nazionale: a Trino Vercellese, a Garigliano, a Caorso e a Latina.  Non erano operative da molto, ma riuscirono, in quel breve lasso di tempo ad accumulare ben 327 tonnellate di materiali radioattivi. Fra queste scorie, oltre a quelle delle centrali citate, ci sono quelle provenienti dallo smantellamento degli impianti dell’Ente per le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente e Nucleco; poi a quelli - limitatamente al settore del ciclo del combustibile e dei depositi di materie radioattive- Eurex e Fiat-Avio di Saluggia, dall’impianto Plutonio e dall’impianto Celle Calde di Casaccia, dalla ITREC di Trisaia, nonché dagli impianti nucleari FN di Bosco Marengo. Un bel po’ di spazzatura pericolosa!

Non è questa l’occasione per tornare a parlare di dove la SOGIN avrebbe deciso di ammucchiare le scorie: sarà il caso di parlarne a fondo in un altro articolo. Ma forse invece è il caso di ricordare cosa ha significato il nucleare nel nostro Paese.

Probabilmente pochi di noi se lo ricordano, ma in Italia avevamo ben 4 centrali nucleari fra il 1963 e il 1990. Ce ne siamo dimenticati, sarà anche perché la politica del nucleare qui non ha mai avuto un gran seguito, non so dire se perché ne avevamo paura, o in fondo avevamo un’anima ambientalista, o forse, più probabilmente, eravamo succubi del potere del petrolio. La morte di Mattei e quella di Pasolini potrebbero far pendere la bilancia delle probabilità per quest’ultima ipotesi. E tuttavia nel 1966 noi eravamo fra i 4 paesi al mondo per la maggiore produzione di energia nucleare.

Poi, come ricordavamo, ci fu la tragedia di Cernobyl nel 1986 e facemmo un referendum nei giorni 8 e 9 novmbre del 1987, che cancellò alcune norme che riguardavano le centrali nucleari. In modo particolare fu abolito l’intervento statale nel caso in cui un Comune non concedesse un sito per la costruzione di una centrale nucleare. Il quesito infatti diceva: «Volete che venga abrogata la norma che consente al Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) di decidere sulla localizzazione delle centrali nel caso in cui gli enti locali non decidano entro tempi stabiliti?». La norma a cui si riferisce la domanda è quella riguardante "la procedura per la localizzazione delle centrali elettronucleari, la determinazione delle aree suscettibili di insediamento", previste dal 13° comma dell'articolo unico legge 10/1/1983 n.8.

La votazione vide il Sì per l’abrogazione salire all’80,57%, contro il 19,43 del No. Quindi lo Stato non può costringere i Comuni ad ingoiare una decisione che li esautora e li spoglia delle proprie prerogative e della propria autorità. La SOGIN, o chi per lei, si dovrà rassegnare.

A suo tempo Berlusconi e il suo governo riaprirono il dibattito sull'eventuale reintroduzione dell'energia nucleare, che scatenò forti opposizioni. Infatti, dopo l'impennata dei prezzi di gas naturale e petrolio negli anni tra il 2005 e il 2008, il Governo Berlusconi IV decise, come ricordavamo, di ripristinare nel paese la apertura delle Centrali nucleari. Ma il dibattito si è chiuso con il referendum abrogativo del 2011, con cui sono state cancellate alcune disposizioni concepite per agevolare l'insediamento delle centrali nucleari. Ma ha senso vincere un referendum in questo distratto paese?? Non so, ma mi pare che ci facciano perdere tempo, di quando in quando, chiedendoci un parere e poi infischiandosene alla grande. Mi riferisco non solo al referendum fatto nel 1987, ma anche a quello fatto in Sardegna e poi ripetuto a livello nazionale nel 2011, con risultati bulgari: il 97% dei cittadini, infatti, non solo hanno detto NO, forte e chiaro, a un ripristino del nucleare, ma si dissero anche indisponibili a smaltire le scorie, che come dicevamo sono tante.

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l periodo di attività antecedente al 1987, le centrali elettronucleari italiane hanno prodotto scorie radioattive che, ad ottobre 2011, si trovano per il 98% negli impianti di ritrattamento di Areva a La Hague in Francia (da dove verranno restituite riprocessate nel 2025) e di BNFL a Sellafield nel Regno Unito (che avrebbe dovuto renderle nel 2017, ma nel 2005 c’è stato un grave incidente e la riparazione della conduttura danneggiata è stata ritenuta non praticabile perché il livello di radiazioni presenti nella cella è così alto da rendere impossibile persino l'intervento dei robot automatizzati…figurati un po’!). A questo punto non sappiamo che ne sarà delle nostre scorie. E nonostante questo, oggi c’è un ministro all’ambiente che parla di nuovo di centrali nucleari: ma da costruire dove? E le scorie che produrranno dove andranno: nei posti che la SOGIN dice di aver già scelto per conto suo? Ma chi ha scelto?? Dove credono di essere? Nel Cile di Pinochet, nella Germania di Hitler o nell’Italia di Mussolini? Questa pandemia li ha illusi di poter fare quello che gli pare, solo perché non possiamo scendere in piazza? Si sbagliano e di grosso! Ci dovranno dire se passerà la linea Cingolani e si riparlerà di centrali nucleari e dovranno farlo subito, senza se e senza ma. O forse non dovremmo nemmeno aspettare: questo signore deve andarsene subito. Potremmo fare una raccolta di firme in proposito, come abbiamo fatto per Durigon: nessuno è inamovibile. E intanto vediamo se Draghi è davvero quell’ambientalista che dice di essere.

Barbara Fois

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Mi corre l’obbligo, per ragioni professionali di informazione, citare qui una intervista al professor Rubbia e il commento del prof. Ettore Ruberti, che studia appunto il nuovo nucleare.

https://www.rivistaenergia.it/2020/10/intervista-a-carlo-rubbia-tra-nucleare-e-fossili-a-zero-emissioni

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