Berlusconi al Quirinale e il PD al governo?

di Pancho Pardi - 09/12/2008

Il conflitto reciproco tra le procure di Catanzaro e Salerno non è facile da interpretare. Troppe questioni irrisolte si sono accumulate. Vale la pena di ricordare che la vicenda nasce dalle inchieste scomode di un magistrato, De Magistris, sugli affari oscuri combinati con i fondi europei. Risorse con cui si ingrassano ceti politici, procacciatori d’affari ( che, sorpresa, possono essere anche della Compagnia delle Opere, braccio economico di Comunione e Liberazione), clientele parassitarie. Fondi che non sono quasi mai usati per lo scopo per cui vengono stanziati.

Il sottobosco messo in luce dall’inchiesta ha tutti i caratteri della commediaccia vernacolare, dove tutti sono compromessi, procacciatori d’affari, clientele e politici. Così la politica, che dovrebbe impedire le malversazioni, ha invece fatto di tutto per sottrarre le indagini al magistrato che indagava. Alla fine c’è riuscita.  

Oggi quasi tutta l’informazione tende a vedere nel conflitto tra le procure di Catanzaro e Salerno lo scontro tra chi contrasta e chi sostiene le ragioni di De Magistris. In un  paese in cui ogni discorso pubblico deve essere verbalizzato negli schemi del linguaggio calcistico, si fa di tutto per cogliere in questa vicenda lo scontro tra due tifoserie scalmanate. Con l’obbiettivo, neanche nascosto, di sostenere che nessuna ha ragione e che anzi il trascendere del conflitto richiede un  deciso intervento, manco a dirlo, dell’arbitro. Che sarebbe, naturalmente, la politica. Tutti, a questo punto, dovrebbero fare finta di non sapere che la politica fa parte della schiera degli indagati.

La questione dunque è difficile. Ma c’è un modo per farsene un’idea. Basta vedere come la politica nazionale affronta la questione. Berlusconi coglie al balzo l’occasione e ne approfitta per sentenziare che è l’ora di fare la riforma della giustizia. Che cosa ci si può aspettare da un soggetto che da quando ha assunto responsabilità politiche non si è dedicato ad altro che a legalizzare le proprie illegalità? Una riforma della giustizia che leghi le braccia alla magistratura inquirente. Che è proprio ciò che il centrodestra propone ora con la baldanza di chi si sente vicino alla meta.

Che cosa ci si dovrebbe aspettare dall’opposizione? Che sveli l’inganno e rifiuti la proposta. Invece no. Qui conviene ascoltare Violante. Il personaggio ha la virtù di dire apertamente ciò che altri preferirebbero dissimulare. Memorabile fu in Parlamento quando svelò un patto che tutti avevano negato: abbiamo votato in commissione la sua eleggibilità benché Berlusconi fosse ineleggibile! E ve lo avevamo detto che non avremmo toccato le sue televisioni!

Con la stessa sincerità ora proclama al Corriere della Sera: “I magistrati hanno troppo potere”. Francamente, a vedere la quantità di inquisiti e condannati in Parlamento, si potrebbe pensare che quel potere sia bilanciato in modo alquanto efficace. Ma ciò non basta a Violante, il quale non vuole perdere l’occasione di essere tra i primi a dirlo: “Sì al cambio delle norme con la maggioranza”.

Poco vale che la maggioranza si sia approvata da sola il Lodo Alfano che scioglie dal vincolo delle leggi l’unica carica dello stato che ne ha bisogno. Chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto. Ora ricominciamo. E per evitare che una pessima legge sia votata solo dalla maggioranza auspichiamo che venga votata anche dall’opposizione. Ma Violante va oltre e si produce in uno sforzo mirabile: “Azzeriamo il contenzioso reciproco”.

Anche a essere tonti l’espressione induce alla curiosità. Quale sarebbe di grazia il contenzioso reciproco? Tanto per fare ipotesi: lo scambio tra il processo Unipol e il processo Mills? O tra cos’altro? Potrebbe essere più esplicito l’onorevole? C’è qualcosa che i cittadini non sanno e rischiano di scoprire quando sarà troppo tardi? Berlusconi al Quirinale e il PD al governo?

Ma siamo realisti: messo così sarebbe sempre qualcosa come uno scambio alla pari, per quanto osceno. Ma quando la classe dirigente di centrosinistra ha rinunciato a fare l’unica legge che doveva fare, quella sul conflitto d’interessi, ha rinunciato –senza rendersene conto, oppure comprendendolo, ed è ancora peggio- a trattare da pari a pari con il titolare dell’anomalia italiana.

Così ora crede di trattare, e invece obbedisce.  

 

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