Il giorno della memoria… corta

di Barbara Fois - Liberacittadinanza - 31/01/2013
Nel “giorno della memoria” il cavaliere inneggia al duce: purtroppo non è il solo smemorato in un giorno che dovrebbe ricordare l’importanza della tolleranza

Il cavaliere ne ha detta un’altra delle sue. Una sviolinata su Mussolini “che di cose buone ne ha fatte tante”. L’aveva già affermato tempo fa, quindi non avrebbe fatto scalpore, se non fosse che questa stupidaggine gli è sfuggita di bocca proprio il giorno in cui si celebrava la shoah, l’olocausto del popolo ebraico. Dicevo che non era la prima volta che il cavaliere esprimeva il proprio apprezzamento su Mussolini: qualche anno fa aveva addirittura sentenziato “Mussolini non ha mai ammazzato nessuno. Mussolini mandava la gente in vacanza al confino.”

L’uomo non ha il senso della misura e nemmeno quello dell’opportunità. Non ha nessuna sensibilità e rispetto per gli altri e si vede. Meno male, buon per noi che apra la bocca e dica sciocchezze, riuscendo sempre a offendere qualcuno: infatti è l’unico che riesce a remare contro sé stesso in modo così efficace. Speriamo che una volta tanto se ne possa giovare anche il Centro Sinistra. Hai visto mai… Ma non è del cattivo gusto del cavaliere che vogliamo disquisire: lo abbiamo già fatto un milione di volte e non c’è niente di nuovo da dire.

E’ del giorno della memoria che vogliamo parlare. Del senso di un giorno come questo: doveroso omaggio alle vittime della ferocia e dell’inumanità, della crudeltà e della bestialità mascherate da cause ideali e politiche. Un giorno che andrebbe davvero dedicato all’educazione dei nostri giovani al rispetto di ogni diversità, al dialogo e alla tolleranza.

Ma non ci pare che sia questo il senso che gli è stato dato. L’unica celebrazione fatta è quella – per carità: assolutamente giusta e legittima – per ricordare lo sterminio degli Ebrei, nei lager nazisti.

E a questo proposito ci sono delle cose che ci hanno lasciato perplessi: ad esempio non ci è piaciuto quando nel suo discorso il presidente Napolitano ha stigmatizzato non solo (e giustamente) l’antisemitismo, ma anche l’antisionismo. Eh, no, questo non possiamo proprio condividerlo. Una cosa è l’antisemitismo, perché riguarda la discriminazione verso una etnia e una religione e una cosa è l’ antisionismo, che riguarda un atteggiamento critico nei confronti di una aggressiva organizzazione politica. Non possono essere affiancati come fossero le facce di una stessa medaglia, egualmente condannabili.

Anzi, è proprio il contrario! Non ho paura di dire che se un popolo come quello ebraico, con tutto quello che ha sofferto, è capace di infliggere le stesse torture e crudeltà ad un altro popolo, più povero e disarmato, vuol dire che non ha imparato nulla dal suo vissuto e questo è non solo pericoloso ma molto inquietante e a dir poco ignobile. Ed è giusto ricordare anche che quegli ebrei sterminati nei lager non erano israeliani, ma tedeschi, italiani, francesi, polacchi, etc.

Dunque il cavaliere non era il solo smemorato nel giorno della memoria. Sembra infatti, inoltre, che tutti si siano dimenticati che nei campi di sterminio non c’erano solo ebrei, ma anche zingari, omosessuali e prigionieri politici. Abbiamo già avuto modo di parlare di questa dimenticanza, di queste forme di amnesia, di questo oblio selettivo, ma vogliamo qui ricordare tutti questi morti, proprio perché il giorno della memoria non può essere appannaggio del solo popolo ebraico. Non sarebbe giusto per tutti gli altri morti, o se ne fa solo una questione di quantità? C’è uno sbarramento percentuale come nelle elezioni, che dà il diritto ad essere ricordati?

Einaudi, nel 2002, ha pubblicato un libro di Guenter Lewy, intitolato La persecuzione nazista degli zingari, che racconta la storia atroce, sotto il nazismo, di questo gruppo etnico, emarginato da tutti gli altri gruppi etnici e in tutte le epoche.

 In Germania, fin dal 1936, fu creato un istituto per la la lotta contro la nocività degli zingari, che portò a un loro censimento: si parla di circa 25.000 zingari tedeschi e poi, dopo l’Anschluss, di altri 8.000 zingari austriaci. Per la loro eliminazione non fu creata una legslazione apposita, come lo fu per gli ebrei, ma dopo il 1938 la legge antisemita di Norimberga fu estesa anche a loro. Intanto si imponeva loro la sedentarietà e la sterilizzazione.

A migliaia furono ammassati fin dal 1941 nel ghetto di Lodz e poi gasati nel lager di Chelmno. Ma di questo nessuno parla. Così come nessuno dice che nel dicembre del 1942 Himmler firma l’ordine di internamento ad Auschwitz degli zingari tedeschi, a cui si aggiungeranno tutti quelli trovati nei paesi di volta in volta invasi.

 Circa 20.000 ne gaseranno nella sola Auschwitz, per non parlare degli esperimenti medici terrificanti fatti sui bambini zingari.

Lewy parla di 220.000 morti, ma la comunità degli zingari invece fa salire la cifra a 500.000 morti. La cosa tragica è che ci sia qualcuno che si chiede se si possa parlare di genocidio anche per loro! E che a chiederselo sia un ebreo è ancora più sconvolgente.

Quanto ai “triangoli rosa”, cioè agli omosessuali, se ne parla ancora di meno, perché per loro l’anatema vale ancora, checchè se ne dica.

Sempre Heinrich Himmler  scrisse su di loro:: "dal 7 al 10% di uomini sono omosessuali. E se la situazione non cambia, ciò significa che il nostro popolo sarà annientato da questa malattia contagiosa... un popolo che ha molti bambini può ambire al dominio del mondo. Un popolo di razza nobile ma che ha pochissimi bambini possiede solo un biglietto per l'aldilà...".
Così incominciarono le retate sistematiche, raccontate in un libro sugli omosessuali nei lager scritto da Jean Le Bitoux, un giornalista francese che ha fatto una battaglia per il riconoscimento dei deportati omosessuali, anche basandosi sul libro di Pierre Seel, intitolato: Moi, Pierre Seel, déporté homosexuel , edito da Calmann-Lévy nel 1994 e mai tradotto in italiano.

Le cifre documentate  nel libro di Le Bitouxche si commentano da sole: "Più di 100.000 omosessuali vengono indagati, 60.000 sono in prigione e oltre 10.000 in campo di concentramento, di cui i due terzi moriranno". Le Bitoux racconta l'orrore dei campi di concentramento attraverso testimonianze di altri, visto che era nato nel 1948, mentre Pierre Seel, è stato tra i primi omosessuali deportati che trovarono il coraggio di ricordare e di raccontare in prima persona le torture subite: "Ogni volta che gli altoparlanti pronunciavano il mio nome ero terrorizzato perché a volte era per praticare su di me delle mostruosità sperimentali; il più delle volte consistevano in numerosissime punture alle mammelle...". Racconta inoltre di come nel lager assistette al martirio di un giovane omosessuale che lui amava, sbranato dai cani. Tornato a casa dopo la Liberazione ebbe paura di raccontare il motivo del suo internamento e cercò di vivere una vita “normale”, si sposò ed ebbe dei figli, ma poi si decise a raccontare la sua storia, davanti alla omofobia dilagante. Ha scritto: "Quando sono in preda all'ira prendo il cappello e la giacca e cammino spavaldo per le strade. Immagino di camminare per cimiteri che non esistono, luoghi di riposo di tutti i morti che turbano la coscienza dei vivi. E mi pare di urlare. Quando accadra' finalmente di veder riconosciuto pubblicamente l'orrore della deportazione Nazista degli omosessuali?”

Molti popoli e intere comunità sono scomparsi nel buio, massacrati da altri popoli e comunità nel corso della storia: nel Medioevo la popolazione degli Àvari fu sterminata da Carlomagno, tanto che “ è scomparso come gli Àvari” era diventato allora un modo di dire. Ma senza andare troppo indietro nel tempo, basta ricordare gli Armeni, massacrati dai Turchi ai primi del’900 e i Tutsi  trucidati dagli Hutu nel Rwanda, pochi anni orsono, ma nessuno di questi massacri di massa, nessuno di questi  eccidi, di questi olocausti ha avuto l’onore delle cronache o l’interesse del mondo, tanto a lungo da creare appuntamenti fissi e celebrazioni per mantenerne vivo il ricordo. Perché? Forse perché questi popoli erano poveri? O non abbastanza”importanti”? O troppo tranquilli e non aggressivi? O perché nessuno di essi si era autodefinito il solo e unico “popolo eletto”?

Ma c’è di più: il popolo di Israele ha per il popolo Palestinese un evidente piano di sterminio, espressamente esposto a più riprese e da diversi leaders e che persegue da anni ed attua con crudele determinazione davanti agli occhi del mondo intero. Perchè nessuno lo ferma? E perché si tira fuori la sgangherata scusa dell’antisemitismo ogni volta che qualcuno ci prova? La shoà non può diventare il paravento dietro il quale nascondere i crimini che Israele perpetua nei confronti della Palestina.

 

Israele Fosforo bianco

 

Noi non gireremo la faccia. Non siamo disposti a ricordare solo la shoà: noi vogliamo ricordare anche gli zingari, gli omosessuali e i Palestinesi. Non ci stancheremo, ogni volta che si ricorderà l’olocausto, di far presente anche lo sterminio del popolo palestinese. Noi ci batteremo perché non possa cadere nell’ indifferenza e nel disinteresse il dolore e la tragedia di un intero popolo. Se dobbiamo ricordare, allora ricordiamo tutto. Di tutti. Nella storia dell’Umanità non ci debbono essere popoli eletti e popoli reietti.

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