Il vero obiettivo

di Francesco Baicchi - 17/08/2016

Ogni giorno che passa appare più evidente il vero obiettivo delle ‘riforme’ istituzionali che tentano di stravolgere l’impianto della nostra Repubblica, cancellando i principi della rappresentanza e del parlamentarismo.

La scelta di fare delle modifiche istituzionali il centro dell’azione di un governo che si sta dimostrando incapace di gestire i veri problemi del Paese, la pesante entrata in campo in favore del si nel referendum costituzionale di Confindustria e di altre organizzazioni ‘padronali’, e più recentemente di grandi organi di stampa anglosassoni non sono che la conferma che il vero movente non è la razionalizzazione dei meccanismi decisionali, per renderli più ‘veloci’.

In realtà la nuova legge elettorale e la modifica in senso iper-presidenziale della Costituzione, oltre a costituire una svolta un senso autoritario, puntano a scaricare su presunte inefficienze del sistema istituzionale le responsabilità delle classi dirigenti politiche e finanziarie che hanno gestito il potere, in particolare negli ultimi trenta anni,

E non è un caso che promotori e sostenitori di questa svolta siano personaggi, come Napolitano, Verdini e Renzi, che di quella ‘casta’ sono stati per troppo tempo esponenti importanti o sono eredi diretti.

Il tentativo di scaricare sugli strati più deboli della popolazione gli immensi costi della crisi economico-finanziaria degli ultimi anni, l’accettazione esplicita di un modello economico fondato sulla speculazione finanziaria, l’accelerazione del processo di concentrazione della ricchezza oltre ogni limite tollerabile, l’indifferenza ai drammi umanitari e ambientali che costano migliaia di morti ogni giorno, dimostrano l’esigenza di un cambio di rotta radicale, che è proprio ciò che l’arroccamento del potere intende evitare.

Strati sempre più ampi della opinione pubblica nei Paesi occidentali stanno prendendo coscienza della insostenibilità della situazione, ma, specialmente in Europa, non trovano ancora rappresentanza politica. Nel nostro Paese la credibilità dei partiti esistenti è ridotta ai minimi termini, mentre quando ai cittadini viene concesso di esprimere la propria volontà su temi concreti la partecipazione è massiccia.

Basta ricordare che nel referendum no-triv dello scorso aprile il SI (che si opponeva alle scelte governative) ha ottenuto più di 13 milioni di voti, mentre attualmente il PD governa grazie a 8,5 milioni di voti ottenuti nel 2013 e a una legge elettorale incostituzionale.

Dimostrare l’inconsistenza delle argomentazioni dei sostenitori del SI è sin troppo facile e la stragrande maggioranza dei costituzionalisti lo confermano quotidianamente nei rari spazi che vengono loro concessi dalla grande informazione, ma proprio la plateale occupazione della RAI, l’asservimento della stampa e le epurazioni vendicative di chi non china la testa, il tentativo di soffocare la voce del dissenso sono la migliore dimostrazione (la confessione, potremmo dire) che le motivazioni non sono quelle proclamate.

Una legge elettorale che assegna la maggioranza assoluta a chi rappresenta solo una minoranza esigua di elettori, e modifiche costituzionali che di fatto sottomettono il Parlamento alla volontà dell’esecutivo (e questo al capo di un partito) devono essere valutate nella prospettiva della ricerca di una concentrazione del potere che esclude la partecipazione e l’autodeterminazione dei cittadini, in totale contraddizione proprio col primo articolo della nostra Costituzione repubblicana e antifascista: ‘La sovranità appartiene al popolo’.

Solo una vittoria ampia del NO può esprimere la volontà di un reale cambiamento che consenta di affrontare i veri problemi del futuro.

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