Quale Europa

di Francesco Baicchi - 20/05/2013
Se questa Europa ci sta deludendo, impegniamoci a migliorarla, invece di credere a chi cerca di farci vedere in essa l’origine di errori da addebitare alla miopia e alle menzogne delle nostre classi dirigenti

Al termine della seconda guerra mondiale una generazione di uomini e donne che aveva strenuamente combattuto il fascismo, pagando prezzi altissimi anche in termini di vite umane, si impegnò a definire un mondo nuovo, nel quale non potessero ripetersi gli orrori appena conclusi.

Questa elaborazione ideale ha reso possibile la realizzazione in particolare di alcuni fondamentali passi avanti per la nostra civiltà: la nascita della Repubblica italiana e la stesura della sua Costituzione, l’approvazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e, qualche anno dopo, l’inizio della costruzione dell’unità europea.

A questi eventi hanno contribuito persone di Paesi, lingue, religioni e opinioni politiche diverse, accomunati dalla disponibilità al confronto e dalla volontà di costruire società migliori. Rappresentanti forse di una avanguardia culturalmente minoritaria, ma a cui guardavano con fiducia quanti avevano sopportato le conseguenze di una guerra che altri avevano deciso.

Il denominatore comune di questo percorso era l’impegno contro le discriminazioni razziali, religiose e di genere, nuove relazioni fra gli Stati per scongiurare il ricorso alla violenza, l’affermazione di diritti comuni a tutti gli uomini e le donne sul piano della sicurezza, della salute, della cultura, della libertà di espressione.

Anche il percorso verso l’unificazione europea, nonostante sia concretamente iniziato su un piano strettamente economico e per lungo tempo sia essenzialmente consistito nell’abbattimento di barriere doganali, nasceva dall’utopia del superamento degli stati nazionali, per garantire a un continente percorso da confitti secolari la pace e la democrazia per tutti.

L’Europa unita, in particolare, è stata per lungo tempo l’unico modello di società solidale che, pur nelle diversità nazionali, puntava a garantire a tutti livelli minimi di qualità della vita e i servizi essenziali considerati diritti connessi con la natura umana.

Oggi, proprio di fronte alle pesantissime conseguenze sociali di una crisi che trova origine essenzialmente nello strapotere di centri di potere finanziario che sfuggono al ogni controllo democratico, questo percorso di civiltà rischia di arrestarsi o addirittura di retrocedere per farci tornare agli egoismi nazionali e a modelli sociali profondamente ingiusti e sperequati.

L’impotenza delle istituzioni comunitarie di fronte alle strategie della finanza internazionale e il prevalere al loro interno di modelli ultra-liberisti sta provocando una gigantesca redistribuzione della ricchezza a danno delle persone comuni e dei lavoratori dipendenti, facendo rinascere nell’opinione pubblica degli stati europei tendenze isolazionistiche e anti-unitarie, che spesso vengono strumentalmente cavalcate a fini elettorali interni da forze politiche dei diversi schieramenti.

In realtà la rottura del processo unitario e il ritorno a una completa ‘sovranità’ sul piano monetario non potrebbe che rendere ancora più deboli i singoli stati rispetto alle scorribande degli speculatori, mentre una eventuale svalutazione della moneta nazionale a fini competitivi esporrebbe a un pesante aumento del costo della vita, specialmente per un Paese come il nostro, quasi totalmente dipendente dalle importazioni energetiche e di materie prime.

Anche dal punto di vista delle politiche di austerità che vengono attribuite alle autorità europee, sarebbe utile distinguere fra gli obiettivi imposti (ad esempio la riduzione del deficit e del debito pubblico) e le decisioni politiche per la loro realizzazione, che sono invece totalmente dipendenti dai governi nazionali.

Per fare solo alcuni esempi, nessun organismo europeo ha imposto all’Italia di rinunciare al gettito fiscale derivante dall’imposizione sulle successioni per i grandi patrimoni, né al reato di falso in bilancio, che esistono negli altri Paesi ed sono stati aboliti (chissà perché) da Berlusconi. E non possiamo incolpare l’Europa per la gravissima incidenza dei costi della corruzione sulla nostra spesa pubblica, né tantomeno attribuire a poteri ‘esterni’ i privilegi assurdi di cui gode la nostra classe politica; ci vengono anzi sollecitati seri interventi legislativi in questi campi, che finora (chissà perché) i nostri partiti politici non sono riusciti a varare.

A questo tentativo dei nostri politici di scaricare le loro responsabilità dovremmo rispondere chiedendo invece cosa hanno fatto e stanno facendo affinché il Parlamento europeo, unico organismo comunitario eletto direttamente dai cittadini, divenga il vero centro decisionale dell’Unione.

Dovremmo pretendere anche maggiore trasparenza nel funzionamento della Commissione e sul peso degli interessi delle grandi multinazionali sulle sue decisioni, che spesso appaiono lontane dagli interessi e dalla volontà della grande maggioranza della opinione pubblica, come sta accadendo nel caso dei privilegi accordati alle multinazionali degli OGM e dei vincoli assurdi alle nostre produzioni tradizionali.

E’ necessario tornare all’obiettivo originario dell’unificazione europea: la creazione di un mondo diverso e migliore; essa non avrebbe senso se si limitasse a copiare modelli di sviluppo e di società che in altri continenti hanno già mostrato i loro limiti e provocato l’attuale situazione di rischio per la sopravvivenza del nostro pianeta e per la nostra sicurezza. Abbiamo già dimostrato che è possibile realizzare l’utopia del superamento delle divisioni di lingua, religione e interessi economici che hanno fatto per secoli del nostro continente un campo di battaglia. Dobbiamo ora dimostrare che è possibile pensare un futuro che dia più peso alla qualità della vita che all’arricchimento individuale, alla pace e alla sicurezza piuttosto che alla imposizione delle proprie idee politiche o religiose, al mantenimento dell’equilibrio ambientale piuttosto che al possesso di beni materiali inutili.

Se questa Europa ci sta deludendo, impegniamoci a migliorarla, invece di credere a chi cerca di farci vedere in essa l’origine di errori da addebitare alla miopia e alle menzogne delle nostre classi dirigenti.

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