Questo è il racconto, o meglio un breve resoconto, della parabola dell'attuale presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini. La forma, forse, potrà apparire fredda, quasi distaccata. Ce ne scuseranno i naviganti, ma chi vi scrive ha ritenuto riprendere date e fatti dall'archivio delle notizie di cronaca politica e incastrarli fra loro a mo' di tessere di un puzzle per descrivere i contorni pubblici del personaggio.
Gennaio 1995. Sembra passato un secolo, ma sono solo quindici anni da quando al congresso fondativo di Alleanza Nazionale il leader Gianfranco Fini pronuncia frasi che paiono sdoganare la destra italiana e liberarla dal suo passato ingombrante. Eccole in sequenza. “Il patrimonio di AN è intessuto di quella cultura nazionale che ci fa essere comunque figli di Dante e di Machiavelli, di Rosmini e di Gioberti, di Mazzini e di Corradini, di Croce, di Gentile e anche di Gramsci”. E poi. “E' giusto chiedere alla destra italiana di affermare senza reticenza che l'antifascismo fu un momento storicamente essenziale per il ritorno dei valori democratici”. E ancora. “La destra politica non è figlia del fascismo. I valori della destra preesistono al fascismo, lo hanno attraversato e ad essi sono sopravvissuti”. E come se non bastasse per Fini occorre “uscire dal Novecento e liberarsi dalla suggestione e dalle tentazioni dell'ideologia”. Parole chiare che pongono la neonata Alleanza Nazionale nell'alveo della destra democratica, repubblicana, liberale e laica.
Ottobre 2003. E' in carica il secondo governo Berlusconi. Gianfranco Fini è vicepresidente del consiglio e a conclusione di una conferenza sulle politiche europee sull'immigrazione lancia la proposta del voto agli immigrati dicendo: “I tempi sono maturi per discutere di diritto di voto, almeno amministrativo, per le persone immigrate”. Una proposta che Fini riconferma nel settembre 2008. L'idea è quella di un paradigma condiviso, ossia che la sicurezza si raggiunge attraverso l'integrazione, e si arriva a misure concrete: agevolazione dell'immigrazione di qualità, cittadinanza a chi nasce in Italia, diritto di voto amministrativo e ora di religione islamica facoltativa.
Novembre 2003. Tra mille contestazioni, il leader di Alleanza Nazionale va in visita in Israele e opera un ulteriore strappo con il passato. La terra riconsegnata agli ebrei dopo secoli di diaspora gli parla di un'epoca in cui sono state votate le leggi razziali, dove sei milioni di ebrei sono stati cacciati dal lavoro, dalle scuole, spogliati dei beni, dei diritti civili, perseguitati, deportati e infine mandati a morire nei lager. Di fronte a questo mare di dolore assoluto il leader di AN è ancora più esplicito e ne ammette la causa nel fascismo, Repubblica di Salò compresa.
Di
lì a poco Ruggero rimetterà il suo mandato di ministro degli esteri
e sarà Fini a sostituirlo.
Ottobre 2008. Da presidente della
Camera Fini manifesta preoccupazione per lo svuotamento delle
funzioni parlamentari. Dice più volte di voler tutelare le
prerogative del Parlamento e, sollecitato dall'opposizione, difende i
diritti di Montecitorio dopo l'annuncio di Berlusconi di voler
incrementare la legislazione d'urgenza con i decreti legge.
Marzo 2009. Siamo alla stretta finale. Alleanza Nazionale e Forza Italia si fondono insieme. Nasce il Partito della Libertà. Assieme a Berlusconi, Fini è uno dei cofondatori e di fronte a una platea di seimila delegati fa una precisa domanda: “Siamo proprio sicuri, amici del Pdl, che il ddl sul testamento biologico approvato al Senato sia davvero ispirato alla laicità? Perché una legge che impone un precetto è più da Stato etico che da Stato laico”. E sull'immigrazione ancora. Bisogna indicare “nuovi percorsi per ottenere la cittadinanza. Un ammalato, un bambino, sono prima di tutto persone umane e poi sono immigrati, altrimenti c’è il rischio di alimentare una xenofobia che è sempre dietro l’angolo”.
Marzo 2010. In un convegno dedicato a internet e libertà Fini rilancia la candidatura di un nobel per la pace al web. Il presidente della Camera sottolinea come la rete sia strumento di libertà e conoscenza e ricorda il ruolo svolto dal web durante i tragici avvenimenti delle rivolte in Birmania.
Le tessere del puzzle disegnano sulla carta una destra che in Italia non s'è mai vista: una destra che crede nella democrazia, che dice no alla xenofobia, che garantisce il voto agli immigrati se in regola, che non ammette l'intrusione della Chiesa nello Stato.
Ora, fate due conti e pensate a Berlusconi? Credete che possa mai starci dentro?