Nella
nazione delle nuove leggi razziali, appena approvate da un parlamento
ridotto, con l’abuso del meccanismo della fiducia, a semplice luogo
di ratifica delle decisioni del Capo, in pieno stile fascista, è
davvero difficile fare appello all’indignazione di un popolo ormai
cloroformizzato dal proprio egoismo e dall’abulia tipica di chi si
abitua gradualmente ad un nuovo regime totalitario sul modello delle
vecchie e sanguinarie dittature sudamericane.
Finora la parola regime
andava usata con moderazione, perché a contraddirla c’era ancora
la presenza di capisaldi della democrazia: la possibilità di
esprimere la propria opinione (nonostante l’assenza di pluralismo
informativo in tv), ma soprattutto la garanzia della Corte
Costituzionale, quella che bocciò il lodo Schifani, primo tentativo
berlusconiano di regalarsi un’assoluta impunità.
Oggi quella garanzia è venuta meno e gli italiani lo hanno saputo grazie allo scoop de L’espresso, che ha smascherato i rapporti privilegiati tra Berlusconi, il ministro Alfano e due giudici della Corte, gli stessi che dovranno pronunciarsi, ad ottobre, sulla costituzionalità del lodo Alfano, il secondo tentativo di rendere totale l’impunità del premier, sul quale pesa l’ombra del caso Mills e, ultimamente, dell’inchiesta di Bari sulle feste private con escort e con personaggi indagati per droga e prostituzione. I
l prestigioso settimanale ha infatti reso
pubblica una cena tra i giudici costituzional, Luigi Mazzella e Paolo
Maria Napolitano, il presidente Berlusconi, il ministro Angelino
Alfano, il sottosegretario Gianni Letta, i presidenti delle
commissioni Affari costituzionali della Camera e del Senato,
rispettivamente Donato Bruno e Carlo Vizzini. Tutti seduti allo
stesso tavolo, a casa dello stesso Mazzella, in una sera di maggio.
La notizia è di quelle che in un qualsiasi paese civile porterebbe
alle dimissioni delle persone coinvolte, dal capo del governo agli
altri, mentre in Italia provoca solo la reazione delle opposizioni e
il silenzio indifferente della gente e delle piazze, oltre ovviamente
a non produrre alcun abbandono del potere e delle poltrone. Già,
perché in questa Italia è normale che due giudici della Consulta,
l’organo chiamato a decidere sulla costituzionalità delle leggi
del governo, in particolare su quella che riformerà radicalmente la
giustizia italiana, determinando l’impunità assoluta per le più
alte cariche dello Stato, si incontrino in segreto e privatamente con
il capo del governo ed il ministro della Giustizia.
Un conflitto di
interessi enorme, che fa emergere dubbi pesanti sull’imparzialità
della stessa Corte, in particolare sulla legittimità dei due
commensali del premier a votare sul lodo Alfano il prossimo 6
ottobre. Controllori e controllati seduti insieme a cenare e a
discutere amabilmente. Di cosa? Qualche ingenuo potrà anche credere
che non si sia parlato di lodo Alfano o di altro, resta il fatto che
i due giudici non sono più compatibili con il loro incarico e
dovrebbero avere il buon senso e la dignità di dimettersi, anche se
di sicuro se il buon senso facesse parte del loro patrimonio genetico
avrebbero già evitato di organizzare o partecipare a cene di tal
sorta.
D’altra parte, se si leggono le reazioni di Luigi Mazzella
si rimane colpiti dalla sua tracotanza e dalla normalità che egli
assegna all’evento: “Non credo che io, da individuo privato,
debba dar conto delle cene che faccio - ha dichiarato all’Ansa -
In casa mia invito chi voglio e parlo di quello che voglio”. Sì,
perché nessuno in questo paese deve dar conto di nulla: il premier
non deve dar conto delle escort pagate profumatamente per sostituire
impegni ufficiali con sollazzi erotici, i giudici della Corte
Costituzionale non devono dar conto di un’amicizia privata e di una
cena con i due autori di una legge su cui insistono numerosi dubbi di
costituzionalità che la Corte stessa dovrà esaminare e votare a
breve.
Solo i semplici cittadini devono dare conto di ogni cosa,
accettare ogni cosa, perfino di vedere gironzolare per strada un
gruppo di manigoldi esaltati in divisa coloniale che vanno a caccia
di poveretti, lasciando in pace i veri delinquenti, perché quelli
veri fanno paura. Anche sul decreto sicurezza ci sono dubbi di
costituzionalità, magari la Corte sarà chiamata a giudicare.
Immaginate il responso… Di certo sarà a favore degli amici di
bevuta, della comitiva del rutto libero che tra un bicchiere di vino
e un primo piatto si diverte a raggirare la democrazia.
Se poi si legge la lettera che Mazzella ha scritto al premier, con riferimenti impropri alla libertà ed alla democrazia, viene da pensare che siamo davvero messi male e che siamo finiti nelle mani di un’accolita di arroganti uomini di potere, incapaci di farsi da parte e di far prevalere il senso dello Stato e la dignità. Ecco alcuni stralci della missiva: “Caro Silvio, a parte il fatto che non era quella la prima volta che venivi a casa mia e che non sarà certo l’ultima fino al momento in cui un nuovo totalitarismo malauguratamente dovesse privarci delle nostre libertà personali, mi sembra doveroso dirti per correttezza che la prassi delle cene con persone di riguardo in casa di persone perbene non è stata certo inaugurata da me ma ha lunga data nella storia civile del nostro Paese. […] Caro presidente, l’amore per la libertà e la fiducia nella intelligenza e nella grande civiltà degli italiani che entrambi nutriamo ci consente di guardare alla barbarie di cui siamo fatti oggetto in questi giorni con sereno distacco. L’Italia continuerà ad essere, ne sono sicuro, il Paese civile in cui una persona perbene potrà invitare alla sua tavola un amico stimato. Con questa fiducia, un caro saluto”. Niente da aggiungere, si commenta da sola.
Intanto,
il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, sollecitato ad
intervenire dall’opposizione, in particolare dall’Italia dei
Valori (che ha anche chiesto le dimissioni dei due giudici), ha
affermato di non poter interferire nella sfera di insindacabile
autonomia della Corte. Risposta insensata, dato che qualcuno ha già
rotto il principio di autonomia, mentre nelle stanze del Colle si
tace, si guarda e ci si limita ad intervenire solo quando c’è da
dare assist al premier, come nel caso della richiesta di stoppare le
polemiche in vista del G8. Messaggio diretto a chi incalza Berlusconi
sulla sua condotta morale e politica, messaggio che il premier ha
ovviamente fatto suo, per poi, poche ore dopo, lasciarsi andare
all’ennesimo attacco all’opposizione, definita prima “un
cadavere che cammina” e poi “vergognosa” e “contro il Paese”.
Dal Colle, in questo caso, nessun richiamo.