INVISIBILI

di Gennaro - 03/02/2009
Lettera inviata a Liberacittadinanza

Sono un italiano di 45 anni iscritto da più di 25 anni al Centro per l'Impiego della mia città. Quindi un disoccupato storico "da rottamare".

 Sono laureato, specializzato, etc..., con moglie anch'essa in cerca di occupazione e due figli a carico, ma ho svolto sempre lavori occasionali di vario genere.

 Pertanto, perchè nei concorsi pubblici, in conformità ai titoli di studio conseguiti, come punteggio non vale l'anzianità di disoccupazione (ad es. un punto per ogni anno di iscrizione alle liste del centro per l'impiego), dato che attualmente ("avviamento a selezione presso le Pubbliche Amministrazioni, ex art. 16, legge 28 febbraio 1987, n. 56") in molte Regioni, come ad es. in Puglia, esiste solo il massimale di anzianità, cioè raggiunti 10 anni di iscrizione il punteggio diventa uguale per tutti, invece, i restanti anni non valgono niente, oltre ai criteri già in vigore, che riguardano il carico di famiglia e reddito?

 Inoltre, perchè il legislatore non inasprisce le pene previste, anche pecuniarie, a chi pone limiti di età negli annunci di lavoro, ovvero in tutti i casi del D.L. 9 luglio 2003 n. 216 relativo all'attuazione della Direttiva Comunitaria 200/78/CE, riguardante la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro?

 Molte aziende (leggendo i giornali) hanno abbassato a 40 anni la soglia considerata se investire o disinvestire sulle risorse umane, con una contraddizione però: da una parte, politicamente, si spinge all'allungamento dell'età per andare in pensione; dall'altra, a livello aziendale, poiché i lavoratori maturi costano di più e sono meno flessibili, si fanno pressioni per mandarli a casa, e inserire elementi giovani, con contratti di apprendistato, magari illudendoli.

 In Italia a chi si riferisce l'aumento dell'età pensionabile, se poi si viene cacciati a 45 anni?

 Sono gli "over 45" espulsi dal mercato del lavoro i c.d. nuovi poveri, cioè quelle persone che, pur con qualifiche professionali significative, si ritrovano a diventare disoccupati storici. Non è il singolo individuo disoccupato che è vittima dell'espulsione dal ciclo produttivo, ma un intero nucleo familiare che risente di tale situazione, specialmente quando non si ha nessuno che possa aiutarti, e sei diventato ormai una persona esclusa dall'attuale sistema sociale.

 Prima pensavo al futuro, chiedendomi "forse ci posso riuscire a..."; poi il futuro ha incominciato a far paura; più tardi, addirittura orrore; ora, semplicemente NON ESISTE!

 E' necessario per gli "over 45" che non hanno lavoro, la priorità di creare un mercato di lavoro esclusivamente rivolto a queste categorie, essendo diventate INVISIBILI, anche con incentivi alle aziende che assumono, contributi mensili di solidarietà sociale in base al reddito, agevolazione all'accesso nel pubblico impiego in riferimento ai titoli di studio conseguiti, etc..., ma, nel nostro Paese, purtroppo, non esiste la volontà strutturale di risolvere questo dramma che attanaglia le tante famiglie in crisi esistenziale totale.

Cordialmente

 

Gennaro

 

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