Mentre il paese è anestetizzato dal caldo asfissiante e dal tifo per gli eroi in mutande che, dopo una sconfitta tombale vengono ricevuti con onore e deferenza al Quirinale, la casta continua ad arrabattarsi sulla chiave di volta della sua permanenza o, per meglio dire, occupazione degli scranni parlamentari.
Se almeno, pare, che il capo dello Stato richiamando i partiti a lasciare da parte pseudo-progetti di riforme Costituzionali, fondati sul baratto tra senato federale e semipresidenzialismo tra gli ex alleati del governo Berlusconi, abbia per una volta ottenuto il risultato di circoscrivere il perimetro delle manovre alla sola riforma elettorale, non è che su questo fronte le cose stiano prendendo una piega decente.
Certo non ci voleva troppa lungimiranza a prevedere quello che sarebbe in concreto accaduto dopo la bocciatura del referendum anti-porcellum che era l’unica via d’ uscita decente e l’unico modo per tentare almeno di riconciliare i cittadini ai loro presunti rappresentanti.
Come ha detto Arturo Parisi, un coerente referendario non certamente sospettabile di impulsi antisistema: “Se avessero lasciato decidere i cittadini, la questione sarebbe risolta da tempo. Invece, a pochi mesi dall’apertura della campagna elettorale, quelli che sono dentro sembrano non essersi messi d’accordo con quali regole tenere fuori chi non è dentro. Alla faccia delle sentenze europee che hanno chiesto che le leggi elettorali siano definite almeno un anno prima delle urne”. Sì, perché le finalità di tutte le manovre e i tecnicismi che ispirano le cosiddette bozze di riforma elettorale sono sempre quelle: blindare le liste, consentire ai segretari di garantire l’elezione dei loro uomini, giostrare il premio di maggioranza su coalizione o partito a seconda delle contingenze del momento ed aggiornarlo last minute in funzione anti-Grillo.
Insomma a circa otto mesi dalle elezioni, sempre che il PDL non decida di tagliare la corda prima, nella remota ipotesi che Monti ritrovi anche un decimo della tenacia che ha profuso sul taglio delle pensioni e sul lavoro per bonificare la Rai e imporre una vera legge anticorruzione, ci troviamo tra Porcellum e Porcellinum, ovvero il Porcellum “rivisitato” o meglio aggiornato in funzione di argine al successo della cosiddetta antipolitica rappresentata dal movimento 5 Stelle.
Il pallino del grande cambiamento per tentare di infarloccare ancora una volta gli elettori è passato per il PDL nelle mani di un personaggio più presente nelle inchieste giudiziarie su politica e affari, in primis quella sulla P 3, che nelle aule parlamentari, e cioè il sempre verde Denis Verdini, mentre il PD ha ritenuto opportuno mettere in prima fila nella trattativa Maurizio Migliavacca un nome meno appariscente sul fronte dell’intesa “bipartisan” o inciucio di quello storico di Luciano Violante.
Sul Porcellinum c’è già stato un accordo di massima tra i tre leader governativi Alfano, Bersani, Casini anche se dietro le quinte a dettare la linea suprema “portare a casa il maggior numero di nominati” c’è il sempre sopravvissuto Berlusconi, rianimato e non poco, anche dal recente imperativo di Napolitano ai politici sull’urgenza improrogabile della “regolamentazione” delle intercettazioni.
Il nuovo pasticcio salva-poltrone prevede un 50% di liste bloccate senza preferenze (in subordine un 25% come nel Mattarellum) mentre per l’altra metà introdurrebbe una uninominale a turno unico ma facendo ricorso al calcolo estenuante previsto per le province, con collegi per i quali è in vigore una ripartizione proporzionale su base regionale.
Quello che determina in ultima analisi l’elezione non sono i voti degli elettori, ma un quoziente collegato alla lista del partito per cui si può essere primi senza essere eletti.
Per quanto riguarda i corollari non irrilevanti del premio di maggioranza previsto con il 40% dei voti c’è molta maretta sul punto cruciale se vada assegnato al partito o alla coalizione e sulla soglia di sbarramento se vada fissata al 4 o al 5%.
Insomma tanto valeva, anzi sarebbe stato preferibile come hanno osservato anche esponenti del centrosinistra, correggere il Porcellum con l’introduzione delle preferenze, ma sarebbe stata una contraddizione in termini perché avrebbe travolto l’appeal irresistibile della porcata che potrebbe in questa torrida estate cambiare nome ma non natura.