Sfruttamento, precarietà, lavoro nero. I lavoratori e le lavoratrici dei supermercati sono trattati come nuovi schiavi. Tantissime le segnalazioni che arrivano ogni giorno a Il Desk.it all’indirizzo mail redazione@ildesk.it.
I lavoratori e le lavoratrici spesso sono costretti a rinunciare alle misure di sicurezza, svolgendo mansioni del tutto diverse da quelle per le quali sono stati assunti. Molti pur avendo un contratto part-time sono costretti a lavorare in condizioni di disagio per 10 – 11 ore giornaliere, senza applicare previsto il riposo settimanale e per una retribuzione di circa 500 euro mensili.
Oltre a queste gravi irregolarità, alcuni lavoratori riferiscono di essere sottoposti a condizioni di lavoro degradanti e in ambienti insalubri. Inoltre, padroni e padroncini di ogni risma non disdegnano di praticare nei confronti dei lavoratori comportamenti vessatori, offensivi e mobbizzanti.
Scarsi i controlli. Assenti gli ispettori del lavoro. I pochi controlli che sono possibili sono eseguiti solo dai carabinieri e dalla guardia di finanza che non hanno personale sufficiente.
“Lavoriamo quasi il doppio delle ore dichiarate e retribuite, senza contare le costanti pressioni psico-fisiche alle quali siamo soggetti. Un’escalation senza fine, di soprusi e ripicche tutte illegali e tutte perpetrate con lo scopo di accrescere la paura, tenendoci sottomessi al loro potere – denuncia una lavoratrice di una noto supermercato di Fuorigrotta – Una paura che se affrontata ci vede soccombere perché, come dice la stessa canzone: “Se ti ribelli vai fuori”.
“Ti fanno lavorare come uno schiavo e non ti è concesso nemmeno sbagliare. Se sbagli, infatti, paghi, e non a parole, ma nei fatti, principalmente a livello economico: vengono addebitati in busta paga gli errori compiuti per stanchezza e non certo per menefreghismo” – sottolinea Francesco un commesso di un supermercato di Chiaiano – Dobbiamo pagare la bottiglia d’acqua, nonostante siamo 11 ore li dentro. Ci vengono anche addebitati i costi di rotture di beni presenti nel punto vendita, nonostante questi siano assicurati. Tanto per mangiare due volte“
Questo è quello che succede in questi punti vendita e nonostante ci siano state denunce in passato, questo accade ancora, lasciandoci davvero perplessi sul mancato intervento da parte delle istituzioni.
Eloquenti le dichiarazioni di Giuliana Quattromini, avvocata giuslavorista napoletana, punto di riferimento di molti lavoratori e lavoratrici.
“In Italia assistiamo ad un pauroso arretramento di tutela dei lavoratori a causa dell’azione sinergica dello smantellamento delle garanzie normative, del ricatto occupazionale, della delocalizzazione all’estero degli impianti produttivi, dello sfilacciamento della rappresentatività sindacale (complice il fenomeno dei contratti collettivi cosiddetti pirata) e della crisi della giustizia del lavoro” – evidenzia l’avvocata.
L’avvocata Quattromini si sofferma sullo sfruttamento dei lavoratori e delle lavoratrici dei supermercati.
“Si può definire oramai una prassi che determina l’annullamento di ogni diritto quella di far lavorare gli addetti al supermercato per 10/11 ore al giorno e pagarne la metà – aggiunge l’avvocata Quattromini – Come si riesce ad ottenere questo?Semplicissimo. Il lavoratore per essere assunto è costretto a firmare un contratto per un falso part time. In realtà è costretto a svolgere una prestazione di circa dieci ore al giorno mentre in busta paga viene pagato come part time. Alle prime rimostranze la risposta classica è: se non ti conviene, la porta è quella. Ma il punto è che quando si chiude la porta quello che aspetta il lavoratore è la disoccupazione. E quindi la scelta oggi è tra lo sfruttamento e la disoccupazione“
La situazione è inaccettabile anche perché il più delle volte nei supermercati non entra nessun sindacato che non sia di comodo e quindi “pirata” che sigla dei contratti che ignorano ferie, tredicesima, quattordicesima lasciando poco o nulla dell’art. 36 della Costituzione.
“Ma alle aziende va bene così. Chi ne paga le spese è solo il lavoratore che cerca di far valere iI propri diritti che per ritorsione o viene trasferito o gli viene proposta la conciliazione tombale in cambio di qualche spicciolo – conclude l’avvocata Quattromini – La regolarizzazione del rapporto se il lavoratore non denuncia resta solo una chimera e chi si avvantaggia è sempre il più forte”.
Ciro Crescentini