Questa fotografia è famosissima: si intitola Lunch atop a Skyscraper, cioè pranzo in cima a un grattacielo, ed è del fotografo americano Charles Clay Ebbets, che la scattò il 2 settembre del 1932, in piena Grande Depressione, nel cantiere del Rockefeller Center di New York.
La foto fu pubblicata due settimane dopo sull’Herald Tribune, a corredo di un articolo in cui si parlava della completa assenza di protezioni per la sicurezza degli operai.
Sono ritratti undici operai in pausa pranzo, seduti su una trave al 69esimo piano del palazzo in costruzione. Sappiamo che erano irlandesi e conosciamo perfino i loro nomi, non sappiamo però se qualcuno di loro ebbe qualche incidente… non erano rari gli incidenti sul lavoro, allora. E non lo sono nemmeno adesso, purtroppo, come le cronache dei giornali e dei telegiornali testimoniano anche troppo spesso.
Ma quella foto parlava anche d’altro: come dicevamo siamo nel 1932, gli Stati Uniti vivono uno dei momenti più difficili della loro breve esistenza dopo il crollo della borsa di Wall Street, ci sono oltre 15 milioni di disoccupati, eppure questi uomini lavorano, certo in situazioni precarie, ma hanno pur sempre un lavoro, quindi nonostante tutto il messaggio dovrebbe essere positivo: il lavoro sta tornando… già.
Questa foto va bene anche per l’Italia di oggi: il lavoro che c’è è precario, quando c’è, è sottopagato, non richiede nessuna specializzazione, è sempre sottodimensionato rispetto alle competenze di chi lo trova e che non raggiungerà mai la pensione, visto che resterà un precario a vita.
Una intera generazione è in questa condizione e intanto i governi che si susseguano, di qualunque orientamento politico siano, ci mentono raccontando che la disoccupazione è in calo, quando sanno benissimo che stanno contando anche i posti precari e che spariranno nel giro di pochi mesi. E meno male che l’articolo 1 della nostra Costituzione dice che l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro! Se no chissà in che stato saremmo!
Altro che reddito di cittadinanza! Qui il problema è trovare un lavoro continuativo per tanti giovani disoccupati, depressi, infelici e senza futuro. Giovani che vogliono lavorare, non ricevere una elemosina che non li toglie dal precariato e certamente non dà loro dignità o professionalità. I governi precedenti hanno fatto in modo che tutto il sistema collassasse, della serie “après nous le déluge “, dopo di noi il diluvio. Infatti la classe dirigente non è stata più fornita di meccanismi di sostituzione, così chi va in pensione si porta via con sé il posto di lavoro e non viene sostituito da nessuno che non sia un precario: nell’Università, nella sanità, dovunque. Per questo viene richiamato al lavoro personale già in pensione: ultrasessantenni, al posto di giovani… Insomma: questo paese è diventato una repubblica basata sui pensionati! Interi nuclei familiari fra l’altro sopravvivono grazie alla pensione di un genitore o di un nonno. Una assurdità, una follia!
Quindi, cari amici e compagni, questo 1° maggio deve essere un momento di riflessione profonda: il lavoro è un diritto inalienabile della dignità della persona, non è solo un modo per guadagnarsi il pane e lo sa bene chi lo ha perso, o non riesce a trovarlo. E noi dobbiamo trovare una via d’uscita, una soluzione, senza aspettare il solito politico bugiardo e corrotto, che mente perché è sempre in campagna elettorale. Basta! Siamo intelligenti, colti, determinati, siamo molto meglio di questa crosta puzzolente che si autodefinisce “casta”, dunque facciamo un progetto, segnaliamo le strutture da bonificare, mettiamoci degli obiettivi, insomma: siamo ancora vivi, o no??
W il lavoro e i lavoratori e le lavoratrici d’Italia
Barbara Fois