Tornare a scuola, in piena ripresa della pandemia, o affidarsi alla didattica a distanza? E quando tornare a scuola? E qui ognuno a dire la sua, magari inventandosi date diverse, ma sfalsate solo di un pugno di giorni: non il 7, ma è meglio l’11…no, fissiamo il 15… ma che senso ha? Apparentemente sembrano tutti impensieriti per il livello culturale dei nostri ragazzi, come se una settimana in più o in meno di frequenza fosse determinante al fine della loro formazione culturale. Ma non sembrano altrettanto impensieriti per la loro salute e per i pericoli che corrono. Stanno litigando fra governo e regioni, fra governo e opposizione, un braccio di ferro continuo, tutti nascondendo la propria aggressività e i propri veri fini, dietro la maschera virtuosa dell’interesse al benessere dei giovani. Ma quando mai si sono davvero interessati a loro?? Quando i soffitti delle classi - sto parlando di tutta Italia - crollavano sulle loro teste, perché nessuno si occupava della manutenzione delle scuole, che cadevano in pezzi, hanno forse fatto qualcosa? No e infatti ci sono stati feriti e anche morti, eppure non si sono affrettati a porre rimedio a situazioni di degrado intollerabile.Tanto che in qualche classe i bambini stavano in aula con i caschi anti infortunio.
Se guardate i dati dell’autunno 2019 vedrete che in Italia su oltre 40mila edifici attivi, 30mila hanno più di 40 anni, 21mila non hanno il certificato di agibilità, 15mila non hanno il certificato di collaudo statico, 23mila non hanno il certificato di prevenzione incendi e 7mila non hanno neppure un Piano di emergenza.
Legambiente ha tratteggiato il quadro dell’emergenza nazionale, secondo cui quasi il 40% degli edifici ha bisogno di interventi di manutenzione straordinaria urgente. Ma il peggio è che se in Italia l'anagrafe del Miur conta 34mila edifici costruiti senza normativa tecnica antisismica, di questi 2mila sono in zone ad alta pericolosità sismica. E ci ricordiamo bene con quale drammatico esito.
Si è fatto qualcosa? No. E la colpa non è solo della inerzia della politica, ma anche delle pastoie di una burocrazia che avrebbe scandalizzato anche i bizantini. Infatti non è lo Stato responsabile delle infrastrutture scolastiche, ma sono le province e i comuni. Così in uno scaricabarile continuo fra le une e gli altri, si finisce nell’immobilismo. Nessuno fa niente e i ragazzi corrono continuamente il rischio di venir feriti da pezzi di intonaco che si staccano, di non poter usare i bagni che si allagano, di cadere da scale che traballano, di battere i denti in aule senza riscaldamento, nel trionfo del degrado assoluto, con suppellettili vecchie e spesso sgangherate.
Oggi, in questa situazione e in piena pandemia, la ministra Azzolina ha speso milioni per far costruire banchi monoposto con le rotelle, invece di proccuparsi di fornire agli studenti computer e tablet per seguire a distanza le lezioni. Perché, per come stanno andando le cose, la situazione di pericolo e di contagio è ben lontana dal migliorare e passerà molto tempo e molti mesi, prima che si possa tornare a un minimo di sicurezza, se non alla normalità. E in questo tempo le lezioni e molte altre cose saranno fatte on line, quindi sarebbe il caso di attrezzarsi per questa evenienza, altrochè banchi monoposto.
E adesso questi ipocriti si stracciano le vesti per una chiusura delle scuole, assolutamente auspicabile nel caos di una pandemia che appare al momento inarrestabile, come se perdere qualche giorno di scuola fosse la fine del mondo. Ma scherziamo? I giovani in questo paese sono stati boicottati e penalizzati in ogni modo possibile, gli hanno rubato il futuro, la possibilità di crescere, di guadagnarsi il pane, di rendersi autonomi e adesso pensano di rimediare rimandandoli a scuola? Senza aver approntato un piano dei trasporti, perché è lì che più facilmente può avvenire il contagio. Ci sono tanti studenti che (grazie alla riforma di Luigi Berlinguer, che soppresse tante scuole periferiche e dei piccoli centri, argomentando che avrebbe fatto bene alla crescita individuale degli studenti spostarsi dai loro piccoli villaggi) debbono viaggiare per andare a scuola col treno, coi pullman, con la metro e a volte con più mezzi ed è proprio in questi percorsi che è possibile contagiarsi, nella promiscuità di vagoni e vetture.
Sono stomacata da tanta ipocrita, miserabile pochezza. Non sarà certo seguendo da casa le lezioni che si perderà la possibilità di istruirsi! Fra l’altro fino ad ora l’istruzione in questo paese ha proceduto a piccoli passi, con programmi e libri obsoleti e insegnanti sottopagati e stanchi, spesso trasferiti, grazie alla riforma Renzi, in sedi lontane dal proprio domicilio, a volte in altre regioni, con un disagio enorme. Ogni volta che qualcuno mette mano a riforme della scuola fa danni spaventosi, perché nessuno ha davvero una strategia efficace.
La scuola va rimessa al centro dell’attenzione politica in modo serio e professionale, da persone non improvvisate, ma in grado di disegnare modelli e procedure all’avanguardia, non secondo vecchi schemi e programmi muffiti, ma ancorando la conoscenza anche ai nuovi campi del sapere e alle moderne tecnologie. Questo non vuol dire – come purtroppo è stato fatto – cancellare dai programmi la geografia e la storia dell’arte o pensare di abolire il latino e il greco perché “lingue morte”: queste sono pensate di cervelli veramente e profondamente ignoranti e incapaci di considerare la cultura come qualcosa viva e in divenire.
Quello che dunque ci possiamo augurare è una maggiore attenzione al benessere degli studenti, il ripensamento di una nuova strategia didattica, in cui abbia spazio la programmazione delle lezioni a distanza, a cui abbiano realmente accesso tutti gli studenti, anche quelli più disagiati e soprattutto la possibilità di delineare una programmazione legata a nuove carriere e sbocchi professionali, con uno sguardo attento al mercato del lavoro non solo a livello europeo, ma internazionale.
Questo farebbe il bene dei nostri ragazzi, altro che spedirli in aula ad ogni costo. Per dimostrare che cosa? Che tutto va ben madama la marchesa? Lasciamoli a casa al sicuro e intanto lavoriamo davvero per il loro futuro.
Barbara Fois