A trent’anni dalla caduta del Muro di Berlino, MicroMega dedica un intero numero all’89, interrogandosi su questo evento così cruciale nella storia in generale e in quella della sinistra in particolare: cosa ha rappresentato e quali conseguenze ha prodotto in Europa e nel mondo? La caduta del Muro è stata per la sinistra un’occasione mancata? È ancora possibile sperare in un cambiamento o la crisi della socialdemocrazia è irreversibile e occorre pensare a qualcosa di radicalmente nuovo? Questioni che la rivista, in edicola dal 21 novembre, ha posto a una serie di personalità italiane e straniere.
Adriano Prosperi sottolinea che le date simboliche sono, sì, affascinanti ma rischiano di deformare la percezione della storia, che non procede quasi mai per cesure e radicali discontinuità, e suggerisce dunque di guardare al 1989 risalendo più indietro nel tempo e scendendo più nei dettagli di un passato del Novecento che in questi nostri tempi è diventato terra incognita. Ernesto Galli della Loggia mette l’accento sul fatto che il 1989 non mosse in alcun modo dal basso bensì dall’alto, essendo il risultato di un calcolo politico sbagliato da parte di Gorbačëv.
Del dissenso antisovietico nell’Europa dell’Est si occupano Wlodek Goldkorn e Axel Honneth, mentre Irena Grudzińska Gross racconta di come la Polonia, in quel delicato frangente, scelse come legame comune il cattolicesimo, con le conseguenze che vediamo anche oggi. Massimo Cacciari sottolinea come i fatti dell’89 abbiano avuto effetti diversi a seconda dei contesti nazionali e come sia ovvio che, laddove la cultura nazionale presentava forti accenti identitari e antirussi, il nuovo corso virasse decisamente a destra. Lucio Caracciolo spiega come la caduta del Muro abbia sancito soprattutto la vittoria del capitalismo, mentre Dacia Maraini suggerisce di riflettere sulle imperscrutabili ragioni delle masse.
Sugli errori della sinistra riflettono Pancho Pardi, che si interroga sulle conseguenze che il post-’89 ha avuto sul concetto di uguaglianza, e Miguel Benasayag, che individua nel messianismo la malattia mortale della sinistra. E se dalla Spagna arrivano le riflessioni dei politologi Pere Vilanova e Josep Ramoneda, non poteva mancare la testimonianza di chi, in Italia, quegli eventi li ha vissuti in prima persona: Achille Occhetto, che ricorda e rivendica la sua Bolognina, Luciana Castellina, per la quale il 1989 è la data di una sconfitta e non un anniversario festoso, e infine Aldo Tortorella, che definisce il crollo sovietico una tragedia di tutta la sinistra di ispirazione socialista e attacca le varie “terze vie”. Cinzia Arruzza e Felice Mometti ci ricordano poi che quella data segnò anche l’inizio della fine dei movimenti operai novecenteschi, senza però che per questo siano venute meno anche la classe e le ragioni della sua lotta.