Recensione di Gianmarco Pisa
Nota conclusiva di Laura Tussi
Libro pubblicato dalla editrice Mimesis, all’interno della collana 'Eterotopie'.
L’opera 'La follia del nucleare, come uscirne con la rete ICAN' ha tra i suoi presupposti l’azione della Rete ICAN, la Campagna Internazionale per l’abolizione delle armi nucleari, Premio Nobel per la Pace nel 2017.
Con la Prefazione di Alex Zanotelli. E l'Introduzione di Fabrizio Cracolici e Laura Tussi.
Pubblicato dalla casa editrice Mimesis, all’interno della collana “Eterotopie”, il pregevole volume “La Follia del Nucleare. Come uscirne con la rete ICAN”, a cura di Mario Agostinelli, Luigi Mosca e Alfonso Navarra, con l'appassionata Prefazione di Alex Zanotelli e la dettagliata introduzione di Fabrizio Cracolici e Laura Tussi.
La follia del nucleare è un notevole, utile, dossier, che si pone l’obiettivo, duplice, di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica intorno ai rischi della catastrofe nucleare legata alla disponibilità e alla minaccia di utilizzo dell’arma nucleare e di sollecitare la ripresa di una mobilitazione, a livello nazionale e internazionale, “contro la guerra e per la pace”, per il completo disarmo nucleare e un efficace superamento dello strumento militare. Giunto, nel 2018, alla sua seconda edizione, il dossier ha il merito di organizzare una riflessione analitica sui diversi aspetti di quella che gli autori definiscono, opportunamente, «la follia del nucleare», tanto sul piano politico e strategico, quanto sul versante giuridico ed internazionalistico, a partire dalla esigenza, avvertita da tutti i contributori dell’opera, che solo una mobilitazione di ampiezza popolare e di carattere internazionale, unita all’azione delle organizzazioni politiche e delle articolazioni istituzionali, può determinare una evoluzione positiva, efficace, verso il superamento della difesa militare offensiva e il conseguimento di un modello alternativo di difesa. Non casualmente, l’opera ha tra i suoi presupposti l’azione della campagna internazionale ICAN, la Campagna Internazionale per l’abolizione delle armi nucleari, Premio Nobel per la Pace nel 2017. L’esigenza di un movimento di cittadinanza “contro la guerra e per la pace” si affaccia, nel testo, sin dalla prefazione di Alex Zanotelli, che non solo mette in guardia dalla minaccia costituita dalla NATO, «un mostro che spende 1000 miliardi di dollari in armi all’anno», ma, più ancora, punta l’indice contro «l’incapacità del movimento della pace a mettersi insieme e scendere in piazza, ad urlare contro una Italia e una Unione Europea che si stanno armando sempre più, davanti a guerre senza numero, davanti a un mondo che rischia l’olocausto nucleare» (p.16). Gli stessi Fabrizio Cracolici e Laura Tussi, che curano l’introduzione dell’opera, insistono su questo aspetto, sociale, della lotta per la pace, quando sottolineano che «la grande massa dei popoli che vuole la pace è la nostra speranza; il metodo del dialogo per la pace è la nostra via; la pace è la via per la giustizia, non c’è giustizia senza pace» (p. 22). Siamo così proiettati al nucleo della questione: il disarmo e, in particolare, il disarmo nucleare totale, come presupposto per una più complessiva smilitarizzazione, per il superamento collettivo della NATO, per una ridefinizione dei rapporti internazionali basata sulla pace, sulla giustizia e sulla cooperazione. Il punto di partenza è la consapevolezza, come ricorda Alfonso Navarra, che «le armi nucleari non sono “armi”, ma “ordigni catastrofici”, e vanno ben oltre la specificazione che sono di “distruzione di massa”» (p. 40); al contempo, «il diritto degli Stati a preservare sé stessi non è “assoluto” e non deve mettere a rischio il diritto alla sopravvivenza della specie umana» (p. 41). Come infatti evidenzia, poco oltre, Fabio Strazzeri, «si potrebbe sensatamente affermare che il divieto della guerra atomica sia una regola giuridica che discende logicamente dalla stessa nozione di diritto. Infatti, diritto e uomo sono connessi. […] Se, per effetto dell’arma nucleare, finisce l’uomo, ha la sua fine anche il diritto» (p. 52). L’esigenza avvertita diventa allora, anche e soprattutto, di organizzare una risposta e delineare un’alternativa a questo stato di cose, che non si limiti a mettere in discussione e criticare lo «stato di cose presente», ma definisca un percorso e costruisca delle proposte che siano in grado di offrire, in maniera positiva, soluzioni, alternative. «Ecco una risposta plausibile», esordisce Luigi Mosca nel capitolo VI: «una cultura della «nonviolenza solidale», in altri termini, una cultura della pace fondata sulla giustizia e sulla solidarietà». Vengono citati, qui e nelle pagine successive, i riferimenti ad alcuni tra i principali protagonisti della storia del pacifismo e della nonviolenza, da Gandhi a Martin Luther King, passando per Alex Langer, e subito viene impostata la “proposta costruttiva”, tutta da ulteriormente sviluppare e affinare: «difesa e sicurezza possono fondarsi sulla unità popolare che interviene nei conflitti con l’azione nonviolenta e i Corpi Civili di Pace»; contrapponiamo «al concetto strategico della NATO la trasformazione degli armamenti da offensivi a strettamente difensivi, in direzione della difesa civile non-armata e nonviolenta» (p. 84). Sono due prospettive, due piste di attivazione altrettanto importanti e promettenti: la diplomazia popolare per la pace come campo di azione dei popoli e delle comunità per favorire il dialogo e la convivenza, i corpi civili di pace come strumento di azione nonviolenta, proprio della società civile di pace, per la prevenzione della violenza e la trasformazione positiva dei conflitti. Anche su questo, l’orizzonte dell’impegno è aperto di fronte a tutti noi.
Nota di Laura Tussi:
"E finalmente nel 2024 il Premio Nobel per la pace è assegnato all’organizzazione giapponese Nihon Hidankyo di sopravvissuti a Hiroshima e a Nagasaki per un mondo libero dalle armi nucleari.
In risposta agli attacchi con la bomba atomica dell'agosto 1945, è nato un movimento globale i cui membri hanno lavorato instancabilmente per aumentare la consapevolezza sulle catastrofiche conseguenze umanitarie dell'uso di armi nucleari. Gradualmente, si è sviluppata una potente norma internazionale, che stigmatizza l'uso di armi nucleari come moralmente inaccettabile. Questa norma è diventata nota come 'il tabù nucleare'.
La testimonianza degli Hibakusha, i sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki, è unica in questo contesto più ampio. La decisione di assegnare il Premio Nobel per la Pace 2024 a Nihon Hidankyo è saldamente ancorata al testamento di Alfred Nobel. Il premio di quest'anno si aggiunge a un elenco illustre di Premi Nobel per la Pace che il Comitato ha precedentemente assegnato a personalità distinte nell'ambito del disarmo nucleare e del controllo degli armamenti".