La parrucca di Mozart - Un'opera di teatro musicale di Lorenzo "Jovanotti" Cherubini

di Lorenzo "Jovanotti" Cherubini - Prefazione di Daniel Harding - Einaudi, 2009 - 04/09/2019
Suggerimento di Bettina Terzano

In una sorta di complottismo ante litteram, si è a lungo discettato sulla possibilità che Mozart fosse stato avvelenato da Antonio Salieri, concorrente geloso. Molto più ragionevolmente Mozart morì giovane perché distrutto nel fisico da una vita corsa con bruciante intensità ed irrequietezza perchè il suo ciclo creativo s’era chiuso, perchè aveva già detto tutto il dicibile. Perché in termini storici dopo di lui, con Beethoven, sarebbe arrivato il romanticismo di cui lui era stato inconsapevole anticipatore.

Attraversando tutto il continente sull'onda della soffocante ambizione del padre, collezionando onorificenze, attenzioni, medaglie, tabacchiere ed uniformi, il giovane Mozart maturò una dimensione veramente pan-europea. Se Praga fu l’unica città che ricambiò visceralmente la sua passione, la algida e diffidente Vienna gli offrì l’humus intellettuale e quel po’ di raccoglimento necessari a manifestare nel lavoro musicale quotidiano, spesso tormentato dall’assillante bisogno di danaro, la necessità di confidarsi solo attraverso il suo grande mestiere: lì, anche col contributo di altri stimoli intellettuali (la massoneria, la vita concertistica in fermento), si plasmò la sua personalità artistica solitaria ed anticipatrice. WAM dette alla musica una accelerazione violenta: da musico delle forme a creatore d’innovazione.

La sua grande capacità anticipatrice fa sì che Mozart ci appaia oggi modernissimo, nostro contemporaneo, per l’inquietudine del genio, per la drammaticità della sua opera (così sottile e mascherata che ad orecchie non preparate sembra solo allegrezza), per la biografia così scopertamente umana. Da almeno cinquant'anni Mozart è finalmente uscito da una sorta di purgatorio: veniva eseguito spesso, ma quasi sempre con la classica riserva della graziosità superficiale (“überflächliche Charme”). Il suo mondo musicale è insieme adolescenziale commistione di fragilità ed impudenza, è coraggiosa irruenza cantabile, è saper prendere in contropiede gli ascoltatori, è incontenibile tenerezza dell’invenzione melodica rifusa negli Adagi strumentali, è drammatico colore delle armonie che, per la prima volta con lui, svelano la capacità unica della musica di raccontare i sentimenti. Penso alla levità del rapimento del secondo movimento (Adagio) del K622, al messaggio selvaggio, crudele, febbrile del Don Giovanni, a quel frammento di eternità catturata ch’è il secondo movimento (Larghetto) del K581.  Caro WAM, ti amo.

Ma è chiaro che anche l'amore per Mozart di Lorenzo "Jovanotti" Cherubini è incontenibile. E lo prova il sorprendente libretto di un'opera di teatro musicale per giovanissimi musicisti e attori da lui scritto, opera musicata da Bruno de Franceschi, "direttore d'orchestra, maestro d'armi e bagagli e di baracca e burattini", La parrucca di Mozart, appunto, andata in scena per la prima volta a Cortona nel 2006. Come la musica di Mozart, quest'opera - affidata alla recitazione di decine di ragazzi e ragazzini - è un racconto appassionato, ironico, a tratti melanconico, della sua breve ma intensa esistenza e allo stesso tempo un gioco, un sogno, uno scherzo, un divertimento, una passione, un'emozione, una provocazione, una vertigine. Ciascuno degli attori, a turno, impersona Mozart grazie all'articifio della parrucca che gira di testa in testa. E chi l'ha in testa, in quel momento è Mozart, perché nessuno si senta escluso. Anzi, siccome incontrare la musica di Mozart è una benedizione, ogni giovane attore, nell'interpretare Mozart vive ancora più intensamente questo stato di grazia e lo trasmette al pubblico di spettatori e di lettori.

Il testo, il libretto dell'opera, completato dalle bellissime illustrazioni dello stesso Jovanotti - che così si rivela essere un artista insospettabilmente completo - con una narrazione straordinaria ed esaltante restituisce l'immagine della complessità della personalità di Mozart. Anche quella del suo difficile e problematico rapporto col padre, segnato da incontenibile ambizione paterna e da asfissiante amore, come quando recita:

 

"Hai reso ogni mio giorno d'oro d'argento e fuoco

Hai fatto maritare in me la disciplina e il gioco

Hai messo l'universo dei suoni nelle mie vene

Ma dimmi dimmi dimmi

Dimmi se mi vuoi bene"

 

Non so se, dove e quando l'opera andrà nuovamente in scena. Mi auguro presto, e in ogni città, paese e borgo d'Italia, coinvolgendo centinaia e centinaia di giovani attori e musicisti, per passare un geniale messaggio di liberazione dell'estro, del sogno, delle emozioni, delle passioni, delle vertigini della fantasia che vivono dentro ciascuno di noi e spesso lottano invano per manifestarsi. Nel frattempo, a tutti noi è dato il dono della lettura di questo "sorprendente, delizioso libro da ballare", secondo l'emozione provata da Alessandro Baricco.

Il lavoro di Jovanotti non vuole dare una risposta al perché la musica di Mozart sia così perfettamente comprensibile da chi ha orecchi, cuore e cervello ma sia allo stesso tempo assolutamente inesplicabile. Io penso che il genio di Mozart consista proprio in questa antinomia e che la singolarità del lavoro di Jovanotti stia anche nel fare sottilmente emergere questo apparente paradosso, senza cercare di darne una illusoria spiegazione. Che - mutatis mutandis - è come accettare, in questo preciso momento, il rosso del tramonto - venato di nubi lenticolari che sembrano disegnate da Gianfilippo Usellini - dietro il monte della Sibilla. Puro rapimento.

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