Inauguriamo qui uno spazio in cui si consigliano le letture più interessanti, gradevoli, divertenti e appassionanti, ma assolutamente non impegnative, che ciascuno di noi preferisce. Stiamo parlando di libri che in genere, una volta, prima dei tablet, di WhatsApp e dei social, ci si portava dietro al mare e al fresco, nella penombra dell’ombrellone, comodi sulla sdraio, si leggevano, sentendosi in vacanza. Anzi, erano proprio quelle pile di volumi, accatastate durante il periodo lavorativo per mancanza di tempo, che davano più di tutto il senso della vacanza.
Personalmente io ho sempre preferito due generi di lettura “estiva”: la fantascienza e il “giallo”. Ho una collezione infinita di “Urania” a cominciare dal n°1 del 1952 “ Le sabbie di Marte di Arthur C. Clarke, trovato, con un colpo di fortuna, su una bancarella, alla fine degli anni ’60 e comprato per poche lire. Fino agli anni ’90 la fantascienza era un giusto mix di scienza e di fantasy, poi ha prevalso la tecnologia, la cibernetica, una ricerca continua di una rigida e asettica dimensione pseudo scientifica, e per me quei libretti sono diventati illeggibili, noiosi, perché privi di fantasia, anche di inverosimiglianza, se volete, ma soprattutto di libertà di immaginazione. Ma della fantascienza, di Asimov e delle rivoluzionarie leggi della robotica, magari ne parliamo un’altra volta.
Oggi voglio segnalarvi un libro incantevole, proprio nel suo significato semantico. Si tratta di un giallo e l’autrice è Fred Vargas, una scrittrice francese, archeologa e medievista. Qualcuno. lo so, sta già sghignazzando sull’affinità professionale, ma a torto.
Sono da sempre appassionata di letteratura “gialla”: noir, polizieschi, mistery, thriller, polar (come li chiamano i francesi): io leggo tutto! Da Edgar Allan Poe col suo Auguste Dupin, ad Arthur Conan Doyle e il suo Sherlock Holmes, ad Agatha Christie con Ercule Poirot, Miss Marple e Tom e Tuppence; e come non ricordare Georges Simenon col suo Maigret, Rex Stout e il suo poderoso Nero Wolfe, l’amletico Ellery Quin, e il classico dei classici Edgar Wallace. E poi Donald Westlake così ricco di humour, con i suoi criminali stralunati e sfigatissimi, Ed Mc Bain e il suo corale 87° distretto, Erle Stanley Gardner e il suo geniale avvocato Perry Mason, Andrea Camilleri e il suo “camurrioso” commissario Montalbano, Danila Comastri Montanari e il suo elegante senatore romano Publio Aurelio Stazio…. Beh, è difficile che gli autori talentuosi e originali mi siano sfuggiti. Così almeno credevo, finchè non conobbi Fred Vargas: come mi era sfuggita? Fu una mia cara amica, regista RAI, con cui ho lavorato a lungo, che mi regalò un suo libretto, che si intitolava “Parti presto e non tornare” e con un sorrisetto ironico d’intesa mi informò “La Vargas è non solo una scrittrice “gialla”, ma è anche una archeologa e una medievista!”. La cosa era stimolante, intrigante, non lo nego, ma tuttavia passò qualche mese fino all’estate, quando finalmente affrontai la pila di libri “da leggere sulla sdraio, sotto l’ombrellone” , come dicevamo prima. Mi piacque subito tantissimo, anzi ne fui proprio sedotta. Mi piacquero i suoi personaggi: Jean-Baptiste Adamsberg, il commissario, uomo chiuso, tormentato, solitario, il suo coltissimo braccio destro Danglard, leale, fedele amico e la gigantesca, fortissima ispettrice Violette Retancourt.
Ma era l’argomento del racconto l’aspetto più intrigante: la minaccia del ritorno della peste bubbonica, la peste nera raccontata dal Manzoni, quella terribile nauseabonda pandemia che devastò l’Europa del ‘600. A Parigi, all’improvviso, arrivano inquietanti messaggi, minacce, anatemi: la peste sta arrivando col suo orrendo carico di morte, di morsi di pulci e di ratti. Poi interviene anche un untore che segna con simboli antichi le case da proteggere e, infine, una serie di morti misteriose scatena il panico. La Parigi di Adamsberg, non è quella di Maigret, delle fumose e chiassose brasseries, del cibo pesante e condito da boccali di birra. La Parigi di Vargas è solitaria, silenziosa, misteriosa, come la gente che la abita, ognuno carico di un suo segreto, di una sua contorta storia personale. Ed è questa città lunare che fa da sfondo a un racconto che appare complicato e inesplicbile fino alla spiegazione finale, che riporta tutto su un inaspettato piano razionale e reale. Dopo questo libro comprai e lessi tutti gli altri libri di Vargas: potrei segnalare qualsiasi altro dei suoi racconti, ma ho scelto quello che me l’ha fatta conoscere e amare. Recentemente hanno fatto una serie tv di alcuni dei suoi romanzi e per una volta tanto gli sceneggiatori non hanno deluso, stravolgendo i testi.
Non ho motivo di dubitare che la lettura di “Parti presto e non tornare” piacerà a tutti. Buona lettura!
Barbara Fois
Fred Vargas