Il
dato Istat - doppio rispetto alla media europea - è da dichiarazione di
stato di calamità sociale. E invece non si vede alcuna disposizione
urgente di programmi speciali di creazione di posti di lavoro, per
ridurre questo grumo di frustrazione, prima che provochi un ictus
democratico. E non dando soldi alle imprese - come fatto col
fallimentare jobs act - ma adottando piani straordinari del lavoro.
Come
si spiega questa inerzia? La risposta è banale: i lavoratori - al
contrario delle lobby - non hanno rappresentanza politica in alcuno dei
maggiori partiti. Né PD, M5S o destra hanno mai formulato una seria
politica del lavoro abbinata ad una seria politica industriale. Cioè,
non ricette estemporanee, ma un piano articolato e pluriennale, che
individui dove e come impegnare fondi importanti per far incontrare
domanda e offerta di lavoro.
Certo, un
progetto a così alta complessità richiederebbe statisti capaci di
programmare iniziative strutturali, finanziate da una vera lotta
all'evasione. Purtroppo, invece, abbiamo visto solo giocolieri che
estraggono dal cilindro i bonus, fanno sparire l'IMU per i ricchi,
aumentano il contante agli evasori e gettano in aria i coriandoli dei
voucher, nei loro costosi programmi di puro intrattenimento politico. Ma
i problemi rimangono sul tavolo. E i giovani rimangono fuori dal
lavoro. Una corda sempre più tesa.
Massimo Marnetto