Molossi VS Vignali. Anzi no

di Alfonso Minardi - 30/06/2011
Lettera che ho mandato inutilmente al direttore della nostra Gazzetta. Ovviamente non verrà mai pubblicata ma poco importa. Ve la giro sperando di offrire uno spunto di riflessione. In questo momento credo che sia importante per tutti noi fare quadrato ed aiutarci vicendevolmente a salvare una città sull’orlo del baratro. Grazie a tutti. Alfonso Minardi.

Egregio direttore,

sono ormai 4 anni che ho abbandonato la vita politica. Prima di dimettermi ero membro dell’esecutivo comunale della Margherita (ormai preistoria).

Da allora ogniqualvolta ho preso in mano la “Gazzetta di Parma”, poche per la verità, mi sembrava di rivivere il vecchio spot di una nota marca di caffè, con San Pietro che leggeva il giornale del Paradiso che intitolava a nove colonne “VA TUTTO BENE!!!”. Questo ovviamente quando si parlava di politica.

In una nota trasmissione locale un noto giornalista parmigiano, che tuttora lavora per una grande testata nazionale, all’epoca delle mie dimissioni auspicava che l’Unione degli Industriali di fatto proprietaria della Gazzetta, esprimesse pensieri di sinistra, non perché di sinistra in quanto tali, ma perché la vera Confindustria da sempre si è contraddistinta negli anni per avere vigilato sulla politica a 360°.

Ovunque tranne che a Parma.

Quel che è successo, è sotto gli occhi di tutti. Dal caso Parmalat, scandalosamente taciuto per 15 giorni (sono sicuro che ancora oggi lei ne prova intimamente profonda vergogna), ai fatti dei giorni nostri, il giornale di cui lei è direttore, si è contraddistinto per non avere mai indossato la maglia dell’arbitro, come il vecchio verbo confindustriale docet, ma sempre una casacca, quella del centrodestra.

Nella mia piccola dimensione politica d’allora sostenevo, da povera formica quale ero, che la “Gazzetta di Parma” doveva essere super partes, avere un occhio tremendamente critico verso chiunque governasse questa città. Invece nulla, il vostro tam tam giornalistico e mediatico ha portato ad esaltare una figura di mediocre profilo come Vignali (e si vedeva lontano un miglio quanto non valesse Ubaldi come carisma, lei lo sa benissimo), tant’è che non più tardi di qualche mese fa voi stessi esaltavate la sua persona titolando con grandi titoli di come il nostro sindaco fosse il quinto in classifica fra i sindaci più amati d’Italia!

Lo era infatti, anche “grazie” al vostro giornalismo, quello del “VA TUTTO BENE” appunto. Se i parmigiani avessero saputo quello che stava accadendo non avrebbero mai così tanto amato Vignali per amare invece di più la loro città di fatto trascurata dal vostro giornalismo.

Non avete mai voluto mettere veramente sotto la lente d’ingrandimento i conti del Comune, i bilanci sempre più in rosso, una situazione di anno in anno sempre più fallimentare con la nascita di un numero spropositato di società partecipate dove era più che mai prevedibile che s’infiltrasse la corruzione (da STT in giù c’è solo l’imbarazzo della scelta).

Un buon giornalista, di Montanelliana memoria (e so quanto i Molossi siano stati legati a Montanelli), avrebbe vigilato, pur conservando un proprio pensiero politico (mica è un peccato essere di destra, come lei, né di sinistra come il sottoscritto), ravvisando tutte le manovre spericolate che invece stavano avvenendo e che oggi hanno di fatto affossato di debiti il Comune.

Ora non basta che si dimetta Vignali, qui siamo entrati in un buco nero dove uscirne sarà impresa improba che guarda caso toccherà alla sinistra, siccome è ovvio che l’era ubaldiana è destinata a concludersi con un patatrac elettorale di quelli immensi.

Vedere però lei, solo oggi sul suo giornale, fare il Montanelli che dice che Vignali è giunto alla fine, mi mette una tristezza profonda.

Sono triste perché proprio lei ha giocato nella stessa squadra di Vignali, sostenuta, e non tanto malcelatamente, da tutti coloro, fra gli industriali, che si sono volutamente dimenticati del vecchio e saggio verbo confindustriale di cui sopra.

In un mondo perfetto anche il direttore della Gazzetta dovrebbe dimettersi per una questione morale e di dignità, ma siccome questo mondo è imperfetto, è ovvio che questo non avverrà mai.

Ora più che mai però c’è una linea che si intravvede in maniera limpida all’orizzonte, quello che traccia il confine tra il territorio dell’opportunismo e dell’onestà intellettuale, che in realtà sono confinanti anche se sembrano due opposti. Lei si trova su questa linea e a lei  a questo punto sta:

-          Scegliere il territorio dell’onestà intellettuale: fare mea culpa con molto stile, per il giornalismo troppo schierato di questi anni che non ha permesso ai parmigiani, se non proprio alla fine, di vedere tutta la montagna di debiti e di porcate che da Ubaldi in poi si sono accumulate in oltre un decennio. Un’immondizia morale che nessuna discarica potrà mai raccogliere, e nemmeno nessun inceneritore (tanto per restare in tema). Dopo il mea culpa ripromettersi di essere dei futuri Montanelli parmigiani, un’ambizione che tutti i giornalisti, di qualunque schieramento essi siano, dovrebbero avere. E che lei potrebbe fare benissimo perché le potenzialità ed il carisma per farlo ce le ha davvero tutte, eccome.

-          Scegliere il territorio dell’opportunismo: la via più facile, fare finta di nulla ed oggi bastonare a più non posso la giunta e prima ancora Ubaldi per tutto quello che ha nascosto in questi anni, facendo finta di essere all’insaputa di tutto, proprio come il nostro sindaco, con l’unica differenza che lei ci salta fuori benissimo, Vignali ed anche Ubaldi invece no. Un atteggiamento che rappresenta l’anti-Montanelli e lei in cuor suo lo sa benissimo.

A lei la scelta, a me come tanti altri umili e anonimi cittadini, il rammarico delle infinite occasioni perdute in questi anni.

Ho citato volutamente il grande Indro perché l’ho sempre stimato come tale, pur stando sempre dalla parte opposta alla mia, politicamente parlando. Ma quando uno è un grande, è un grande, stop. Molossi diventerà mai grande? Temo che il mio pessimismo prevarrà sulla speranza a riguardo con la città di Parma che mai potrà crescere, restando chiusa nel suo provincialismo che la fa credere grande quando invece è piccola, che le fa scrivere la Parma come la Senna anziché il Parma (torrente è sostantivo maschile fino a prova contraria), che la illude di essere Parigi con cui condivide solo la prima sillaba, non certo le dimensioni, le problematiche e il prestigio.

Voi avete l’oneroso ma anche prestigioso compito di riscattarvi e di rendere grande questa città nella presa di coscienza delle proprie possibilità e dimensioni. È così difficile? Evidentemente sì.

La mia tristezza resterà quindi e sempre senza fine. Scusi lo sfogo, non era per lei, ma per i cittadini che mai leggeranno questa mia lettera. Cordiali saluti. Alfonso Minardi.
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