Mentre i partiti duellano per formare un esecutivo in grado di conciliare gli interessi della frammentata realtà economica italiana, il Governo, quello vero, quello che dovrebbe essere in carica solo per il disbrigo degli affari correnti, non si è perso d’animo e al riparo dai clamori della discussione su chi farà il prossimo governo, ha appena deciso di regalare alle grandi multinazionali dei trasporti una proroga delle concessioni delle autostrade italiane di quattro anni!
Ne dà notizia Il Sole 24 ore di venerdì 4 maggio, in pompa magna in prima pagina. Il rinnovo delle concessioni ha fatto saltare numerosi tappi di bottiglie di champagne che hanno riempito i calici della borghesia che si arricchisce con esse. Subito la borsa ha celebrato l’avvenimento con il rialzo delle azioni delle società coinvolte e il ministro Del Rio, in anima Partito Democratico, ha assunto la veste di Babbo Natale che anziché giocattoli distribuisce dividendi.
Come saprete, le concessioni della rete autostradale nazionale sono scadute nel 2014 e da allora sono state sistematicamente rinnovate senza alcuna gara. Il 70% di queste concessioni sono appannaggio esclusivo di due grandi gruppi: il gruppo Benetton e il gruppo Gavio. Sono anni che questi due colossi dell’economia italiana si spartiscono la torta prodotta dai pedaggi delle autostrade. La popolazione italiana si sa, ha un grande amore per lo spostamento in auto su e giù per la penisola e questo, dai e dai, nel corso degli anni non solo ha permesso di ripagare il costo sostenuto dallo Stato per costruire la rete autostradale, ma addirittura produce un reddito che è sette volte superiore ai costi della manutenzione necessaria a mantenere in sicurezza la rete viaria. Avete capito bene. Gli italiani che viaggiano forniscono profitti per i Benetton e i Gavio che sono sette volte maggiori dei costi che sostengono. Per fare un esempio banale: incassano 7 miliardi all’anno e ne spendono solo uno. E sapete a chi va quel miliardo di spesa? A loro stessi, perché i lavori di manutenzione sono svolti da imprese di proprietà degli stessi gruppi.
Il sistema autostradale è un patrimonio di tutti gli italiani. È costato lacrime e sangue soprattutto alle classi più povere che in rapporto ai loro redditi hanno dovuto pagare molto di più rispetto ai veicoli di lusso. E’ una rete di autostrade che è stata completamente ammortizzata e che ora permette di ottenere ricavi enormi che sono giocoforza sociali, ossia appartengono a tutti. I pedaggi, incidono sui costi delle aziende di trasporto e sulla loro competitività, funzionano come inique imposte indirette prelevando la stessa tariffa indipendentemente dal livello del reddito posseduto. Regalare tutta questa ricchezza a Luciano Benetton e ai Gavio è Immorale e Antieconomico. Un governo in carica per fare realmente gli interessi di tutti i cittadini non avrebbe rinnovato le concessioni. Invece, questo governo che si spaccia di sinistra, infila per i prossimi quattro anni questa enorme ricchezza ancora nelle tasche dei Gavio e di Benetton. La bellezza di 24 miliardi di euro, l’equivalente di un’enorme manovra finanziaria.
Se non si fossero rinnovate le concessioni delle autostrade a questi due gruppi e si fossero tenuti per il popolo i profitti che derivano dai pedaggi, si sarebbe potuto destinare parte di quelle risorse per allungare la maledetta coperta che è sempre più corta o per abolire la legge Fornero. E pensate: non si sarebbe trattato neppure di un esproprio proletario o di un atto sovversivo comunista. Nessuno avrebbe potuto accusare il governo di aver violentemente alienato una proprietà privata personale a degli imprenditori: le autostrade ormai sono proprietà di tutti, sono proprietà collettiva e quindi sociale.
Ma c’è dell’altro. Grazie ai pedaggi delle autostrade che rendono molto di più degli scadenti capi di abbigliamento venduti dalla loro multinazionale, Luciano Benetton acquista ettari ed ettari in Patagonia. Con l’appoggio del governo argentino, continua a sequestrare la terra ai contadini della Comunità Mapuche che vengono espulsi dai loro territori per lasciare il posto alle coloratissime pecore di don Luciano.
Ecco, magari, una volta tanto, il governo uscente non rinnovando le concessioni, anziché alimentare la ricchezza dei Benetton avrebbe potuto mettere un argine alla loro espansione territoriale o addirittura a spingerli a restituire le terre della Patagonia alle migliaia di nativi che si ammassano lungo il filo spinato che delimita i suoi confini e che lottano e muoiono contro il furto legalizzato delle loro ricchezze. Invece ha perso un’altra occasione.