Qualche settimana il prof. Angelo Panebianco è intervenuto con un editoriale nel “dibattito tra moralismo e riformismo” esordendo con una domanda retorica: “E' possibile liberare dalla gabbia mentale in cui sono imprigionati coloro che confondono politica e morale, che credono che moralità e moralismo siano sinonimi, che pensano che la politica sia una guerra fra l'armata della luce e quella delle tenebre?” (Corriere della Sera, 11.08.09, Corriere.it 14.08.09).
Poiché l’etica costituisce un valore, ontologico per la persona e fondante per la società, essa riveste un ruolo primario ed insostituibile in ogni attività umana, privata e pubblica. Pertanto, pur non esercitando il mestiere del moralista né quello del politico, sento il dovere di intervenire, sforzandomi di portare un po’ di chiarezza sulla confusione indotta da un postulato provocatorio, da affermazioni qualunquiste e da conclusioni non condivisibili.
Etica e politica esprimono concetti totalmente differenti e allocati in piani altrettanto differenti. L’etica appartiene al pensiero filosofico, essa esprime conoscenza, “epistème”, mentre la politica, soprattutto dopo il tramonto delle ideologie e degli ideologismi, è soltanto prassi, “téchne”, tecnica di governo.
Il loro rapporto, dunque, non può mai essere contrassegnato da conflittualità, ma da “con-correnza”, cioè dalla convergenza verso un identico obiettivo: la costruzione del bene comune, che rappresenta il fine ultimo e pregnante del pensiero e della prassi politica. La riflessione morale ci aiuta a conoscere il bene comune, la tecnica politica traccia i percorsi per realizzarlo. Tuttavia l’etica non è una scienza astratta, perché nel momento in cui discerne il bene dal male, il buono dal cattivo, il giusto dall’ingiusto, disegna uno stile di vita, sia della intera società, sia della singola persona.
Nella prassi politica l’etica non costituisce una “gabbia morale” ma un elemento validante e qualificante degli indirizzi programmatici e dei singoli atti. Il consenso democratico è uno strumento necessario ma non sufficiente per fare della “buona politica”, sappiamo infatti come siano esistiti ed esistano dei paesi, storicamente “democratici”, i cui governi sono stati, o sono tuttora, responsabili di azioni politiche indubbiamente esecrabili sul piano morale.
In ciascuna persona la coscienza morale non è un optional, un valore aggiunto, ma costituisce parte integrante ed inscindibile della propria “umanità”, essa, infatti, esprime una caratteristica costituzionale ed ontologica, specifica ed esclusiva, dell’uomo, quella che più delle altre lo distingue dai restanti esseri viventi, il cui comportamento non nasce da una scelta ma dalla cieca obbedienza al diktat di un istinto pre-scritto nel codice genetico di ciascuna specie. Per questo motivo l’assenza della coscienza morale allontana l’uomo dall’umanità facendolo regredire, ineludibilmente, nella scala zoologica, ricacciandolo nel regno animale.
La progressiva eclissi dell’ethos, cui da circa un ventennio stiamo assistendo, sta oscurando i valori tradizionali del vivere insieme, e della nostra società, sta provocando una vasta crisi profonda ed estesa, una crisi che non è soltanto politica ed economica, ma soprattutto culturale e morale, al punto che ci ha fatto perdere la capacità di reagire davanti alle notizie e ai fatti sconvolgenti che tutti i giorni apprendiamo dai pochissimi mezzi d’informazione ancora non controllati dal potere politico.
Il Professore nel suo editoriale opera una rivoluzione copernicana in cui l’etica viene indicata come la causa del grave degrado in cui siamo precipitati, e addita come responsabili quanti credono in essa ed operano in coerenza con i suoi principi. Egli, mentre stigmatizza la morale e colpevolizza i moralisti, costruisce alibi ed assolve la politica e i politici che hanno distrutto i fondamenti della democrazia, che hanno calpestato ogni principio di etica individuale e sociale!
Mala tempora currunt, gli anni terribili del terrorismo sono passati alla storia come “gli anni di piombo”, questi anni, orfani di cultura e di etica, tristi per la democrazia, deprivati di ogni speranza per il futuro, forse passeranno alla storia come “gli anni di merda” …