Un attacco
frontale, deciso, violento, diffuso: un attacco che ha come bersaglio
gli immigrati, lo “straniero”, il “diverso”. A sferrarlo è
l’Italia, le sue istituzioni, i suoi mezzi di informazione, la
gente comune. Una politica irresponsabile, guidata dai capi del
putrido verminaio leghista-padano, con l’avallo consapevole dei
mass media, ha creato un clima di odio e di violenza che, complice la
sottocultura imperante nel nostro Paese, sta già partorendo vittime
e carnefici. La terribile vicenda del cittadino indiano bruciato vivo
alla stazione di Nettuno è solo l’ultimo episodio di una serie
infinita di atti di ignobile crudeltà a sfondo razziale che si
consumano quotidianamente in tutta Italia. I tre balordi laziali
protagonisti del rogo umano non possono essere considerati tre
ragazzi qualunque “condizionati” dall’alcol, dalla droga e
dalla noia, come una raffinata logica giustificazionista vuole farci
credere. Sono tre criminali, sono lo specchio di una società sempre
più degradata e degradante, in cui la totale assenza di valori e di
significati veri comincia a pesare sempre di più, producendo antichi
mostri come l’odio per ogni forma di diversità, di
differenziazione.
Il razzismo è l’unica parola che può fungere da
didascalia per atti come quelli di Nettuno. Non c’entra la droga,
nemmeno l’alcool, nemmeno la noia. Quelli sono solo motivi addotti
da chi spera di far passare il tentato omicidio a sfondo razziale per
una semplice bravata di tre giovani (29, 19 e 16 anni), in modo da
ottenere sostanziali sconti di pena. Ma è evidente che non è una
bravata, se si considera la premeditazione o il fatto che, dopo aver
dato fuoco all’indiano, i tre ragazzi si sono scambiati sms in cui
si mostravano fieri e orgogliosi di aver “fatto la festa” al
malcapitato. Eppure in Italia, oggi, si usa così. Si parla di
mancanza di educazione, di valori, ma lo si fa cercando di utilizzare
questa lacuna come mezzo per deresponsabilizzare i giovani, per
eliminare in loro qualsiasi logica di colpevolezza: sono vittime di
una società che altri hanno costruito, non loro.
È la stessa
identica logica delle famiglie che continuano a proteggere questi
potenziali assassini, ben capaci di pensare, ragionare, decidere
delle loro azioni. Come il giovane che a Roma, a Capodanno, durante
il Rave party organizzato dal Comune di Roma ha stuprato una ragazza,
per poi ottenere gli arresti domiciliari. Anche qui, si adduce la
giustificazione della droga e dei suoi devastanti effetti. Ad altri
criminali, i rumeni che hanno violentato la ragazza di Guidonia,
invece si assegna un trattamento differente, come se ci fosse
differenza tra chi commette uno degli atti più ignobili e crudeli
che l’uomo possa compiere. Una logica aberrante, che in televisione
passa in maniera subliminale. Nessuno può essere legittimato ad
usare violenza su qualcun altro, sia che si tratti di un italiano sia
che si tratti di uno straniero, allo stesso modo non si possono
accettare logiche di impunità basate sulla nazionalità.
Lo
stupratore è semplicemente un maschio, nella peggiore accezione del
termine, portatore di una logica patriarcale e machista
che produce la totale assenza di rispetto nei confronti delle donne.
Per tale ragione merita punizioni durissime, senza che si accetti
alcuna giustificazione. Perché niente giustifica l’orrore. Ma in
Italia ci si indigna di più se a commettere dei reati sono dei
criminali stranieri e la magistratura spesso segue questo principio.
Anche lo Stato fa altrettanto. Prendendo come pretesto l’orribile
fatto di Guidonia (e altri fatti su cui la stampa ha immediatamente e
scrupolosamente informato), il ministro Maroni, in rappresentanza del
governo e del popolo leghista, ha immediatamente annunciato
l’inasprimento della lotta ai clandestini, ignorando che gli autori
dei crimini clandestini non erano: “Per contrastare l’immigrazione
clandestina non bisogna essere buonisti ma cattivi, determinati, per
affermare il rigore della legge”. Con queste parole da Fuhrer, il
ministro ha vomitato tutto il suo odio, la sua bestiale fame
xenofoba, facendo esultare il volgo padano.
Così come se non
bastasse, in pochi giorni si assumono misure ulteriori che si
aggiungono ad una legge sull’immigrazione che già mostra tutta la
sua disumanità nei confronti di chi viene in questo maledetto Paese,
in quanto è una legge illegale che umilia i diritti umani e che
aumenta e favorisce la clandestinità, così da consegnare alle
imprese italiane (soprattutto nel nord e nel nord-est leghista) nuovi
schiavi da sfruttare a costi minimi e con un potere di ricatto
immenso. I numeri delle espulsioni sono finti, si basano solo sui
fogli di via, mentre poi in realtà nessuno lascia l’Italia e
continua a vivere nello sfruttamento e nel silenzio più assoluto. E
chi vuole mettersi in regola deve fare i conti con gli Uffici
Immigrazione delle questure italiane, che spesso si rendono
protagonisti di soprusi e di violazioni di legge gravissime.
A
rimetterci sono sempre loro, gli immigrati, che adesso vengono
sottoposti ad un sistema meschino di delazione, che ne mette a
rischio anche il diritto alla salute, riconosciuto dalla Costituzione
a tutti, anche ai non cittadini. Si tratta della norma nel decreto
sicurezza appena passato al Senato che prevede che il medico, nel
caso in cui un clandestino si presenti per delle cure, non rispetti
più l’anonimato (come è previsto dalla legge), bensì, una volta
curato il paziente, lo denunci all’autorità giudiziaria. Un
provvedimento che mette a repentaglio la salute di migliaia di
persone, costrette a soffrire e a privarsi delle cure mediche. A ciò
si aggiungano la tassa sul permesso di soggiorno (da 80 a 200 euro) e
l’istituzionalizzazione delle “ronde padane”, ossia eserciti di
stolti e bifolchi, animati solo da logiche di caccia e da sentimenti
di odio con cui si fregeranno del titolo di giustizieri della notte.
Accanto a queste ultime raccapriccianti misure di rimembranza
nazista, anche a livello locale c’è chi ha individuato nella
delazione un nuovo strumento di lotta all’immigrato: nel comune di
Turate (Milano), la giunta leghista ha predisposto un ufficio per le
delazioni (aperto per due ore, un giorno a settimana) in cui i
cittadini possono denunciare un presunto clandestino, sulla base
anche del semplice sospetto circa la clandestinità di un immigrato.
Non c’è più limite alla decenza. Siamo di fronte ad un degrado
razzista che attraversa l’intero territorio nazionale, ad ogni suo
livello.
C’è solo una parte della società italiana che si batte, protesta, combatte (spesso in silenzio) per fronteggiare il pugno di ferro di chi vuole riportare indietro la storia del mondo, con tutti i suoi orrori, con il carico di violenze e di umiliazioni che le sue vittime, gli ultimi di ogni epoca, hanno vissuto. Bisogna fermarli, bisogna fare vedere che in questa nazione di stolti c’è anche una faccia sana, colta, solidale e aperta. Come quella degli abitanti di Lampedusa che, con parole semplici e genuine, hanno manifestato solidarietà ai migranti imprigionati dentro il Cpt, denunciando ciò che avviene lì dentro, i soprusi, le privazioni, le umiliazioni a cui sono sottoposti. Una voce di speranza che viene dal Sud, dal centro di quel Mediterraneo, che da fonte di vita si è trasformato in luogo di morte, sotto il tramonto dei sogni di migliaia di anime venute da lontano.