Confesso di non essere tra i sostenitori totali di Roberto Saviano. Ne ho rispetto. Seguo con trepidazione la sua vicenda umana, nell’attesa che possano cessare del tutto le minacce nei suoi confronti da parte delle organizzazioni malavitose. Cosa che gli permetterebbe alla fine, un vivere normale, consono ad un giovane della sua età.
Quindi, in un contesto nazionale, appiattito sullo scrittore ed acritico, non mi sento di seguire la maggior parte degli Italiani nella convinzione cieca che Saviano sia una delle poche autorità morali rimaste nel nostro Paese, assurto ormai al ruolo di insostituibile “maitre à penser”. L’unico abilitato a dissertare intorno alle cose di Napoli e del Mezzogiorno.
Nell’affermare ciò, non solo vado controcorrente, ma dimostro di avere del fegato, io, pur cittadino normale ossequioso delle leggi e della Costituzione. Pienamente cosciente di essere minoranza assoluta e di incorrere quasi nel reato di lesa maestà.
Ma rimane corposo in me il dubbio che, riguardo a Saviano ed alla sua “Gomorra”, sia in atto una vera isteria collettiva, veicolata in modo sistematico ed ossessivo dalla stampa italiana.
Penso che tanta gloria dovrebbe essere ben ripartita tra lo scrittore in oggetto e tutti coloro, che già da anni, si sono occupati ed hanno denunciato il malaffare nelle plaghe meridionali. Purtroppo senza la risonanza e l’esaltazione attuali. Perché? Visto che trattasi degli stessi argomenti e che alcuni pezzi di “Gomorra” sono tratti o ispirati da altri autori. Forse è lo stile letterario del Saviano, che risulta essere dirompente ed ineguagliabile? Siamo nel campo della pura valenza stilistica o della supremazia etica e morale? Se trattasi in maniera preminente di quest’ultima cosa, anche ad altri vanno riconosciuti meriti a riguardo.
C’è da chiedersi anche se i media nostrani abbiano come fine precipuo la libertà di informazione a tutti i costi o se in alcuni casi abbiano la meglio interessi riconducibili ai grandi potentati economici proprietari dei più significativi quotidiani italiani.
Ha detto il Prefetto Pansa, in un’intervista al “Corriere del Mezzogiorno” di giorni fa che c’è il rischio concreto che Saviano diventi il marchio di Napoli. Ma l’irreparabile è già avvenuto, nell’indifferenza, nell’incuria e nella protervia verso un’intera collettività di uomini e donne. In un modo che poteva anche non essere ineluttabile, se solo fossero stati esplicitati i doverosi distinguo. A salvaguardia di una Napoli, parallela e molto più estesa, densa e significativa di “Gomorra”. La quale parte maggioritaria, pur consapevole ed in allarme per la propaggine malavitosa, vive in normalità, lavora, pensa e crea.
Questa Napoli normale, perennemente occultata al resto d’Italia, però non produce soldoni ed ascolti, né per l’editoria, né per i giornali, né per i “Talk show” televisivi. Tra l’altro un paese, oppresso in ogni zolla di terra del suo territorio da vizi più che da virtù, sente il bisogno improrogabile di una catarsi e di scaricare la propria angoscia di morte ed esistenziale su di un solo luogo ben individuato. E magari indicato da quegli stessi napoletani, che si piangono addosso, senza farci sapere che tipo di cittadini essi siano e quale sia il grado del loro impegno civile.
Saviano, in una pubblica manifestazione a Roma, ha affermato che sono più di dieci anni che il centro-sinistra al Sud è colluso con la malavita organizzata. Ma oltre a quanto in questi anni ci è stato fornito dalla cronaca giudiziaria, egli non aggiunge particolari e non fa nomi. Questa genericità nelle affermazioni dello scrittore, la sua certezza di potersi ormai permettere di dire tutto senza timore di contraddittorio, non recano contributi e a danno si aggiunge danno. Ecco Veltroni che coglie al balzo le suddette dichiarazioni ed offre a Saviano la direzione di una “scuola di legalità” nel Sud. Quest’ultimo è propenso ad accettare, se verranno allontanati dal PD tutti i corrotti. Veltroni accetta questo imput e dichiara che dal partito devono andar via i “capi-bastoni”. Anch’egli non fa nomi, lasciando l’interpetrazione del messaggio sibillino a supposizioni personali. Invece di chiarire e puntualizzare, in evidente omaggio allo stile “savianese”. Ma il segretario del PD ha attraversato tutti questi anni unitamente a tanti altri e non può dire, in simultanea al partito nuovo: “Sono nato oggi”.
Mai la politica, precisamente quella progressista, è stata così debole e deludente!
E’ evidente che una società imperfetta ed in affanno come la nostra attuale, non riesce a trovare in sé la forza autonoma e le risorse per produrre in proprio un vero, credibile progetto, riducendosi essa alla condizione di affidarsi di continuo al “simbolo vivente” del momento. Sia esso Saviano o lo stesso Berlusconi, entrambi messi su dalla solita e spropositata ansia e da una dichiarata impotenza.
Tutto appare avvilente e senza sbocco e riconduce al mio auspicio iniziale.
Vorrei iniziare il 2009 con l’auspicio che la politica possa dissuadere se stessa dalla continua suggestione mediatica e da dichiarazioni enfatiche e di effetto, di cui spesso non si valutano a fondo le contraddizioni, i limiti ed i pericoli