L’Italia va male. Le cifre della disoccupazione, della produzione, del deficit sono negative. Si attivano invece i bassi istinti della xenofobia. In compenso, per Berlusconi le cose vanno bene. Questo visibile contrasto dà la misura di un evidente degrado nazionale. Non soltanto economico, ma ugualmente politico. E, in fondo, morale. È una significativa coincidenza che nello stesso mercoledì scorso, mentre la stampa pubblicava la rinuncia di Walter Veltroni come capo del Partito Democratico, e quindi dell’opposizione, sui media compariva la notizia che un tribunale di Milano ha condannato l’avvocato britannico David Mills a quattro anni e sei mesi di carcere per aver accettato una mazzetta di 600.000 dollari allo scopo di prestare falsa testimonianza a favore di Berlusconi per atti commessi negli anni ’90.
Da una parte il Cavaliere assiste compiaciuto alla sostituzione del capo e conseguente tracollo del principale componente dell’opposizione, il Partito Democratico. Dall’altra, contempla, indenne, quanto l’avvocato Mills, che fu indotto a commetterlo mediante il pagamento sottobanco precedentemente fattogli dal Cavaliere , paghi con pena considerevole il suo delitto di falsa testimonianza [ndr.: e corruzione].
Dal muro di protezione il capo del governo partecipa come un tranquillo spettatore ai due eventi. Esce fortemente rafforzato nel suo potere per l’autodistruzione dell’opposizione parlamentare del centrosinistra. E vede un grave fatto giudiziario, nel quale dovrebbe rimanere coinvolto, risolversi senza danneggiarlo neppure minimamente. Nel primo caso, Berlusconi non ha avuto bisogno di muovere nemmeno un dito. È stato lo stesso capo del principale partito d’opposizione che gli ha servito su un vassoio la propria testa, come un san Giovanni Battista che si fosse decollato da sé per offrirla a Erode.
E neppure la condanna a carico di Mills lo sfiora, perché si prese cura molto tempo fa di fare approvare dal Parlamento una legge che concede l’impunità alle quattro più alte cariche dello Stato: il Presidente della Repubblica, il primo ministro e i presidenti di Camera e Senato.
Pochi giorni fa abbiamo finito di assistere allo spettacolo deplorevole di come il Capo del governo italiano ha manipolato indecorosamente il delicato caso di Eluana Englaro, la donna che si trovava da 17 anni in condizioni di coma irreversibile, assistita artificialmente. Berlusconi si intromise nel dibattito sulla legittimità di toglierle nutrizione e idratazione, per porre fine a una situazione totalmente patetica e in molti sensi disumana. Berlusconi lo fece mediante un decreto urgente che pretendeva passare sopra al criterio espresso chiaramente dal Tribunale Supremo, che stabiliva essere lecita l’interruzione dell’alimentazione forzata a Eluana. Pretendendo di conseguenza di privare di validità il veto frapposto dal presidente della Repubblica, Giorgio Napoletano, contro il decreto governativo. Si trattava di sfruttare a favore del Cavaliere il movimento emozionale contro l’eutanasia e di collocarsi al fianco della Gerarchi cattolica e vaticana. Era un giocare senza scrupoli con sentimenti e convinzioni di grande radicamento, con la prospettiva di ultima istanza di andare a una riforma costituzionale che riduca i poteri del Presidente della Repubblica e stabilisca un regime presidenziale nella persona del Capo dell’Esecutivo, naturalmente Silvio Berlusconi.
Il Cavaliere conseguirà o no questo risultato. Però per ora gli si apre la via verso la permanenza senza ostacoli nell’uso del potere. Il popolo italiano lo vota con maggioranza. Lo fece nelle elezioni generali dell’aprile 2008, nelle amministrative parziali del Friuli Venezia Giulia e Foggia e nelle municipali di Roma e Brescia; in Sicilia, Trento e negli Abruzzi; e ultimamente in Sardegna, causando le dimissioni di Walter Veltroni.
Che succede in Italia? Perché vi è questo favore elettorale verso colui che ha ammassato, Dio sa come, la maggiore ricchezza del Paese, il personaggio che è sfuggito in numerose occasioni alla giustizia, sottraendosi reiteratamente all’obbligo di dimostrare la propria innocenza, il provocatore, il disinvolto populista che maneggia la pubblica opinione servendosi della proprietà dei principali mezzi audiovisivi di comunicazione?
Evidentemente le divisioni e debolezze dell’opposizione sono clamorose. Il suo partito principale, attualmente il Partito Democratico, proviene, nel suo nucleo principale, dall’antico e potente Partito Comunista ed è passato attraverso un lungo e continuo processo di purificazione e metamorfosi con il successivo cambio di sigle, come se non trovasse una collocazione sicura, perdendo in ogni cambio molti dei suoi motivi di credibilità. Diverse correnti, eredi del grande Partito Comunista originario o provenienti dai resti di ciò che fu la Democrazia Cristiana (DC), costituiscono importanti gruppi di opposizione minoritaria e pure in perpetua discordia.
Tuttavia il motivo per il quale Berlusconi ha raccolto in definitiva i vantaggi dell’alluvione che seguì all’operazione giudiziaria Mani Pulite, di fatto il seppellimento di un regime, occorre cercarlo in qualcosa di più profondo, nella miscela generalizzata di scetticismo, cinico realismo e degrado progressivo di una scala di valori affidabili, in un’Italia che si sta trasformando nell’anello screditato dell’Unione Europea.
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Le dimissioni di Veltroni come capo dell’opposizione riconfermano sempre più Berlusconi nel godimento del potere
(traduzione dallo spagnolo di José F. Padova)