Il PD e il brivido caldo della piazza

di Daniela Gaudenzi - 27/10/2008
Alla fine la manifestazione che si annunciava come la più rimediata e la meno convinta degli ultimi decenni è diventata un grandioso e composito appuntamento in cui gli studenti ed il neonato movimento anti- gelmini hanno avuto un ruolo sia numericamente che tematicamente rilevante.

La spianata del Circo Massimo era piena di manifestanti composti, sereni, “riformisti” nel senso di aderenti e/o elettori del PD, ma non solo, e questo è un dato numerico incontestabile, dinanzi al quale le valutazioni paradossali di Cicchitto, per citare una delle voci più “autorevoli” del Cavaliere, che ha parlato di 300.000 persone ad un comizio, mentre ne contava due milione alla manifestazione berlusconiana del 2006 contro “il regime” di Prodi e Padoa Schioppa, fanno solo penosamente ridere.

Come le dichiarazioni supponenti e sprezzanti di un Berlusconi alquanto tirato che da Pechino parla di una opposizione che forse potrà diventare democratica tra una generazione, di una iniziativa inopportuna ed ininfluente su qualsiasi scelta del Governo, or più che mai determinato a tirare dritto per la sua strada.

Meno ridicole le accuse sul fatto che la manifestazione servisse ab origine, in primo luogo, a regolare i rapporti interni, rectius “gli interna corporis” (e questa volta all’ex studente modello dei salesiani gli è andata un po’ meglio che con il fantastico “simul stabunt, simul cadunt” di qualche tempo fa) di una opposizione parlamentare semi-inesistente dominata dalla lotta per bande nel cuore del PD, un partito creato dalle nomenclature e mai di fatto fondato.

Come ha dichiarato senza perifrasi Bettini, alter ego di Veltroni ed oggetto di una offensiva interna da parte di Fioroni e di molti notabili della Margherita determinati a scalzarlo, “della manifestazione c’è bisogno come il pane” e infatti Veltroni sapeva di dover far pesare internamente i numeri della sua piazza da contrapporre a quelli di Piazza Navona per garantire il suo ruolo contro l’offensiva del “nuovo asse” D’Alema, Marini, Rutelli.  

Il numero uno del PD, non a caso ha passato i giorni precedenti all’evento a marcare le distanze con quell’alleato infedele e reo di antiberlusconismo senza se e senza ma, troppo lontano dall’ “alfabeto democratico” del suo partito e a motivare elettori e simpatizzanti mentre uno stuolo non indifferente di “riformisti doc” si scavalcava nel concedere interviste ai giornali berlusconiani per dichiarare che comunque la manifestazione non sarebbe stata “antigovernativa” e che in un simile momento economico si doveva collaborare con il Governo.

I maggiori sponsor del buon esito, sotto il profilo della motivazione e delle adesioni, sono stati con assoluta evidenza Silvio Berlusconi ossessionato “dai facinorosi” e Maria Stella Gelmini, un ministro dell’Istruzione che per non essere inferiore al suo pigmalione politico e referente unico è anche rovinosamente scivolata in aula sull’ accento di un vocabolo al di sopra delle sue forze e di cui evidentemente non aveva avuto nozione prima della lettura in aula.

Insomma lei, con il suo concorso a Catanzaro, il suo eloquio non propriamente brillante, con i vocaboli storpiati, una che impone sotto il nome di riforma un concentrato di tagli concepiti in un altro gabinetto ministeriale e accusa l’opposizione di una campagna terroristica, una beata e arrogante ignoranza che supera qualsiasi caricatura. Lui che fa una conferenza stampa  in cui  tuona “ho dato istruzioni dettagliate al ministro dell’interno per mandare le forze dell’ordine nelle scuole” a dimostrazione che  “noi siamo il Governo della legalità” come aveva sintetizzato Bocchino e la conclude con la raccomandazione-avvertimento ai giornalisti presenti di portare i suoi saluti ai loro direttori e di riferire puntualmente le sue parole…  Poi il giorno dopo lui accusa la stampa in mano alla sinistra di averlo frainteso ancora una volta e lei inscena la farsa del “tavolo” al ministero con gli studenti, mentre avanza con il decreto.

Il contributo della coppia che per ignoranza, arroganza, protervia supera anche il duo Palin-Mccain e che purtroppo al momento non ha sulla sua strada nessun Obama,  al successo della manifestazione è stato innegabile e rilevante.

 

Che qualcosa possa veramente cambiare per quanto riguarda la volontà e la capacità di fare opposizione del PD dal 26 ottobre in poi, è speranza e aspettativa di molti tra i suoi elettori e tra quanti sono scesi in piazza, ma per ora sembrerebbe una possibilità ancora alquanto remota.

Di positivo nel discorso di Walter Veltroni c’è stata, almeno per un giorno, la fine della damnatio memoriae per quanto riguarda la politica economica di Romano Prodi e Padoa Schioppa leit motiv della campagna elettorale; la denuncia, anche questa “lievemente tardiva” della sottocultura del modello televisivo berlusconiano divenuto pensiero unico e modello dominante; la solidarietà, pressoché inevitabile a Roberto Saviano; il riconoscimento dell’autorevolezza di uno straordinario testimone di coerenza e limpidezza morale ed intellettuale come Vittorio Foa che peraltro non ha mai risparmiato critiche alla nomenclatura “riformista”, anche questo obbligato.

E’ mancata la definizione sic et sempliciter della situazione politica del paese, per evitare, dio non voglia, di essere tacciati di antiberlusconismo; è mancata la denuncia delle leggi ad personam che imperversano e proliferano e la difesa dell’autonomia della magistratura mai aggredita come in questo momento da iniziative di legge come “la riforma” della giustizia e la sostanziale abolizione delle intercettazioni, per evitare ovviamente di cadere nel “giustizialismo” ed entrare nel perimetro di Di Pietro; è mancato qualsiasi riferimento a conflitto di interessi, servizio pubblico, rapporto partiti informazione per non dovere inevitabilmente ricordare la catena ininterrotta di omissioni e di inciuci per il passato anche prossimo e la voglia irresistibile di scaricare l’attuale e qualsiasi candidato dipietrista  alla vigilanza” nell’immediato presente.

Se poi Veltroni pensava che con questi numeri avrebbe potuto mettere all’angolo una volta per tutte le istanze scomode portate avanti da Di Pietro, archiviare il Lodo Alfano in attesa della pronuncia della Consulta, silenziare “i giustizialisti”  che si frappongono all’agognata ammucchiata con Casini e/o i socialisti, il “suo popolo” con i sondaggi e ancor di più affollandosi in massa ai banchi per la raccolta di firme contro la legge salva-premier + 3, gli ha chiesto chiaramente di fare opposizione con chi la sta già facendo.

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