Italia dei valori (e delle incompatibilità)

di Pancho Pardi - Il Fatto Quotidiano - 05/01/2010
Non è sufficiente la rinuncia ai doppi incarichi ma bisogna individuare le numrose inconciliabilità: tra professione e incarico elettivo, tra soggetti di iniziativa politica e organi di controllo

Flores D’Arcais ha aperto sul Fatto una discussione utile. E’ inevitabile chiedersi che cosa possa fare IdV “per una nuova larghissima opposizione”.
L’idea dirompente di scioglimento nel crogiuolo sociale è motivata dalla necessità di un profondo processo rigeneratore dell’intera opposizione. Ma se il partito invitato a sciogliersi ritiene la palingenesi troppo rischiosa? La prossimità delle elezioni regionali favorisce quanto meno il rinvio della questione. E’ vero che chi considera il partito insufficiente dubiterà che possa crescere nel consenso elettorale. Ma al contrario si può porre la domanda: sciogliere il partito alla vigilia delle elezioni?
Ora il partito va al primo congresso della sua breve storia. E’ impossibile che affronti la scadenza con la programmazione dello scioglimento. Ma potrebbe adottare scelte che facciano capire senza ambiguità la direzione presa. IdV deve prendere atto che la sua debolezza nel voto amministrativo dipende dall’incapacità del partito locale di essere all’altezza della sua funzione nazionale. E la diffidenza dell’elettorato è oggi determinata assai più dai dubbi sulla natura interna del partito che dalle sue scelte programmatiche.
Per superare le diffidenze IdV dovrebbe considerare i circoli luoghi dove si eserciti il libero confronto con le molteplici istanze della società, come ha già scritto Di Pietro. Ma se saranno trattati come organi di partito i circoli sono già morti.
IdV dovrebbe fare passi decisi verso una maggiore trasparenza e democrazia della sua struttura. Vattimo ha difeso a spada tratta la leadership carismatica. Ma il carisma non si trasmette per via gerarchica. E il partito si avvantaggia di una struttura fluida fatta di persone competenti e responsabili ben più che di una struttura rigida incardinata su esecutori acritici. Il congresso dovrebbe fissare l’elezione di un organo dirigente collegiale e, per distinguere il futuro dal passato, togliere il nome del leader dal simbolo.
Nel partito si dovrebbe fare carriera non per anzianità ma per merito: aver svolto dignitosamente compiti organizzativi non dovrebbe costituire motivo automatico per candidature a incarichi elettivi. Nel futuro si potrebbe immaginare una prassi diversa dal tesseramento, che porta all’irrigidimento di piccole caste, a favore di una partecipazione sulla base della capacità promozionale. In questo senso anche i circoli, dall’esterno, potrebbero dare contributi costruttivi. Il volto che il partito mostrerà nelle elezioni regionali sarà decisivo: IdV deve proporre candidati di profonda competenza e affidabilità pubblica.
IdV dovrebbe porsi con maggiore decisione il tema delle incompatibilità. Non è sufficiente la rinuncia ai doppi incarichi ma è necessario individuare le numerose incompatibilità: tra professione e incarico elettivo (e anche incarichi di rilievo nel partito); tra soggetti di iniziativa politica e organi di controllo. Gli organi di garanzia (tipo collegio dei probiviri) non possono, a qualsiasi livello, essere scelti dall’autorità politica. Altrimenti l’autonomia del controllo va a farsi benedire.
IdV dovrebbe adottare l’anagrafe più trasparente degli eletti e dei propri esponenti di spicco: proprietà e fonti di reddito devono essere rese pubbliche. Alla fine della legislatura i cittadini devono poter verificare se l’eletto abbia tratto vantaggi indebiti dalla sua carica.
IdV dovrebbe impegnarsi a porre un proprio limite alla durata degli incarichi elettivi. Non so se la sola legislatura, indicata da Flores, sia un limite praticabile e utile ma, intanto, porre con rigore il limite delle due legislature sarebbe comunque un passo avanti. Va da sé che IdV dovrebbe puntare sempre a realizzare la parità di genere negli incarichi elettivi e direttivi.
C’è infine un punto su cui il giudizio dei cittadini, e in particolare quelli dei movimenti, sarà sempre più impietoso: essere parente o convivente stretto di un eletto non può essere condizione preferenziale per la candidatura. Qui semmai dovrebbe vigere il criterio opposto: proprio perché sei parente o convivente dell’eletto, e proprio per i valori sostenuti dal tuo partito, è bene che tu ti dedichi a qualche altra occupazione degna della tua capacità creativa.
Tutto ciò sarà prassi molto più modesta del Big Bang immaginato da Flores ma potrebbe essere un primo passo per costruire una nuova larghissima opposizione e uno strumento efficace per un’autentica alternativa di governo.

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