In questi giorni i quotidiani sono pieni di una notizia strabiliante: un trapianto di trachea su una donna colombiana di 30 anni, Claudia Castillo, che non avrà bisogno di farmaci antirigetto, grazie a una tecnica nuovissima. Infatti la trachea prelevata a un cadavere è stata “ripulita” da tutte le cellule epiteliali e immersa in una sostanza formata con cellule staminali autologhe, ovvero tratte dal midollo osseo e dall'epitelio respiratorio della stessa paziente (in termini tecnici detto "costrutto ingegnerizzato in vitro"), le quali hanno “tappezzato” la trachea donata, rendendola non solo compatibile, ma riconoscibile come propria dal corpo della trapiantata, che dunque non avrà crisi di rigetto, né dovrà assumere i farmaci immunosoppressori che lo scongiurano e che hanno molti orribili effetti collaterali. La notizia è stata riportata sulle maggiori riviste scientifiche, anche quelle online come The Lancet: il trapianto è avvenuto a giugno all'Hospital Clinic di Barcellona da un'equipe diretta dal professore Paolo Macchiarini, responsabile del servizio di Chirurgia toracica dell'ospedale, alla quale hanno preso parte specialisti del Politecnico di Milano e delle università di Padova e Bristol. Oggi, a cinque mesi di distanza, si può affermare con tranquillità che ogni pericolo è scongiurato e che la signora sta bene e ha ripreso una vita normale.
Questo evento straordinario è stato possibile, dicevamo, grazie a una collaborazione internazionale fra il chirurgo che ha inventato questa nuova tecnica: l’italiano, professor Paolo Macchiarini, e ben 4 équipe: la sua di Barcellona, due équipe mediche italiane (il gruppo di ricerca di Pier Paolo Parnigotto e di Mariateresa Conconi, del Dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell'Università di Padova, a cui si devono i preventivi studi sperimentali che hanno permesso di realizzare il "costrutto" e quello di Sara Montero, del Dipartimento di Bioingegneria del Politecnico di Milano), e una équipe inglese di Bristol.
Fino ad oggi i trapianti di trachea erano stati tentati solo in Francia, nell’ospedale Calmette di Lille, nell’ottobre del 2006, con una tecnica ben più complicata e invasiva: infatti la trachea veniva sostituita da un tratto di arteria aortica prelevata da un donatore e collocata in situ con una protesi di sostegno, un tubo interno di silicone, e una fasciatura esterna di muscoli dello stesso trapiantato, per rendere più solide le pareti dell’arteria. Nella équipe che aveva effettuato questi trapianti sperimentali, c’era anche un italiano il dottor Massimo Conti, laureato a Pavia ma poi emigrato a Lille. Il dottor Conti spiegava la tecnica chirurgica usata e rilevava con sorpresa che dopo un po’ di tempo le cellule dell’aorta trapiantata subivano dei mutamenti. «E' un fenomeno curioso — spiegava Conti — che è già stato osservato negli animali ed è allo studio, ma non ha ancora trovato una spiegazione. Probabilmente le cellule della trachea rimasta, forse cellule staminali, migrano e vanno a colonizzare l'aorta, trasformandosi in cartilagine, e contribuiscono a rendere rigida la parete».
Il salto di qualità di questo nuovo tipo di trapianto è sotto gli occhi di tutti: passi da gigante sono stati fatti e in due anni soltanto!
Dicevamo dunque che la notizia è già straordinaria di per sé, ma a noi stupisce anche che un italiano sia a capo di una sezione importante come la chirurgia toracica, in un ospedale Spagnolo. Nel senso che è uno straniero, ma gli viene riconosciuta bravura e competenza e viene premiata. Impensabile qua da noi! Al professor Macchiarini sono state fatte diverse interviste e lui ha risposto senza peli sulla lingua che è dovuto andare in Spagna perché qui gli hanno impedito di lavorare, di fare ricerca, di vincere un concorso. Sappiamo bene di cosa stiamo parlando! Anche l’altro italiano, Massimo Conti, è andato in Francia per poter fare la sua professione. Il problema del nepotismo dinastico nelle Università italiane è terribile e non verrà mai sradicato. Lo dico perché è vizio antico: perfino Enrico Fermi non riusciva a vincere un concorso e gli venivano preferiti personaggi che non gli legavano nemmeno le scarpe. Purtroppo non riuscì a vincerlo nemmeno a Cagliari, nella mia città, e me ne cruccio molto, anche perché gli fu preferito un personaggio che davvero non era alla sua altezza. Tutti quelli che hanno talento, capacità e voglia di fare ricerca debbono andarsene da questo paese, che fa tagli proprio su quello su cui dovrebbe investire: la ricerca, la cultura, il futuro e premia collusi e raccomandati, personaggi insignificanti e nullità scientifiche, clientes e parenti. E illude e truffa i giovani, gli studenti che avranno in tasca una laurea triennale non spendibile perché non considerata formativa e saranno obbligati a frequentare i due anni di specialistica, aumentando gli anni di permanenza all’Università, ma con risultati assolutamente inferiori sul piano della preparazione. E poi lo sbocco lavorativo sarà comunque il call centre, che ne fa degli schiavi precari a vita, senza diritti e senza futuro.
E ancora non abbiamo visto niente: vedrete che cosa diventerà l’Università quando si trasformerà in fondazioni private, che verranno finanziate a discrezione di commissioni speciali, che premieranno solo le eccellenze. Come no, e noi infatti ci crediamo! Immaginatevi il potere di queste commissioni e indovinate quali pressioni, quali ricatti per avere i soldi. E le disparità che si creeranno: le grandi università naturalmente avranno più “entrature” e dunque più soldi e potranno pagare stipendi più alti delle piccole università di provincia che diventeranno di “serie B”. Non si fatica a capire che razza di schifo diventerà, in futuro, la ricerca in questo paese, dato che verrà abolita la ricerca di base ( cioè quella “libera”) mentre verrà finanziata solo quella “finalizzata” ( cioè pagata da uno sponsor)! Quanta ipocrisia in questi termini! Per capirci meglio con un esempio chiaro: già adesso le case farmaceutiche non producono dei farmaci che sono stati scoperti dalla ricerca di base e che potrebbero curare malattie rarissime, perché non conviene loro economicamente produrli, figuriamoci quando saranno loro a finanziare ogni ricerca! Chi avrà una malattia rara dovrà emigrare o morire. E quanti se ne andranno a studiare all’estero, dove potranno imparare davvero e dove saranno certi che andranno avanti i migliori!
Come se non bastasse, oltre a tutto questo – che già sarebbe penalizzante al massimo - abbiamo anche una chiesa che vuol dire la sua su tutto, compreso quello che è lecito nella ricerca scientifica e quello che non lo è. Una chiesa che proibisce perfino la pillola e il profilattico, ma anche illogicamente la procreazione assistita. Una chiesa che straparla di tutela della vita, ma non distingue fra qualità della vita e dignità della persona, e prolungamento di una esistenza vegetativa. Che è contro il testamento biologico, l’utilizzo delle cellule staminali e via delirando, che vuole insegnare a tutti come devono vivere e cosa debbono pensare, anche ai laici, perché soffre di un delirio di onnipotenza, un peccato di superbia continuamente fomentato, però, dalla piaggeria di una politica codina e retrograda e che la usa per tenere in soggezione la gente semplice e poco colta.
Il nostro paese è nelle mani di una classe al potere avida e cinica, ottusa e bigotta, che ci vuole spogliare di tutto, anche del futuro, anche della speranza. Ma fino a quando staremo a guardare? Quousque tandem abutere patientia nostra?
Barbara Fois