L’ITALIA È RAZZISTA? SÌ, E CON TROPPI “PERÒ”...

di Massimiliano Perna – ilmegafono.org - 13/10/2008
L’opinione pubblica scopre soltanto adesso il razzismo di un popolo, quello italiano, che in tanti erroneamente definivano “brava gente”- L’Italia è crudele ma non vuole ammetterlo, per salvarsi dalla propria sporca coscienza

Quando intervistai, circa un anno fa, il giornalista Giovanni Maria Bellu, autore del libro inchiesta (“I fantasmi di Portopalo”) sul naufragio di Portopalo del Natale 1996, egli mi parlò del “norappero”, una figura molto diffusa in Italia, vale a dire colui che dice sempre “io non sono razzista, però...”. Una formula, cinque parole da utilizzare come preambolo ogniqualvolta si deve vomitare il proprio giudizio negativo sull’Altro, sullo straniero, sul diverso. Bellu ha coniato questo termine a conclusione di una sua ricerca, che lo ha portato a riscontrare un uso spropositato di questa particolare premessa nei discorsi degli italiani. E per averne conferma basta leggere i giornali, guardare la tv, andare nei forum, su Internet, parlare con la gente.

Tutta l’Italia è pervasa da un razzismo violento, fomentato da una sottocultura dominante che le istituzioni e i mass media stanno legittimando e consolidando. Da diversi anni, ormai, è emersa la natura razzista degli italiani: già negli anni ’90, con l’assassinio di Jerry Masslo a Villa Literno, ad opera di alcuni giovani balordi campani in cerca di adrenalina e soldi, è divenuto evidente quanto lo stereotipo “italiani brava gente” fosse falso e inadeguato. Da allora sono stati centinaia gli episodi di razzismo, violenza, sfruttamento costante nei confronti degli stranieri presenti nel nostro territorio nazionale.

La Lega Nord ha certamente contribuito, creando paure false percepite come reali, inasprendo i toni nei confronti di ogni diversità, ma non è l’unica responsabile. Tutta la classe politica è colpevole, così come i mezzi di comunicazione: anche quelli che mostrano maggiore sensibilità troppo spesso sbagliano, utilizzando un linguaggio scorretto, partendo da concetti che sono già marci nelle loro fondamenta. Ma l’italiano non deve usare le responsabilità di altri come giustificazioni al proprio modo di agire. L’ho già scritto e lo ripeto: siamo tutti colpevoli. La gente sta mostrando tutta la propria crudeltà, facendo emergere quanto di più bieco e ripugnante possa esistere nella propria anima. E le istituzioni, la politica, i media sono lo specchio di questa società malata di individualismo perbenista, di arrogante presunzione di superiorità e pulizia morale, di crudele avversione a tutto ciò che è Altro.

Personalmente mi occupo di immigrazione da alcuni anni, ho scritto spesso di vergognosi atti di razzismo, sono meridionale, quindi per me non è stato “sorprendente” scoprire che l’Italia possiede il virus del razzismo e della xenofobia. Lo ha sempre avuto. Solo che prima era diffuso di più al nord ed aveva per oggetto i meridionali “terroni”, oggi invece si è allargato in tutta Italia, arrivando fino a Lampedusa, il cui sindaco ha affermato che i neri “puzzano anche quando si lavano”, quella stessa Lampedusa che vanta una deputata nazionale eletta nella Lega Nord. Accade anche questo oggi in Italia.

Accade che una cittadina italiana di origine somala venga fermata all’aeroporto di Ciampino, umiliata, insultata, fatta spogliare nuda, ammanettata ad una barella, denunciata per resistenza a pubblico ufficiale solo perché si è rifiutata di subire un’ispezione rettale e vaginale senza che ad eseguirla fosse un medico. Nessun rispetto della procedura da parte della polizia, nessun verbale, solo il sospetto che trafficasse droga attraverso l’ingestione di ovuli. Dopo la decisione della donna, attraverso un’associazione, di denunciare l’accaduto, la polizia ha subito reagito con una denuncia per calunnia, oltre alla denuncia già esistente di resistenza a pubblico ufficiale.

Le forze dell’ordine si sono subito difese affermando che si trattasse di una donna con precedenti per droga: peccato che la signora Amina non sia stata mai processata o condannata per droga, visto che il suo unico “reato” è stato il possesso di foglie di qat, un erba officinale che in Somalia ed in altri paesi africani viene masticata, senza produrre un effetto stupefacente e senza creare dipendenza. Si tratta di un semplice eccitante, come può essere il caffè. Per creare un effetto realmente drogante bisognerebbe masticarne un chilo. Il qat tra l’altro era legale in Italia fino a due anni fa. Reazioni ambigue, insomma, da parte delle forze delle autorità di Ciampino, che andranno verificate. Intanto, però, il ministero dell’Interno ha annunciato di costituirsi come parte civile al processo, perché, come ha detto il ministro Maroni, “non si può permettere che si infanghi la polizia accusandola di comportamenti razzisti”. Incredibile.

Nemmeno nei processi di mafia, nemmeno in quelli veramente importanti, il ministero degli Interni si è costituito parte civile. Ma ormai in Italia la mafia e la camorra sono meno fastidiose degli immigrati. La gente vuole questo e la politica li accontenta: a mafia e camorra ci si è abituati, in fondo ci accompagnano da sempre con il loro carico di sangue e morte, mentre gli stranieri sono nuovi, danno fastidio, non ci si vuole abituare a loro. Così, lo Stato entra in un processo contro una cittadina italiana di pelle scura ritenendo l’accusa alla polizia più grave dei morti che la mafia ha fatto tra le forze dell’ordine. D’altronde, Maroni è lo stesso che ha dichiarato che “l’emergenza razzismo non c’è, ci sono solo episodi”. E a lui ha fatto eco il presidente del Senato, Schifani, che ha affermato che in Italia “il razzismo  non può esistere perché non è nel nostro Dna”.

Già, infatti non è razzismo malmenare a sangue, a Parma, un ragazzo di origine ghanese, studente, mentre passeggia in un parco in attesa di entrare a scuola, così come non è razzismo arrestare davanti a suo figlio un cittadino italiano di origine senegalese, a Milano, solo perché si ribella ad una multa chiedendo di poter fare entrare il figlio a scuola prima di formalizzare la sanzione. E non è razzismo picchiare e rompere il naso ad un cinese che aspetta l’autobus in strada, o lasciare una prostituta sdraiata per terra, mezza nuda, per ore in una cella senza mangiare né bere, oppure uccidere un ragazzino perché ha preso un biscotto senza pagare, insultandolo nel frattempo con epiteti razzisti (ma il sapiente magistrato ha escluso il carattere razzista dell’aggressione mortale...). Niente di tutto ciò.

Il sedicente quotidiano Il Giornale, diretto dal virile e colto Mario Giordano (colui che ha creato il primo telegiornale con più gossip e corpi nudi che notizie), ha parlato di “storie di razzismo immaginario”, affermando, in un articolo di tale Cristiano Gatti dal titolo “Il razzismo che non c’è. Quell’Italia xenofoba inventata dai giornali” , che  “è tutta una strategia della sinistra: sfruttare  ogni episodio di cronaca. Un calcolo utilitaristico  dell’opposizione: investire sul bonus  elettorale  degli immigrati quando voteranno”. Insomma, i soliti diabolici comunisti bolscevichi dalla mente perversa che, in quest’Italia che appare ogni giorno sempre più vogliosa di dare il voto agli immigrati, preparano già la campagna elettorale del futuro.

Questa è la stampa italiana, questa la politica, questa la gente. Ignoranti dai denti aguzzi, appassionati di gossip e pallone, pronti a violentare i deboli, baciando contemporaneamente il tricolore e il crocifisso, paurosi di tutto senza averne motivo, codardi di fronte a chi è più forte di loro, schifosamente servili e complici di una falsa democrazia che scricchiola, fagocitata da un sistema economico-politico marcio e perverso, che usa la propaganda antistranieri per coprire, con parole e proclami, misure che hanno l’unico scopo di fabbricare clandestini, da sfruttare a buon mercato (nelle campagne, nell’edilizia, nelle case degli anziani, nelle fabbriche, nei bar, nei ristoranti, ecc.), da intrappolare nel buio del non diritto, della non esistenza. Se qualcuno si ribella, come hanno fatto a Milano o a Castel Volturno, se qualcuno comincia a protestare, a denunciare, allora si cerca di screditarli, di farli passare per menzogneri o visionari, oppure per delinquenti.

Questa Italia non mi appartiene, quest’Italia che porge la schiena curva ai camorristi ed ai mafiosi, agli estorsori, e poi offre il pugno duro e chiuso a chi ha bisogno, a chi è senza diritti, a chi non ha un documento, a chi preleva un biscotto da una bottega. Razzismo, c’è solo una parola che accompagna gli italiani oggi, una parola che in tanti negano, allontanano da sé, per evitare di dare un significato ai loro gesti beceri e crudeli, per non essere etichettati, perché l’italiano di oggi, che sia un semplice cittadino o un vigile urbano, è fatto così: è protagonista di atti crudeli e disumani ma cerca sempre di mostrarsi limpido davanti all’occhio sociale. Un’ipocrisia che ha la puzza orrida della vigliaccheria propria di un’umanità ormai decomposta.

 

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