Alla fine in estrema analisi il primo dato che emerge da queste elezioni europee da cui Berlusconi voleva trarre l’unzione per mettere definitivamente sotto i piedi qualsiasi residuo di opposizione, di voce critica di controllo di legalità nei suoi confronti è che i suoi elettori hanno iniziato a mandarlo “a quel paìs” per usare la formula penosamente trionfalistica che inversamente ed erroneamente il direttore del Giornale Mario Giordano ha usato per salutare il trionfo che i numeri hanno impietosamente negato.
Nel delirio di onnipotenza e menzogna che anima come ventriloqui farneticanti le voci del padrone, anche la perdita di due punti percentuali in un anno da leoni, tra i miracoli realizzati di Napoli e di Alitalia e quelli in divenire dell’Aquila, viene spacciata come ulteriore traguardo del capo supremo aggredito dalla triangolazione infernale dell’offensiva giudiziaria, del gossip internazionale e della demonizzazione interna, sempre sotto la regia dei soliti mandanti comunisti.
Se il povero Giordano aggrappandosi come una cozza allo scoglio infido dei primissimi exit poll, cosa che non farebbe nemmeno un allievo del primo anno di una mediocre scuola di giornalismo, ha titolato che Silvio “li ha mandati tutti a quel paìs”, il pugnace La Russa ha commentato che solo le capacità sovraumane del presidente del Consigli gli hanno consentito di uscire tanto bene dal linciaggio mediatico mondiale orchestrato “gratta, gratta da qualche italiano” e che si è trattato dunque “di un miracolo di Silvio che anche sotto assedio ci ha fatto vincere”.
Ma in fondo se dopo i sondaggi amplificati che gli attribuivano il 45%, la sfida personale alle preferenze che avrebbero dovuto collocarlo al primo posto nelle storia repubblicana mentre è stato superato nel collegio del nord est dalla esordiente Serracchiani , gli annunciati quattro milioni di voti personali che si riducono a 2 milioni e settecentomila, Berlusconi e la sua fairy band sono soddisfatti per il risultato raggiunto, con l’informazione televisiva ridotta a zerbino “per il padrone di casa”, non c’è che da trarne rassicurazione e garanzia che, di delirio in delirio, l’impero berlusconiano sia prossimo ad implodere su se stesso.
Intanto c’è da registrare che, unico tra tutti i leader europei, nonché capo di Governo, che incredibilmente aveva trasformato in un referendum personale una votazione europea, mettendo addirittura il suo nome e la sua faccia, dopo la mezzanotte del giorno successivo alla chiusura dei seggi, non ha ancora rilasciato nessuna dichiarazione ufficiale, né tanto meno una conferenza stampa.
Un segnale evidente di enorme imbarazzo e difficoltà che contrasta con le analisi ottimistiche dei vari ministri portavoce, tanto più se si compone il mosaico complessivo dell’assetto governativo dove la Lega acquista una rappresentanza formidabile al Nord, mentre la Sicilia da cui sempre tante soddisfazioni erano venute fin dalla discesa in campo, diventa una provincia dell’impero molto problematica, con il caso Lombardo ed il dato tutt’altro che rassicurante dell’astensione.
Il quadro dell’opposizione poi, non offre nessun elemento di rassicurazione per mitigare il disappunto e la preoccupazione del sultano contrariato.
Il PD incredibilmente non si è disintegrato; l’innominabile Di Pietro, nonostante l’oscuramento e le campagne d’odio dell’informazione prezzolata ha raddoppiato i consensi ed elegge in Europa una pattuglia di irriducibili indipendenti, tra cui spicca l’affermazione strabiliante di Luigi De Magistris, con dei curricula da far tremare le vene e i polsi, di corrotti, corruttori ed affini; il Sud e l’amata Sicilia hanno espresso in modo inequivocabile una richiesta di legalità e di trasparenza che ha premiato oltre ogni previsione Rita Borsellino, Rosario Crocetta, Sonia Alfano.
Insomma uno spettro si aggira tra Italia ed Europa, quello della legalità e della lotta non retorica al trinomio inscindibile mafia- politica- affari.