Oltre il chiuso delle parole, per ritrovare il senso smarrito della democrazia
Se si rimane prigionieri nella strettoia del significato etimologico, essenziale delle parole, c’è la possibilità concreta di non percepire, nella giusta misura, la realtà intorno a noi.
Vorrei riferirmi in particolare ad un sostantivo quale “regime” ed un attributo quale “moderato”. Ma di termini e di aggettivi ce ne sono innumerevoli, soprattutto relativamente alle cose della politica, il cui senso insito si è trasformato. Per cui essi vengono spesso usati impropriamente, come si usa fare nel linguaggio corrente, senza troppi sofismi ed introspezioni. Con un risultato però, fallace.
L’appellativo “moderato” viene conferito a gruppi politici, associazioni e soggetti individuali, che, nella sostanza propongono ai cittadini e vivono loro stessi secondo un modello immune da eccessi ed improntato ad i migliori intenti di solidarietà.
Nel nostro Paese, il moderato per antonomasia è il cattolico praticante, che dovrebbe trasferire in politica il meglio della dottrina etica e sociale della Chiesa e provvedere alla promulgazione di leggi nell’interesse dell’intera collettività nazionale. Rifuggendo appunto da aperte manifestazioni di violenza verbale e fisica e praticando il confronto comunque e sempre.
Si dichiara moderato Berlusconi. Si dicono moderati gli eredi diretti dell’MSI e quindi di Salò, la stessa Lega Nord e l’onorevole Casini ed il suo raggruppamento UDC.
In quest’ottica sono ritenuti estremisti, quasi alle soglie dell’eversione, coloro che si rifanno ai valori fondanti della Repubblica italiana, quali la Resistenza, l’antifascismo e la Costituzione.
Che l’attuale Presidente del Consiglio ed i suoi alleati si sentano e vengano considerati moderati, secondo il significato antico della parola, è cosa che viene smentita di continuo e crudamente da fatti e misfatti: dal perdurare del conflitto di interessi alle leggi ad personam.
Si sostituisca dunque, l’incongruo ed inadatto “moderato” con “conservatore”, che pure insitamente è portatore, nel suddetto caso specifico, dell’aggravante del populismo televisivo del premier piduista, della derivazione fascista di AN e della xenofobia della Lega Nord.
Per quanto riguarda Casini e l’UDC, partito non particolarmente in linea con la questione morale, non so se segretario e formazione siano ancora in tempo per acquisire una rinnovata verginità politica, dopo quattordici anni di connubio ed organica alleanza con la destra.
Visto che il succitato schieramento “conservatore”, che governa il Paese, è stato eletto democraticamente e si fronteggia in Parlamento con le opposizioni, c’è da chiedersi se si è in presenza di un governo democratico, pur con qualche anomalia non di poco conto o di un regime, sotto le mentite spoglie democratiche.
Valutando anche il fatto che ad ogni governo Berlusconi è seguito il bene dell’alternanza, può apparire del tutto improprio parlare di regime. Così come rassicura da tempo Massimo D’Alema. Ed insistere di più sul regime, può avere il sapore di una forzatura e rivalsa di parte, di un ciarlare alla luna o addirittura di una iperbole bella e buona.
Eppure l’esponente democratico, politico di lungo corso, anni fa ha scritto un libro, “Un Paese normale”. Sostanzialmente esso era la formulazione dell’auspicio che l’Italia potesse rientrare dal “berlusconismo”, per immettersi nella condizione politica e di libertà, tipica delle altre nazioni europee, a guida sia progressista che conservatrice. E dove, aggiungo io nessun premier può essere in contemporanea Primo Ministro e proprietario di mezzi di comunicazione di massa. Cosa che di per sé azzera e fagocita del tutto il concetto di democrazia.
Tanto più che in tutti questi anni non si è riusciti a varare una legge che arginasse e regolamentasse al meglio l’enorme conflitto di interessi berlusconiano, secondo il dettato costituzionale. Con tale stato quo si accrescono a dismisura le disuguaglianze tra le varie forze politiche in campo, sempre a favore del premier e dei suoi alleati.
Viva il responso del popolo sovrano! Ma in quale misura, giornali, TV pubblica e commerciale, nelle disponibilità che il Presidente del Consiglio, hanno inciso sull’orientamento dei cittadini, dopando, alla fine, del tutto il risultato elettorale?
Se ci rifacciamo al significato antico ed impeccabile di “regime”, non possiamo applicare tale parola all’attuale governo. Perché “regime” evoca, per l’Italia, un tempo lontano e dolorosissimo.
Ma ecco che, a tal riguardo, arrivano le “rassicuranti” parole del ministro La Russa sulla Repubblica Sociale di Salò, precedute da quelle altrettanto precise e dirette del sindaco di Roma Alemanno, pronunciate addirittura a Gerusalemme. Per capire che c’è il rischio che i sintomi del fascismo, possano riimpiantarsi virulenti nell’humus fertile del nostro Paese. Se già non siano attecchiti più del consentito.
Un regime presunto, che si accorpa e si dilata nei non valori di un regime vero, appunto quello fascista, che ha rappresentato l’unica dittatura che abbia avuto l’Italia.
E’ il caso di cessare ogni elucubrazione sul giusto significato delle parole, perché, ragionando e ragionando, la realtà appare in tutta la sua crudezza. E non resta altro che o accettare supinamente lo stallo democratico ed accontentarsi del piccolo recinto dove Berlusconi ci relega ogni giorno di più, o combattere tutto ciò con forza, a viso aperto, lungo le linee guida della migliore tradizione pacifica e libertaria. In quanto non si può mediare o tergiversare sulle ragioni della democrazia ed accontentarsi della parvenza di essa. Alla quale sembra destinato il nostro sfortunato Paese.
Se si rimane prigionieri nella strettoia del significato etimologico, essenziale delle parole, c’è la possibilità concreta di non percepire, nella giusta misura, la realtà intorno a noi.
Vorrei riferirmi in particolare ad un sostantivo quale “regime” ed un attributo quale “moderato”. Ma di termini e di aggettivi ce ne sono innumerevoli, soprattutto relativamente alle cose della politica, il cui senso insito si è trasformato. Per cui essi vengono spesso usati impropriamente, come si usa fare nel linguaggio corrente, senza troppi sofismi ed introspezioni. Con un risultato però, fallace.
L’appellativo “moderato” viene conferito a gruppi politici, associazioni e soggetti individuali, che, nella sostanza propongono ai cittadini e vivono loro stessi secondo un modello immune da eccessi ed improntato ad i migliori intenti di solidarietà.
Nel nostro Paese, il moderato per antonomasia è il cattolico praticante, che dovrebbe trasferire in politica il meglio della dottrina etica e sociale della Chiesa e provvedere alla promulgazione di leggi nell’interesse dell’intera collettività nazionale. Rifuggendo appunto da aperte manifestazioni di violenza verbale e fisica e praticando il confronto comunque e sempre.
Si dichiara moderato Berlusconi. Si dicono moderati gli eredi diretti dell’MSI e quindi di Salò, la stessa Lega Nord e l’onorevole Casini ed il suo raggruppamento UDC.
In quest’ottica sono ritenuti estremisti, quasi alle soglie dell’eversione, coloro che si rifanno ai valori fondanti della Repubblica italiana, quali la Resistenza, l’antifascismo e la Costituzione.
Che l’attuale Presidente del Consiglio ed i suoi alleati si sentano e vengano considerati moderati, secondo il significato antico della parola, è cosa che viene smentita di continuo e crudamente da fatti e misfatti: dal perdurare del conflitto di interessi alle leggi ad personam.
Si sostituisca dunque, l’incongruo ed inadatto “moderato” con “conservatore”, che pure insitamente è portatore, nel suddetto caso specifico, dell’aggravante del populismo televisivo del premier piduista, della derivazione fascista di AN e della xenofobia della Lega Nord.
Per quanto riguarda Casini e l’UDC, partito non particolarmente in linea con la questione morale, non so se segretario e formazione siano ancora in tempo per acquisire una rinnovata verginità politica, dopo quattordici anni di connubio ed organica alleanza con la destra.
Visto che il succitato schieramento “conservatore”, che governa il Paese, è stato eletto democraticamente e si fronteggia in Parlamento con le opposizioni, c’è da chiedersi se si è in presenza di un governo democratico, pur con qualche anomalia non di poco conto o di un regime, sotto le mentite spoglie democratiche.
Valutando anche il fatto che ad ogni governo Berlusconi è seguito il bene dell’alternanza, può apparire del tutto improprio parlare di regime. Così come rassicura da tempo Massimo D’Alema. Ed insistere di più sul regime, può avere il sapore di una forzatura e rivalsa di parte, di un ciarlare alla luna o addirittura di una iperbole bella e buona.
Eppure l’esponente democratico, politico di lungo corso, anni fa ha scritto un libro, “Un Paese normale”. Sostanzialmente esso era la formulazione dell’auspicio che l’Italia potesse rientrare dal “berlusconismo”, per immettersi nella condizione politica e di libertà, tipica delle altre nazioni europee, a guida sia progressista che conservatrice. E dove, aggiungo io nessun premier può essere in contemporanea Primo Ministro e proprietario di mezzi di comunicazione di massa. Cosa che di per sé azzera e fagocita del tutto il concetto di democrazia.
Tanto più che in tutti questi anni non si è riusciti a varare una legge che arginasse e regolamentasse al meglio l’enorme conflitto di interessi berlusconiano, secondo il dettato costituzionale. Con tale stato quo si accrescono a dismisura le disuguaglianze tra le varie forze politiche in campo, sempre a favore del premier e dei suoi alleati.
Viva il responso del popolo sovrano! Ma in quale misura, giornali, TV pubblica e commerciale, nelle disponibilità che il Presidente del Consiglio, hanno inciso sull’orientamento dei cittadini, dopando, alla fine, del tutto il risultato elettorale?
Se ci rifacciamo al significato antico ed impeccabile di “regime”, non possiamo applicare tale parola all’attuale governo. Perché “regime” evoca, per l’Italia, un tempo lontano e dolorosissimo.
Ma ecco che, a tal riguardo, arrivano le “rassicuranti” parole del ministro La Russa sulla Repubblica Sociale di Salò, precedute da quelle altrettanto precise e dirette del sindaco di Roma Alemanno, pronunciate addirittura a Gerusalemme. Per capire che c’è il rischio che i sintomi del fascismo, possano riimpiantarsi virulenti nell’humus fertile del nostro Paese. Se già non siano attecchiti più del consentito.
Un regime presunto, che si accorpa e si dilata nei non valori di un regime vero, appunto quello fascista, che ha rappresentato l’unica dittatura che abbia avuto l’Italia.
E’ il caso di cessare ogni elucubrazione sul giusto significato delle parole, perché, ragionando e ragionando, la realtà appare in tutta la sua crudezza. E non resta altro che o accettare supinamente lo stallo democratico ed accontentarsi del piccolo recinto dove Berlusconi ci relega ogni giorno di più, o combattere tutto ciò con forza, a viso aperto, lungo le linee guida della migliore tradizione pacifica e libertaria. In quanto non si può mediare o tergiversare sulle ragioni della democrazia ed accontentarsi della parvenza di essa. Alla quale sembra destinato il nostro sfortunato Paese.