Un’altra giornalista uccisa in Russia. Si chiamava Natalia Estemirova, aveva 50 anni, una figlia adolescente e lavorava per Memorial, una Ong (organizzazione non governativa) russa per la difesa dei diritti umani. Natalia era una giornalista, come Anna Politkovskaia, come la giovanissima Anastasia Baburova, entrambe impegnate in una battaglia di verità e di informazione sulla Cecenia e sulla Russia di Putin, entrambe uccise da un potere cieco e violento. Nessuno può aprire bocca su certi argomenti, in Russia, a costo della sua vita: informare sta diventando pericoloso, molto pericoloso.
Due mattine fa alle 8 del mattino Natalia è uscita dalla sua casa a Grozny – la stessa città di Anastasia Baburova – ed è stata affiancata da una macchina da cui sono usciti degli individui che l’hanno portata via con la forza. Dei testimoni hanno visto tutta la scena del sequestro e gli uomini incappucciati che l’hanno rapita. Solo qualche ora dopo il suo corpo è stato trovato in un bosco, vicino alla città di Nazran, nella vicina Inguscezia: è stata uccisa con due colpi di pistola alla testa, come in una esecuzione.
Il suo corpo è stato trasferito dall’obitorio al “giardino dei giornalisti” a Grozny, dove è stata allestita una camera ardente, meta di colleghi, amici, parenti e militanti nell’ambito dei diritti umani. La salma poi è stata portata alla moschea dedicata ad Akhmat Kadyrov, il padre dell’attuale presidente della Cecenia, Ramzan. Prima del tramonto, secondo il rituale musulmano, è stata sepolta nel suo paese d’origine: Ichkoi-Yurt.
Ramzan Kadyrov, messo da Putin alla guida della Cecenia, oggi dichiara che gli assassini della Estamirova saranno puniti “non meritano pietà e non basta nemmeno la condanna all’ergastolo per un gesto così “inumano”. Peccato che chi si straccia le vesti sia proprio colui che Natalia accusava di abusi e crudeltà.
La Estamirova è la ventunesima giornalista uccisa dal marzo 2000. Da quando il Cremlino ha sospeso la legge antiterrorismo, tra gennaio e aprile, in Cecenia sono sparite 34 persone: 27 rilasciate, due uccise, due tutt’ora irreperibili e tre in cella. Mentre in tutto il 2008 sono stati contati 42 rapimenti. Sono dati che lasciano allibiti.
Erano anni che La Estamirova scriveva sulle torture e gli abusi in Cecenia. Recentemente aveva denunciato una esecuzione arbitraria e aveva - proprio per quella mattina che è stata uccisa - un appuntamento con una troupe della televisione francese, a cui avrebbe rilasciato una intervista.
Secondo i suoi colleghi del “Memorial”, tuttavia, l’assassinio della Estemirova non deve essere collegato soltanto a quella denuncia, ma a tutta quanta la sua attività di paladina della giustizia e dei diritti calpestati nella sua tormentata patria.
La sua attività è stata apprezzata sia a livello nazionale che internazionale, infatti ha collezionato numerosi riconoscimenti, fra cui la "Medaglia Robert Schuman" del parlamento europeo (2005), il premio "Right Livelihood" (il cosiddetto Nobel alternativo assegnato dal parlamento svedese, 2004) e poi, nel 2007, il Front Line Club di Londra le aveva assegnato la prima edizione del premio Anna Politkovskaia, istituito per insignire donne che si distinguono nella difesa dei diritti umani nelle zone di guerra, con il patrocinio di molti premi Nobel per la pace.
“La Cecenia è parte dell’Europa” aveva detto Natalia, in quella occasione, ritirando il premio “non potete dimenticarci”.Andrej Mironov, il decano del Memorial ( organizzazione che nel 2006 aveva ottenuto il premio per i diritti dell’uomo della Repubblica francese) dice con voce rotta dall’emozione “Era l’unico modo per fermarla, l’unico modo per farla stare zitta, lei che da anni conduceva le sue battaglie per i diritti in Cecenia. Mi ricordo che Natalia girava villaggio per villaggio per raccogliere testimonianze, registrare racconti…Non ci sono dubbi” – conclude – “Il suo assassinio si inserisce nel filone dei delitti politici commessi nella Federazione Russa negli ultimi anni”.
E nonostante tutto quello che dicono oggi il presidente della Cecenia Kadyrov e quello della Russia Medvedev sui colpevoli che vanno puniti, è proprio nelle alte sfere che vanno cercati i mandanti di questo e di tutti gli altri omicidi, compreso quello di Anna Politkoskaja, per il momento tutti impuniti.
Fare informazione oggi in Russia è diventato un azzardo mortale, dire la verità è proibito, la stampa è in gran parte asservita e imbavagliata. Ma non possiamo credere che tutto questo sia tanto lontano da noi, che non ci riguardi, solo perché le donne di cui si parla al momento nel nostro paese non sono Politkoskaia o Baburova o Estemirova, ma furbe e ciniche ragazzotte sculettanti, disposte a comprarsi una carriera quale che sia, offrendo la propria sapiente compagnia fisica.
Se continuiamo a farci distrarre, infatti, potrà succedere anche qui che si verifichi un tragico black out dell’informazione e della democrazia. I sintomi ci sono tutti: violenza, razzismo, ronde, abolizione delle intercettazioni telefoniche, leggi che proteggono la privacy dei potenti e continui attacchi alla stampa. Segni tangibili di questa deriva autoritaria sono chiaramente leggibili nelle esternazioni del cavaliere, sempre irritato con la stampa che non si inginocchia e gli lecca le scarpe, al punto da dire da Praga, l’aprile scorso:“ sono stufo!... non voglio arrivare a dire di fare azioni dirette e dure nei confronti di certi giornali e di certi protagonisti della stampa, però sono tentato perchè non si fa così...". al che Franco Siddi, segretario della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, aveva risposto fermamente “Qualsiasi minaccia del potere verso la stampa è inaccettabile". Più duro il presidente della Fnsi, Roberto Natale, aveva replicato nettamente: "Parole di inaudita gravità". Quando è scoppiato lo scandalo delle escorts e dei festini nella sua villa in Sardegna, gli attacchi del premier agli organi di informazione sono diventati ripetuti e frenetici. E poi dall’ambito dei gossip si sono estesi a qualsiasi tipo di informazione.
E solo qualche settimana fa, infatti, il cavaliere minacciava i giornali che parlavano realisticamente della crisi economica “Gli imprenditori devono minacciare i media di non dare più pubblicità perchè non diffondano la paura della crisi. E bisognerebbe chiudere la bocca a quegli organismi, anche internazionali, che continuano a diffondere dati di calo dell’economia anche di 5 punti….”.
Pensate ancora che esagero? Oh, certo, lo so: qui, per il momento, nessuno rischia la vita… o no? Forse è come la storiella della rana nella pentola: se la butti nell’acqua bollente scapperà via, ma se la metti in una pentola d’acqua fredda che pian piano diventa bollente, finirà lessa prima di accorgersene. Noi siamo quella rana: stiamo finendo bolliti senza accorgercene, e quando ne saremo consapevoli sarà ormai troppo tardi.