Questa volta è troppo e lei ha finito per cedere. Da anni aveva tutto sopportato, nella sua prigione dorata nei dintorni di Milano. Le amanti quasi ufficiali, le fiesta con le ninfette, le scopate con le «veline», queste ragazze ponpon dello schermo televisivo pronte a soddisfare tutti i capricci del principe. Vi si era rassegnata, tentando di proteggere i suoi tre figli dai «malefizi» dell’Orco. L’anno scorso aveva storto il naso davanti alle nomine al governo di numerose starlette della TV berlusconiana, tutte presunte amanti del Cavaliere. Ai suoi intimi confessava di essere disperata nel vedere il suo Paese trasformato in una fiera di piaceri, nella quale la libidine del padrone che avanza negli anni si libera senza ritegno. Lei aveva criticato a denti stretti questo nepotismo sessuale spudoratamente ostentato. E quel suo abbindolatore di marito, trasformato in Caligola erotomane.
Povera Italia, terra di Dante e Michelangelo, diventata Berluscoland, abbandonata a un don Giovanni patetico, sempre freneticamente di corsa dietro alla sua eterna giovinezza, a colpi d’iniezioni pelviche, d’impianti tricologici, di operazioni di chirurgia estetica, di sedute di trucco. Con quell’eterno sorriso ultrabrite, come una maschera di Scaramouche. Un Michael Jackson paracadutato in un teatro della Commedia dell’arte. Silvio il donnaiolo, che attinge dai «book» delle ragazze del suo impero televisivo la carne fresca utile per i suoi baccanali, mentre tiene a bada il suo cuore attrezzato di pacemaker e il suo cancro alla prostata. «Il birichino», il monello, è il soprannome che gli danno gli italiani, a malapena scioccati dalle sue scappatelle.
Quel 26 aprile per Veronica Lario il padre dei suoi figli commette nondimeno lo sbaglio supremo. Mentre sua figlia Barbara, incinta di sette mesi, viene ricoverata d’urgenza, lui dimentica di farle visita e preferisce passare diverse ore al compleanno di una sbarazzina, a Casoria, alla periferia di Napoli. Non si tratta più di cattivo gusto o di cafoneria, è provocazione. La signorina, Noemi Letizia, festeggia i suoi 18 anni in un ristorante popolare. Motivo ufficiale della presenza di Berlusconi: lui ha un amore smodato per questa famiglia modesta, «tanto italiana». Il Primo ministro, che Noemi chiama «Papi», paparino, pretende di seguire l’adolescente fin da quando aveva 14 anni. Sua madre sogna di farne un’attrice. A occhi chiusi lo ha confidato a Silvio l’impresario, l’uomo che fa e disfa le carriere delle bamboline catodiche.
Ciò che il Primo ministro non dice è che il padre di Noemi, Elio, è un giocatore incallito e ha debiti con la Camorra, la mafia napoletana. Zio Silvio paga sull’unghia. Perché una simile generosità? La risposta si ottiene in una sola parola: Noemi. Ogni volta che Berlusconi ha un momento libero la invita in uno dei suoi palazzi, in Sardegna a Villa Certosa, o a Roma a Palazzo Grazioli. Quando il 28 aprile il quotidiano di sinistra «la Repubblica» rivela l’insolito compleanno, Veronica Berlusconi esplode. Annuncia la sua intenzione di divorziare, parla di «malattia» di suo marito (v. l’articolo di Marcelle Padovani su l’«Observateur» dell’11 giugno), chiede agli amici politici del marito di «curarlo», addita quelle famiglie che «offrono vergini al drago». Dissotterrando l’ascia di guerra coniugale, Veronica apre un vaso di Pandora pieno di sesso e menzogne. In confronto lo scandalo ClintonLewinsky non è che una scintilla fra collegiali. Da allora le rivelazioni si moltiplicano.
La battaglia ingaggiata da Veronica Lario non è soltanto quella di una moglie ferita. La fortuna di suo marito, uno degli uomini più ricchi della Penisola, è valutata sugli 810 miliardi di euro. Egli è fra l’altro proprietario, attraverso Mediaste, di tre reti televisive private.
Noemi nuova firstlady?
L’ultima settimana di maggio «la Repubblica», in caccia su questo dossier, esce con un’informazione che semina panico nella guarnigione vicina al presidente del Consiglio: nel novembre 2008, durante un ricevimento organizzato per diversi Grandi della moda, Silvio Berlusconi ha quasi designato Noemi come la nuova firstlady. I convitati, imbarazzati, hanno creduto a una facezia del «fanfarone». Una di più. Ma quando compare l’articolo di «la Repubblica», gli avvocati di «Papi», proprio loro, percepiscono immediatamente il pericolo. «Il Boss» rischia di essere accusato di atti penalmente perseguibili a danno di minorenne. Scandalo assoluto. Tanto più che due giorni dopo le rivelazioni del quotidiano il fidanzato di Noemi, un giovane operaio di 22 anni, fa sapere, vendicativo, che la sua «ex» ha passato le feste di Capodanno nella residenza sarda, Villa Certosa. Ancora minorenne, era accompagnata da una amichetta, Roberta, anch’ella minorenne, e da numerose ragazze dalla reputazione più che dubbia, alcune delle quali sono state scelte da Berlusconi per figurare sulle liste elettorali del partito Popolo della Libertà alle elezioni europee. D’urgenza Berlusconi fa ritirare le «ragazze» dalle liste. Le showgirl rientrano nell’ombra. Una di loro la prende molto male.
Si chiama Patrizia D’Addario. Una bionda voluttuosa di 42 anni. Escortgirl di lusso, è andata a letto con Berlusconi a Palazzo Grazioli, il suo domicilio personale a Roma. L’uomo che le ha presentato il capo del governo italiano è un imprenditore della Puglia, specializzato nella fabbricazione di protesi. Giampaolo Tarantini, playboy di 34 anni, ha incontrato il suo amico Silvio in occasione delle fiesta in Sardegna, due anni prima. Da allora lo rifornisce regolarmente di «accompagnatrici».
Tarantini è anche sotto inchiesta della magistratura di Bari per un affare di corruzione nell’ambiente della sanità. Sembra interessare i giudici per la sua presenza in numerose società con base in Lussemburgo, a Londra e a Mosca. Quando apprende la sua estromissione dalla lista delle europee, Patrizia D’Addario fa tuoni e fulmini. Ma colui che lei chiama «tesoro» non risponde più alle sue chiamate. Il fanfarone l’ha umiliata. La sua vendetta sarà terribile. Perché la navigata dell’amore a tariffa, molto cauta, ha registrato la sua notte con lui, fino ai minimi dettagli. Ha anche inciso su nastro magnetico tutte le loro conversazioni telefoniche. Edificanti.
Mattina del 5 novembre: «Patrizia: Come mi hai fatto male, all’inizio, un dolore incredibile! Silvio: Fermati, non è vero. Patrizia: Si, te lo giuro, un dolore incredibile all’inizio». Più tardi: «Patrizia: Un giovane avrebbe goduto in un secondo. Sai, sarebbe venuto... hanno troppa pressione... Silvio: Di scatenare l’orgasmo. Patrizia: Sai da quanto tempo non ho fatto l’amore con qualcuno come l’ho fatto quella notte? È normale? Silvio: Se posso permettermi, dovresti cercare di godere anche da sola. Dovresti toccarti più spesso...».
Rischio di ricatti
È questo il genere di delizie che l’ escortgirl messa alla porta ha consegnato alla stampa. Soli, «la Repubblica» e «l’Espresso» pubblicano il contenuto dei torridi rapporti fra l’uomo di Stato e la puttana. Su questa traccia essi moltiplicano le rivelazioni sui «baccanali» di Villa Certosa, dove si vedono ragazze molto giovani recitare le geisha davanti a signori d’età avanzata. «El País» pubblica a sua volta una serie di scatti nei quali si scopre l’ex Primo ministro ceco, Mirek Topolanek, in costume adamitico vicino a vestali dai seni nudi! Il paparazzo all’origine dello scandalo, Antonello Zappadu, ha informatori dall’aeroporto di Olbia fino agli impiegati di Villa Certosa. Questo professionista del teleobiettivo pretende di aver scattato più di 5.000 fotografie dei party di zio Silvio. Di che compromettere un esercito di ministri ma anche di VIP stranieri, tutti persuasi che la proprietà del presidente del Consiglio, sotto sorveglianza dei servizi segreti, considerata zona militare, fosse ben protetta. Oggi Zappadu assicura di avere messo tutti questi documenti al sicuro in una cassaforte in Colombia. «Essi non hanno alcun valore giuridico, assesta Nicolò Ghedini, l’avvocato del Cavaliere e deputato del PDL. Tutto ciò che riguarda la vita privata non può essere utilizzato in giudizio». Salvo il caso che queste fotografie servano a un’inchiesta penale. Scalogna per Berlusconi, è il caso di dirlo.
Effettivamente a Bari i magistrati che seguono l’affare Tarantini – l’imprenditore è sospettato di aver organizzato una vasta rete di corruzione di funzionari dell’amministrazione sanitaria, ma anche di uomini politici, fino ai più alti livelli dello Stato – mettono le mani su tutto ciò che riguarda le sue attività. Essi non possono non trascurare il suo ruolo di procacciatore di dame di compagnia e accumulano registrazioni, foto, testimonianze, tutte una più esplosiva dell’altra. In particolare sono in possesso di una fotografia presa a Villa Certosa nella quale si vedono due giovani ragazze mentre sniffano tracce di cocaina davanti a un ilare Berlusconi.
Oggi l’Uomo che è sfuggito a quasi una ventina di inchieste giudiziarie sente l’onda d’urto dei colpi e tenta di soffocare lo scandalo. La stampa, scritta e televisiva, è sottoposta a una omertà (mafiosa) incredibile in una democrazia moderna. Soltanto il settimanale «Famiglia cristiana» e il quotidiano cattolico «Avvenire» danno il cambio a «la Repubblica»: perché nelle parrocchie la collera ribolle, certi vescovi vicini al papa fanno sapere che il debosciato spinge un po’ troppo lontano la sua comunella col Diavolo. E se il Vaticano abbandonasse colui che ha considerato fino a oggi il suo alleato? È la sola vera paura di Berlusconi. «Nell’attesa, l’opinione pubblica italiana continua a non sapere nulla di questo affare, insorge Ezio Mauro, direttore di «la Repubblica». Alla televisione neppure una parola. Berlusconi controlla tutto, i media, il Parlamento, lo Stato. La sua faccenda con la D’Addario tuttavia è un segno di grande debolezza, perché sarebbe potuto essere vittima del ricatto di un gruppo o di un’organizzazione straniera. Quella donna è penetrata in casa sua e ha registrato senza che i servizi di sicurezza se ne accorgessero. Avrebbe potuto essere armata, anche...». Con parole velate la piccola isola di stampa indipendente che in Italia resiste ancora tenta di fare passare un messaggio: Berlusconi l’invincibile è diventato terribilmente vulnerabile. Potrebbe anche essere caduto nelle mani di una mafia venuta dall’Est. Il suo desiderio morboso per le pinup l’avrebbe trascinato nella rete di un’organizzazione dagli interessi torbidi.
Nelle redazioni romane circola in questo momento una registrazione che rischia di aumentare ulteriormente lo scandalo. Due delle ministre «bamboline» di Berlusconi, già candidate per Miss Italia, Mara Carfagna, ministro delle Pari Opportunità, e Mariastella Gelmini, ministro dell’Educazione nazionale, s’interrogano a vicenda per sapere come «soddisfare» al meglio il Primo ministro. Parlano delle punture che lui deve farsi fare prima di ogni rapporto. Se questo «audio» uscisse sulla stampa, malgrado la censura, sarebbe devastante per l’immagine del Cavaliere. Mara Carfagna, amante quasi ufficiale in questi ultimi anni, aveva querelato Sabina Guzzanti, attrice e presentatrice televisiva, per aver osato dichiarare: «Non si ha il diritto di nominare una donna ministro per le Pari Opportunità per la semplice ragione che vi ha fatto un pompino». Suo padre, Paolo Guzzanti, senatore berlusconiano, era stato punito dal «Boss» per non aver biasimato sua figlia: gli aveva tolto le guardie del corpo. «Ma se ho dovuto dare le dimissioni dal partito, precisa Guzzanti, è anche perché ero in disaccordo con la deriva pro Russia di Berlusconi nella questione georgiana. Avevo trovato anormale la sua posizione».
La pista della cocaina
Sul filo delle rilevazioni, l’ipotesi di un’infiltrazione della mafia russa nel vertice dello Stato italiano prende consistenza. «Nelle feste di Villa Cerosa, Tarantini faceva venire barcate intere di ragazze dell’Est, russe e ucraine, sottolinea un poliziotto antimafia. Con loro c’è la droga, è sicuro. Si tratta delle medesime filiere...». A Bari, con la più grande discrezione, il procuratore Giuseppe Scelsi batte questa pista della cocaina. La sua equipe ha interrogato una ventina di ragazze, fra le quali una certa Sabina Beganovic, soprannominata «l’ape regina». Serve come procacciatrice a Giampaolo Tarantini ed è una delle cocchine di «Papi». Sabina si è fatta tatuare sulla caviglia «Silvio Berlusconi, l’incontro che ha cambiato la mia vita». Frequentatrice abituale di Villa Cerosa, ha visto sfilare ministri, giornalisti e uomini d’affari in quel bunker di lusso, con piscine, laghi, vulcano artificiale e anfiteatro greco, nel quale Berlusconi canta le sue romanze e impartisce corsi di geostrategia alle lolite in estasi. Lei conosce a memoria i rituali del luogo. Le consegne del silenzio imposto alle ragazze, i regali, sempre gli stessi, fatti dal sultano al suo harem, monili che lui pretende di aver disegnato personalmente, braccialetti a forma di tartarughina o di farfalla. Per le più carine si organizzano giri nelle boutique di lusso di Porto Rotondo, con acquisti limitati a un massimo di 5.000 euro.
L’«ape regina», che era a Villa Certosa contemporaneamente alla giovane Noemi Letizia, ha parlato molto con i magistrati. La ragazza venuta dall’est ha ricordato i viaggi di Tarantini a Mosca, dove è consulente di una società, Fisiokom, gigante delle forniture ospedaliere? I giudici giocano una partita difficile. Essi sanno di essere sorvegliati dalla coorte di avvocati di Berlusconi, l’uomo più potente e ricco d’Italia. Non devono commettere il benché minimo errore. Perché ormai lo scontro è inevitabile. Un giorno o l’altro si ritroveranno davanti colui che prende in giro la giustizia da più di quarant’anni.
In questa battaglia Berlusconi – che ha appena iniziato una «dieta» estiva e una «cura antistress» ha perso un atout prezioso: il suo amico e medico personale, Umberto Scapagnini. Questo specialista della longevità, che prediceva all’«Imperatore» centoventi anni di vita e pretendeva che avesse il metabolismo di un uomo di 35 ani, è appena stato vittima di un aneurisma e si trova in coma. Chi ormai veglierà sul regime alimentare di «Papi», a base di antiossidanti e di aminoacidi?