Sfogliando casualmente un vecchio numero di Famiglia Cristiana datato maggio 2008 ho trovato un pezzo che a distanza di quindici mesi e nel giorno delle dimissioni del direttore di Avvenire Dino Boffo risulta particolarmente significativo e inconsapevolmente “preveggente”.
Si intitolava “la politica dei tacchi alti del ‘Cavaliere galante’ ” che di lì a poco si sarebbe si sarebbe rivelato semplicemente il cavaliere puttaniere, frequentatore e utilizzatore finale, senza virgolette di escort e minorenni in cerca di autore, altrimenti e universalmente noto come papi nazionale.
Nella rubrica a firma di Franca Zambonini si legge tra l’altro “Il principe moderno Berlusconi è un cavalier galante che scrive bigliettini affettuosi, subito ricambiati, alla Carfagna e alla deputate Nunzia De Girolomo e Gabriella Giammanco; sussurra all’orecchio della veterana Prestigiacomo; saluta le altre dallo scranno più alto; e al governo-ombra, che reclama un ufficio in Parlamento, promette ‘una stanza vicino a una delle mie belle ministre’”. Poi notoriamente è arrivato il resto, ma le premesse del sultanato con tanto di parlamento-harem e di ministre- baiadere c’erano già tutte.
Bastava volerlo vedere e raccontare; Famiglia Cristiana ha cercato di farlo da subito e non solo sul fronte della decenza e della presentabilità, segnalando il rischio concreto di derive illiberali e la pratica metodica dell’ intimidazione dei poteri di controllo da parte del “moderno principe”; L’Avvenire di Dino Boffo l’ha fatto solo in extremis, sotto la spinta dell’indignazione del mondo cattolico e dei suoi lettori, con toni che definire soft fa un po’ sorridere, ma non è bastato a risparmiare la testa del suo “prudente” direttore.
Che cosa sia andato a fare Feltri al Giornale l’ha detto come sempre con chiarezza Marco Travaglio: per “picchiare” con il peso della sua pregressa esperienza e della “professionalità” acquisita sul campo in materia di linciaggio mediatico.
Basta ricordare la campagna diffamatoria contro Di Pietro ai tempi di Pacini Battaglia e delle strane indagini del Gico di Firenze con tanto di “tesoretto svizzero” nella disponibilità PM di Mani Pulite conclusa con un risarcimento per la diffamazione subita da Antonio Di Pietro che gli consentito di fondare il suo partito.
Per un lavoro del genere il povero Mario Giordano con la vocina fessa e modi da sagrestano attempato per velare una faziosità paragonabile solo a quella dell’insuperato Bondi, non bastava più; ci voleva lo “stile” inimitabile di giornalismo teppistico di quel signore abbigliato sempre old british quasi a compensare la sua repulsione per le più elementari regole del giornalismo tout court, anglosassone o meno.
Mentre un Berlusconi sempre più screditato e furioso si abbatte travolto da un delirio di onnipotenza proporzionale solo alla sua spropositata paura su Commissione Europea, giornali non ancora espugnati e quel che resta del cosiddetto servizio pubblico, il neo direttore del Giornale di famiglia, che peraltro è ritornato a casa senza mai essersene allontanato, cucina con i metodi che gli sono propri, quelli che ritiene, con acuto senso della professione, gli avversari di Berlusconi e dunque i suoi.
Il motto sottostante all’offensiva contro il troppo lungamente acquiescente Avvenire ed il suo “prudentissimo” direttore potrebbe essere “mors tua vita mea” tanto è cruento l’attacco programmato ed eseguito con stile semplicemente squadristico.
Viene riesumato un fatto, decisamente poco edificante, e risalente al 2002, su cui a voler essere obiettivi fino in fondo l’interessato, che nel 2004 viene condannato ad una ammenda di 516 euro per molestie telefoniche, non ha fatto piena e definitiva luce nemmeno nella sua articolata difesa uscita su Avvenire in data odierna e scritta dunque alla vigilia delle dimissioni.
Ma il punto ovviamente non è questo. Dino Boffo nell’ intervento che chiude la sua lunga direzione del giornale della Cei, precisa che la querela non fu contro di lui ma contro ignoti; che il cellulare era in uso nel suo ufficio e non suo personale; che c’è un'altra persona coinvolta; che non avrebbe mai patteggiato.
Secondo Il Giornale “la nota informativa” dove si parlerebbe di Boffo come noto omosessuale “attenzionato” dalla polizia di Stato “non è una lettera anonima o una patacca ma il contenuto del decreto penale”; secondo l’interessato si tratta di “un testo diffamatorio di incerta origine non redatto in sede giudiziaria e appiccicato alla missiva anonima”.
Quello che risulta di straordinaria evidenza e gravità più che allarmante è che sulla base di un decreto penale di condanna e/o di un patteggiamento, il giornale di famiglia del presidente del Consiglio attacca selvaggiamente, rintracciando o manipolando una cosiddetta “nota informativa” al momento senza paternità, per mettere fuori gioco e delegittimare l’organo della Cei, quando obtorto collo il suo direttore è costretto ad esprimere qualche timida parola di riprovazione su un’ ostentazione ripugnante di degrado morale da parte dell’uomo più potente del paese, nonché promotore del family day.
Sembra altrettanto chiaro che una simile operazione non possa essere improvvisata e che sia solo la declinazione di un metodo di sorveglianza e punizione dei presunti “avversari” politici che alligna solo in paesi che poco hanno a che fare con la democrazia e lo stato di diritto.
Ha fatto bene Dino Boffo a rassegnare con dignità le dimissioni; meglio avrebbe fatto a suo tempo a dare il giusto e circoscritto rilievo al fatto che l’aveva riguardato per depotenziarlo di qualsiasi valenza ricattatoria o punitiva; meglio ancora avrebbe fatto insieme a tanti colleghi che tengono famiglia e a tanti cattolici che antepongono gli interessi ai principi, a raccontare da subito con i fatti ai propri lettori chi è Silvio Berlusconi e come è nato il suo miracoloso partito, quando, prima molto prima delle escort e delle minorenni c’erano già gli stallieri, gli amici degli amici, i giudici a libro paga, i testimoni corrotti, la galassia dei fondi neri, gli avvocati delle “cause sporche” designati al ministero della giustizia, i diktat bulgari contro i soliti demonizzatori ….