Greta Thunberg è una ragazza di 16 anni che, dopo aver visto i boschi del suo Paese, la Svezia, bruciare per un’estate intera, ha deciso di reagire. Lo ha fatto perché in quel pezzo di nazione in fiamme vedeva il riflesso di un pianeta che, ogni giorno, subisce violenza. Greta ha agito come poteva, con un cartello e una protesta pacifica. Animata da qualcosa che noi adulti troppo spesso dimentichiamo: sensibilità e coscienza. Si è esposta, si è rivolta per prima ai giovani, ai suoi coetanei, perché sono loro che in futuro subiranno le conseguenze di una politica mondiale che, sul clima e sull’inquinamento, sta tornando indietro.
Fridays for Future è un movimento spontaneo, nato da gruppi di giovani che, come sempre accade nella storia, non si rassegnano a ciò che non va. Sono quei giovani dei quali lamentiamo spesso l’ignavia, l’abulia, l’indifferenza, e che invece ci mostrano un’altra faccia, vera, opposta, tangibile. Un toccasana per una società gerontocratica o politicamente segnata da giovani rampanti che molto spesso sono persino peggio degli anziani. Eppure Greta è diventata il bersaglio di una parte della società alla quale pacificamente si rivolge.
Giornalisti, politici, opinionisti, starlette tv, complottisti di ogni dove: tutti contro Greta. Chi rimprovera a lei e ai suoi compagni di battaglia che sarebbe meglio andare a scuola, chi la insulta e sogna di investirla con la macchina, chi la offende con un volgare e infantile gioco di parole sul suo nome, chi insinua trame politiche alle sue spalle o la definisce un prodotto voluto da qualcuno. Insomma, una parte del mondo che Greta chiede di salvare, si rivolta contro di lei. C’è chi minimizza le richieste che provengono da questo movimento, che ha la colpa di ricordarci che nessuna scuola e nessuna regola potranno valere in un futuro se non ci sarà il pianeta. Richieste spontanee che nascono da un sentimento di amore per l’ambiente che è cresciuto nel tempo tra la gente, ma che ha perso rappresentanza politica.
Il declino che i Verdi hanno conosciuto in tutta Europa (e in primis in Italia) ha creato un vuoto politico inversamente proporzionale alla crescita della sensibilità ambientale nella cittadinanza, soprattutto tra i più giovani. E il ruolo di associazioni locali o internazionali, di comitati spontanei di lotta, di organizzazioni mondiali ha fatto sì che i temi ambientali diventassero globali. Temi che la politica in parte ha trattato, facendo qualche passo avanti per poi, ultimamente, tornare indietro. Coloro che criticano Greta o il Fridays For Future si dividono in due categorie: quelli che sono anti-ambientalisti per ideologia o per interessi, e quelli che dicono di amare l’ambiente ma storcono il naso perché temono chissà cosa o perché sono più infastiditi da un giorno di scuola perso che da un disastro ambientale non evitato, e si mettono a fare i soloni a sproposito.
Come se nella storia del mondo le cause nobili non fossero passate da manifestazioni, scioperi, proteste e qualche giorno di scuola andato in malora. Molti dei critici, peraltro, sono gli stessi che nel loro quotidiano non si muovono, non partecipano, non si spendono per l’ambiente e per sanarne le ferite. Sono gli stessi che lasciano che il proprio territorio venga avvelenato da anni di inquinamento o che venga sottoposto a progetti di sviluppo che, in nome del profitto, sacrificano bellezza, natura, imprenditoria sostenibile, salute, futuro.
Sarebbe bello chiedere ai critici di Greta, a coloro i quali tirano in ballo questioni che con lei non c’entrano un bel niente e accusano una parte dei commentatori di dare troppo spazio a lei e poco ad altre vicende, cosa hanno fatto loro contro l’inquinamento e i veleni che uccidono migliaia di persone da anni. Sarebbe bello sapere come mai l’enfasi del loro malcontento verso una ragazzina di 16 anni, che dovremmo guardare con speranza e fiducia (e un po’ di vergogna e di autocritica), non l’abbiamo sentita nei confronti dell’llva di Taranto, dell’eternit del Monferrato, delle trivellazioni petrolifere programmate in mezza Italia, dei rifiuti tossici, dei tumori, dei morti, delle malformazioni e delle leucemie del quadrilatero industriale più grande d’Europa, ossia quello di Siracusa-Augusta-Priolo-Melilli (firma qui la petizione lanciata da Change.org).
Sarebbe molto bello sentire quali sono le risposte di chi oggi, con uno snobismo miserabile, minimizza la portata delle richieste di un gruppo di ragazzi di ogni parte del pianeta, ragazzi che pretendono quelle risposte da chi il pianeta lo sta svendendo ogni giorno in nome del denaro e di una visione del futuro suicida, basata sullo sfruttamento e su una prospettiva breve.
Sarebbe bello dialogare su un tema che ci riguarda tutti, ma attualmente non è facile, perché mentre Greta e tante altre persone che nel mondo si battono per l’ambiente avanzano proposte concrete, dall’altra parte si replica con gli insulti e i complottismi. Perché è l’unica maniera per cercare di nascondere o la propria inerzia o, peggio ancora, la propria responsabilità o la propria complicità.