Greta non abita in Emilia Romagna

di Sergio Caserta - Il Manifesto Bologna - 09/09/2019
l'interpretazione che la Regione dà della nuova legge urbanistica, permette di costruire ovunque, persino in collina pregiata con vicolo paesistico, contro ogni principio di sostenibilità ambientale e alla faccia della green economy tanto declamata anche dal nuovo Governo

Quando nel dicembre 2017, infine, dopo lungo e periglioso iter, si giunse al voto sulla nuova legge regionale urbanistica n.24, denominata “disciplina regionale sulla tutela e sull’uso del territorio”, la sinistra in consiglio regionale, AER, SI e Art1-LEU votò unitamente contro il provvedimento, insieme anche al M5S e ad altri gruppi, per cui la legge passò con il voto del solo PD detentore della maggioranza assoluta (a parte la benevola astensione di Forza Italia). Le ragioni di quel voto esposte in numerosi interventi e perfino in un libro, Consumo di luogo, scritto a più mani da una molteplicità di urbanisti, architetti, ingegneri, giuristi ed esponenti di movimenti ambientalisti, denunciavano come quella legge avrebbe consentito, la liberalizzazione di fatto di ogni possibile edificazione, mediante il riconoscimento ai privati costruttori della titolarità di avanzare proposte che assumevano prevalenza su ogni altra deliberazione e pianificazione precedente.

Una delega in bianco e l’annullamento di fatto di ogni prerogativa per gli enti locali di contestare le pretese di chi voleva trasformare ogni suolo, a suo piacimento, in edificabile. La giunta corse ai ripari facendosi firmare un attestato di condivisione della legge dai sindaci dei capoluoghi di provincia, analogamente fecero gli stakeolders imprenditoriali e sindacali, ma ciò non riuscì a nascondere il “colpo politico subito” di una legge così importante approvata con l’opposizione di tutto il consiglio regionale non PD.

Fummo facili profeti: dopo poco tempo sono cominciate a fiorire notizie da tutto il territorio regionale di interventi di espansione edilizia in aree verdi, perfino sottoposte a vincolo paesaggistico, sulla base di mere richieste di parte, a fini di pura speculazione edilizia.
Cominciamo a discutere del clamoroso caso Crif, poi affronteremo anche gli altri.

La Crif, rinomata azienda nel settore dei servizi alla finanza, ha una sede di rappresentanza prestigiosa Palazzo di Varignana a Castel San Pietro, edificata in fasi successive in una zona collinare di prestigio, sottoposta a vincoli ambientali che sono stati già impropriamente disattesi. Ora la società pretende di potere edificare ulteriori 6.000 mq per uffici e attività ricettive, sempre nella stessa zona collinare sottoposta a vincolo nonostante l’Arpa abbia già espresso nel giugno scorso parere (vincolante) negativo.

Ora da voci ricorrenti sembra che questo parere che blocca di fatto l’edificazione, sarebbe in corso di modifica sulla base della presentazione di ulteriori documentazioni assolutamente pretestuose, in una prossima conferenza di servizio ma soprattutto di “forti pressioni politiche”. Ed ecco provato che la pessima legge regionale rende tutto possibile, tutto flessibile, tutto modificabile: il più grave attacco all’autonomia dell’agenzia di valutazione ambientale che sia stato mai condotto.

in Emilia Romagna, secondo la buona vecchia tradizione, si costruisce in zone industriali, artigianali, zone attrezzate per servizi ambientali e di mobilità. zone con servizi per i lavoratori e per le imprese. zone con servizi di acquedotti, fogne, energia, trattamento rifiuti speciali e differenziati. ora purtroppo la nuova legge urbanistica liberalizza e la interpretazione che ne dà la Regione permette di costruire ovunque, persino in collina pregiata con vicolo paesistico, contro ogni principio di sostenibilità ambientale e alla faccia della green economy tanto declamata anche dal nuovo Governo.

Nonostante gli evidenziati limiti la legge regionale pone alcune condizioni essenziali per concedere permessi, il paradosso che non s’intendono rispettare nemmeno questi vincoli, evidenziati negli articoli seguenti:

  • art. 1 comma 2 lettera a) fissa principi generali mai considerati nella pratica: contenere il consumo di suolo quale bene comune e risorsa non rinnovabile che esplica funzioni e produce servizi ecosistemici, anche in funzione della prevenzione e della mitigazione degli eventi di dissesto idrogeologico e delle strategie di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici;
  • art. 5 Contenimento del consumo di suolo 1. La Regione Emilia‐Romagna, in coerenza con gli articoli 9, 44 e 117 della Costituzione e con i principi desumibili dagli articoli 11 e 191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, assume l’obiettivo del consumo di suolo a saldo zero da raggiungere entro il 2050 … 2. Nel rispetto dei limiti quantitativi di cui all’articolo 6, il consumo di suolo è consentito esclusivamente per opere pubbliche e opere qualificate dalla normativa vigente di interesse pubblico …, nei soli casi in cui non esistano ragionevoli alternative consistenti nel riuso di aree già urbanizzate e nella rigenerazione delle stesse. A tale scopo, nell’ambito della valutazione di sostenibilità ambientale e territoriale dei piani, degli accordi operativi e dei piani attuativi di iniziativa pubblica sono necessariamente considerate le alternative localizzative che non comportino consumo del suolo. 4. In ogni caso, i nuovi insediamenti al di fuori del territorio urbanizzato non devono accrescere la dispersione insediativa, individuando soluzioni localizzative contigue a insediamenti esistenti o convenzionati e funzionali alla riqualificazione del disegno dei margini urbani e al rafforzamento dell’armatura territoriale esistente.

Infine c’è una domanda che va posta all’assessore Donini. Com’è possibile applicare una procedura speciale prevista dalla legge (art. 53) solo per l’ampliamento di aziende esistenti, ad un procedimento, come quello della Crif, in cui si propone una variante ad un piano particolareggiato in cui non è insediata alcuna azienda? Mi sembra una forzatura di legge che va oltre il consentito.

Crif possiede, tra numerosi altri, un terreno a Osteria grande (pochi chilometri da Varignana) che è in zona urbana industriale in piano particolareggiato già approvato, servita sia dal trasporto pubblico che da quello ferroviario. l’altro terreno a Varignana invece è in zona agricola collinare con vincolo paesaggistico. L’operazione (finalizzata a far risultare forzosamente il saldo zero di consumo di suolo) è di trasferire 5.000 mq di su da Osteria grande a Varignana. ma proprio a questo comma la legge dice che la Vas ( Valutazione Ambientale Strategica) deve valutare le alternative, la Vas di Arpae ha detto proprio che l’area di Osteria grande è sicuramente molto più sostenibile di quella di Varignana. Allora perché insistere per costruire a Varignana sul crinale di una collina dove oltre all’alterazione del paesaggio si compromette seriamente il deflusso delle acque e l’assetto idrogeologico.

Si inizi da subito a dimostrare che si vuole cambiare passo. si rispetti il parere negativo di Arpae interrompendo le pressioni politiche che sta ricevendo e si permetta alla Crif di espandersi nel più corretto luogo di Osteria grande, rispettando così il vincolo paesaggistico di Varignana”.

Al contrario, se questi procedimenti saranno approvati, si potrà costruire ovunque, in totale controtendenza rispetto alle battaglie ambientali energetiche, trasportistiche. alla faccia di Greta e di tutte le generazioni a cui stiamo raccontando che siamo per l’ambiente.

Ecco perché questa pessima legge urbanistica andrà radicalmente ripensata e riscritta nella prossima legislatura, se le forze che hanno a cuore veramente lo stop al consumo di suolo e la difesa ambientale, non vogliono lasciare alla speculazione la distruzione del territorio.

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