L’allarme sul clima lanciato da autorevoli sedi internazionali, a partire dall’IPCC, è fondato. La guerra in Ucraina, seguita all’aggressione voluta da Putin, ha cambiato radicalmente in pochi mesi l’impegno sul clima. E’ concreto il pericolo di arrivare già entro il 2026 ad un aumento della temperatura del pianeta di 1,5 gradi, esattamente il limite considerato insuperabile nel 2050 dal G 20 e dalla Cop 26 di Glasgow, svoltesi nello scorso autunno.
Mentre nell’autunno scorso dominava l’obiettivo di coordinare tutti i paesi del pianeta per contrastare il cambiamento climatico e contenere l’aumento della temperatura entro il limite massimo di 1,5 gradi, oggi la guerra domina la scena. In Europa l’accento è sul riarmo, mentre le distruzioni hanno conseguenze irreversibili sull’ambiente e sul clima.
Cooperazione e coordinamento per affrontare il cambiamento climatico lasciano il posto alla rottura tra stati, alla guerra.
Il pianeta è più piccolo, il clima è a rischio per tutti, le risorse sono destinate alla guerra anziché alla conversione ecologica, superando le fonti fossili.
Basta fare i conti. I fondi del PNRR arrivati e in arrivodall’Europa sono pesantemente erosi dall’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime. Aumenti che stanno mettendo sotto stress le condizioni economiche e sociali, in particolare delle fasce più deboli della società.
Ne è prova la successione di decreti che intervengono per sostenere le persone e le imprese, impegnando risorse imponenti, compreso l’ultimo decreto approvato che vale 15 miliardi di euro che con quelli precedenti arrivano a un totale di 30 miliardi. Purtroppo è una rincorsa, pur obbligata, destinata ad avere il fiato corto, per la pervasività e la diffusione dell’inflazione sotto la spinta degli irrisolti problemi dell’energia, aggravati dalla guerra in Ucraina.
Occorre un sistema organico di controllo dei prezzi che limiti gli effetti dell’inflazione e blocchi la diffusa rincorsa al rialzo. Il rapporto tra domanda e offerta non è in grado di controllare l’aumento di prezzi. Cingolani in parlamento ha raccolto una proposta, anche nostra, riproponendo un limite europeo al prezzo del gas e di calcolare le tariffe elettriche sulla base della fonte produttiva, rendendo così evidente che le fonti fossili sono più inquinanti e meno convenienti.
Il Governo dovrebbe, di fronte ad un cambio di fase come questo proporre al paese le scelte che dovrebbero consentire all’Italia di emanciparsi dalla dipendenza da tutto il gas, non solo da quello russo nel breve periodo e soprattutto scegliendo strategicamente le energie rinnovabili: acqua, vento, sole, biomasse, produzione associata di idrogeno per arrivare a tappe forzate all’autosufficienza energetica, anche con misure straordinarie di finanziamento pubblico degli investimenti privati..
L’autosufficienza non riguarda solo la produzione di energia ma anche la produzione delle strutture nel FTV, nell’eolico che possono costituire nuovi sbocchi per settori tradizionali di produzione che a loro volta debbono cambiare prospettiva.
E’ indispensabile un aggiornamento delle scelte del PNRR, che vanno concentrate sugli obiettivi più urgenti, incentivando l’uso delle risorse private interne e degli investimenti internazionali nei settori più avanzati.
Il Governo deve presentare al più presto un progetto quadro energia/clima che punti alla transizione più rapida possibile, alla piena autonomia delle fonti energetiche centrata sulle rinnovabili, alla costruzione e allo sviluppo di settori produttivi che realizzino una larga autonomia dei mezzi necessari per la transizione ecologica dell’economia.
Per questo chiediamo al Governo di convocareuna conferenza nazionale sull’energia e sullo sviluppo dei settori collegati entro giugno per verificare le scelte fatte e indicare con forza le innovazioni indispensabili per uscire dall’attuale impasse. Le semplificazioni previste dai recenti decreti rischiano di ripercorrere le semplificazioni già tentate, che si sono dimostrate non efficaci, per accelerare i tempi di attuazione. Occorre un confronto ampio e generale con i settori produttivi, con i sindacati, con Università e ricerca, coinvolgendo le istituzioni locali a partire dalle Regioni per puntare ai settori più innovativi in materia energetica e produttiva per realizzare la svolta di cui c’è assoluto bisogno.
Rigassificatori e approvvigionamenti sostitutivi conseguenti alla guerra rischiano di non garantire che i prossimi inverni non siano al freddo e in carenza di energia e per di più a costi altissimi.
Esiste il rischio concreto che il Governo e la maggioranza si trovino nell’impossibilità di governare i processi che sono stati accelerati in modo impressionante dalle conseguenze prima della pandemia e poi della guerra.
La società italiana non è in grado dopo anni difficili, tra cui pandemia e guerra, di assorbire un ulteriore arretramento economico e dell’occupazione, che potrebbero portare a convulsioni sociali incontrollabili, mentre l’Europa ancora non ha chiarito come affrontare i contraccolpi del Covid e della guerra.
La conferenza energia/clima, convocata dal Governo a tambur battente, è indispensabile per dare al nostro paese la dimensione dell’impegno straordinario che è necessario per affrontare una crisi epocale che riguarda clima, società, economia.
Nella consapevolezza che a fronte dell’accelerazione della crisi climatica provocata dalla guerra - il già ricordato “non c’è più tempo” - fissare gli obiettivi al 2050 è del tutto inadeguato. Politiche ed interventi vanno commisurati al 2025 che Next Generation EU ha fissato come prima verifica con l’indicazione che almeno il 40% degli obiettivi energia/clima sia realizzato entro quella data.
Ne siamo ben lontani. Per di più con il rischio che nei prossimi anni vengano a mancare all’Italia le risorse energetiche necessarie, che le energie rinnovabili potrebbero garantire.
Mario Agostinelli, Alfiero Grandi, Jacopo Ricci, Massimo Scalia