Chi l’avrebbe detto, solo pochi mesi fa, che il Movimento 5 Stelle avrebbe organizzato la più colossale operazione di green washing a favore del governo più di sistema della storia della Repubblica? Le grisaglie cementizie degli ottimati guidati da Mario Draghi si sono prestati, tra il compiaciuto e l’imbarazzato, alla mascherata verde che, nel Giovedì Grasso del 2021, ha aperto le strade alla loro restaurazione.
Il cavallo di Troia, questa volta, si chiama Ministero della Transizione Ecologica. Tirato fuori dal cappello a favore delle urne di Rousseau: la più populista delle nascite per il più oligarchico dei governi. Non sarà un ministero nuovo, come per esempio lo vorrebbe un’Anna Geese, europarlamentare verde che giustamente dice che, per essere credibile, dovrebbe essere composto per metà da donne, a tutti i livelli. No, sarà la somma di Ambiente e politiche dell’energia. Anche solo per la banale ragione che non ci sarà il tempo di pensarlo, di progettarlo, di costruirlo: questo governo durerà probabilmente un solo anno, perché Draghi ascenderà (almeno nelle intenzioni) al Quirinale nel febbraio 2022. E in un tempo così breve l’unico lavoro di un simile ministero-per-addizione sarà quello, organizzativo, su se stesso. Mentre il dinosauro leghista Giorgetti presidierà lo Sviluppo (Non Ecologico), vanificando ogni sforzo.
Ma ci sono ragioni più profonde per non credere che questo governicchio imbarazzante sia il più verde di sempre. Ragioni culturali: Draghi non crede affatto alla decrescita, ma anzi nell’ “imperativo assoluto della crescita”. Lo ha detto al meeting di CL a Rimini solo sette mesi fa, aggiungendo che questa crescita deve avvenire “nel rispetto dell’ambiente”. La gerarchia è molto chiara, più chiara ancora è la retorica: quella dello “sviluppo sostenibile”. Un concetto che è servito a introdurre le fonti di energia rinnovabile, a recuperare parte dei materiali prima avviati agli inceneritori, a ridurre il consumo di plastica: tutto necessario. Ma è servito anche a far credere che fosse sufficiente: una menzogna che può esserci fatale, perché se non mettiamo radicalmente in discussione l’idea di una produzione lanciata in una crescita infinita, quelle misure saranno forse capaci di rallentare il collasso finale, non certo di evitarlo. Il punto, dunque, non è immaginare come perpetuare ancora un po’ nel futuro (per le generazioni prossime: forse due o tre prima della catastrofe finale?) il paradigma basato sullo sviluppo. Il punto è cambiarlo: se il pianeta e le sue risorse sono finiti, il consumo di queste risorse non può essere infinito: non possiamo produrre più anidride carbonica di quanta la fotosintesi delle piante non riesca a trasformare in ossigeno. Occorre un’idea di economia che non sia fondata sullo sviluppo inteso come produzione e consumo di merci in costante e infinita crescita. Anzi, un’economia che sia capace di ridurre, diminuire, decrescere: esattamente il contrario dell’imperativo assoluto di Draghi.
E poi ci sono le ragioni politiche: quale partito della maggioranza crede davvero in questa “transizione ecologica”? Il Pd che chiede a gran voce di sbloccare i cantieri, Italia Viva che ha aperto la crisi al grido di “vogliamo il Ponte sullo Stretto!”, la Lega che è uscita dalle consultazioni di Draghi rivendicando il “diritto a scavare” (cioè a sventrare il territorio senza l’impaccio di leggi e soprintendenze)? Quanto al Movimento 5 Stelle, dal Tav al Tap, l’esperienza dice che quando va al governo trangugia qualunque scempio ambientale! Insomma, chi davvero può credere a questa improvvisa, strumentale conversione verde dell’élite che ha condotto il pianeta sull’orlo dell’abisso e di una politica per cui l’economia è ancora quella del mattone, anzi del cemento?
Mentre a Roma andava in scena questo carnevale, a Civitavecchia gli operai metalmeccanici della Fiom facevano sciopero “davanti alle ciminiere della Centrale di Torrevaldaliga per chiedere salute, lavoro e una transizione energetica dal carbone alle rinnovabili. E, tanto per rimarcare le distanze tra mondo reale che ha a cuore le future generazioni e una politica distratta dall’interesse corrente, nelle stesse ore il presidente di Enel Italia, Carlo Tamburi, teneva invece a ribadire che sarebbe la combustione del gas (!) la via nazionale alla sostenibilità” (sono parole di Mario Agostinelli, già ricercatore all’Enea e vicepresidente dell’associazione “Laudato si’ – un’alleanza per il clima, la terra e la giustizia sociale”). Ebbene, l’intervento, così regressivo, di Tamburi si è tenuto a un convegno organizzato dalla regione Lazio sotto questo mimetico titolo: “L’economia di Francesco: l’energia, l’ambiente, la salute, l’agricoltura. Al servizio di un Paese migliore, più virtuoso e inclusivo”. Basterebbe un episodio così per far capire in quale contesto di green washing intensivo si collochi l’operazione “Drago verde”. Se mai una svolta verde ci sarà davvero, non aspettiamoci che parta dal Regime degli Ottimati.