Sacrificare l’Antartide

di Silvia Ribeiro - comune-info.net - 12/08/2019
L’autorevole Istituto Postdam per la ricerca sui cambiamenti climatici sostiene che, anche con l’aumento medio della temperatura a meno di 2 gradi (Accordo di Parigi), l’Antartide continuerà a sciogliersi e in 200 anni New York, Tokyo e diverse altre megalopoli sarebbero condannate a sparire

L'Antartide, la calotta polare dell’emisfero sud, si sta sciogliendo. Sempre più velocemente, a causa del caos climatico provocato dal capitalismo industriale. Ciò provoca l’innalzamento globale del livello del mare, che nel corso di un secolo potrebbe raggiungere tre metri, coprendo paesi insulari e inondando città costiere. Questa e altre catastrofi in corso, dovrebbero indurre i governi, specialmente quelli del Nord globale che sono i principali colpevoli, ad adottare misure chiare ed energiche che fermino le cause del cambiamento climatico. Al contrario, continuano a sorgere, come progetti scientifici seri, le più folli proposte di geo-ingegneria: manipolare su grande scala i sistemi della Terra solo per alleviare i sintomi del cambiamento climatico.

Per salvare, teoricamente, città come New York, Shanghai, Tokyo o Calcutta, un team di scienziati del Potsdam Institut für Klimafolgenforschung (PIK) [Istituto di Postdam per la ricerca sull’impatto climatico], finanziato dal governo tedesco,  ha proposto, il 18 luglio di quest’anno, un nuovo mega-progetto di geo-ingegneria. Migliaia di cannoni dovrebbero lanciare, dal mare, 7.400 miliardi di tonnellate di neve artificiale sui ghiacciai Isla Pine e Thwaites, nell’Antartico occidentale, per rallentare il loro scioglimento. Secondo il Trattato Atlantico, si tratta di un territorio non rivendicato da alcun paese, vicino all’Antartide cileno e argentino.

Questi ghiacciai si trovano nella zona critica di scioglimento del ghiaccio, che nell’Antartide è dovuto principalmente al riscaldamento del mare, che sta sciogliendo la sua base subacquea. Non è un processo lineare, ma a un certo punto lo scioglimento scatena una maggiore vulnerabilità e accelera, cosa che già si sta osservando.

Per cercare di fermarlo, la proposta di questo gruppo di scienziati è quella di creare neve artificiale per decine di miliardi di tonnellate, lanciarla con cannoni che la scaglino a un’altezza di 640 metri per superare l’altezza dei ghiacciai e depositarla a un ritmo di 10 metri all’anno di neve, su una superficie di 52 mila chilometri quadrati (come tutta la Costa Rica o più del doppio di El Salvador) per almeno 10 anni. O di più, se il cambiamento climatico continua. 

La neve artificiale verrebbe creata con l’acqua pompata dall’oceano che, anzitutto, dovrebbe essere desalinizzata e far sì che si mantenga come neve o ghiaccio  fin quando non si integra con i ghiacciai. Tutto il processo richiederebbe quantità ingenti di energia, parte della quale [gli scienziati] propongono che sia fornita da 12 mila generatori eolici sul mare, anche se riconoscono che questo è solamente per fare la neve artificiale e lanciarla. Non include la costruzione delle strutture né la domanda energetica per desalinizzare, il che è essenziale, poiché se si facesse con acqua salata avrebbe “gravi effetti negativi sui flussi dinamici della calotta glaciale”, né [include] altre fasi connesse al processo, tutto in condizioni estremamente dure.

L’installazione dell’infrastruttura energetica e dei cannoni, avrebbe effetti devastanti sulla fauna. Gli scienziati che fanno la proposta ammettono che comporta enormi impatti negativi sull’ecosistema e sulle specie marine. Di fatto, lo intendono come “sacrificare l’Antartide” per  salvare grandi città.

Riconoscono, inoltre, grandi incertezze su altri possibili effetti: per esempio, nello studio, non tengono conto del riscaldamento addizionale dell’atmosfera se la temperatura continua ad aumentare, né che la rimozione di enormi masse di acqua oceanica potrebbe alterare la circolazione marina e facilitare l’entrata di acqua più calda alla base della calotta polare, accelerando il suo scioglimento. Così come per le altre proposte di geo-ingegneria, potrebbe finire per essere peggiore del problema iniziale.

È molto preoccupante che un’istituzione riconosciuta, come l’Istituto Postdam, si unisca al coro dei fautori della geo-ingegneria – che si trova sotto moratoria nella Convenzione sulla Diversità Biologica-,  pur ammettendo  che si tratta di sacrificare interi ecosistemi e che i rischi di fallimento e di impatti collaterali sono molto gravi.

Secondo l’Istituto, lo fanno perché anche se fossero raggiunti gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, di mantenere l’aumento medio della temperatura a meno di 2 gradi, l’Antartide continuerà a sciogliersi e in 200 anni New York, Tokyo e altre megalopoli sparirebbero.  Sostengono che quindi i governi devono pensare a cosa sacrificare.

Ma la domanda cruciale è perché di fronte a tale gravità non fanno proposte altrettanto drammatiche per porre fine alle cause e fermare il cambiamento climatico. Per esempio, se il 10 per cento più ricco del pianeta avesse un livello di vita come un cittadino europeo medio (molto superiore a quello medio latinoamericano), le emissioni di gas a effetto serra globale, calerebbero del 30 per cento! (Kevin Anderson,Tyndall Centre).

Il principale motore del cambiamento climatico è il capitalismo industriale basato sui combustibili fossili (petrolio, gas, carbone) e gli unici che ne beneficiano sono un’assurda minoranza di paesi, imprese e ricchi individui. Le proposte della geo-ingegneria non sono per salvare le città, ma per salvare questi interessi. Questo è ciò che si deve cambiare, non sacrificare l’Antartide o qualsiasi altra regione.

Articolo pubblicato su La Jornada con il titolo originale Sacrificar la Antártida para salvar el capitalismo

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