Sulla Sardegna che brucia, una nota di speranza dal Trentino

di Claudia Zuncheddu - 08/08/2023
E’ l’assenza di cultura della prevenzione che determina l’emergenza e quando si parla di incendi su vasta scala, il primo pensiero va alla Prevenzione mancata e all’inesistenza di un piano d’intervento coordinato.

l rito degli incendi si ripete e ancora una volta chi di dovere si fa cogliere impreparato.

Non basta maledire i criminali, manifestare la propria impotenza e invocare la malasorte.

In Sardegna per ogni soffio di vento, per ogni pioggia stagionale è sempre emergenza.

E’ l’assenza di cultura della prevenzione che determina l’emergenza e quando si parla di incendi su vasta scala, il primo pensiero va alla Prevenzione mancata e all’inesistenza di un piano d’intervento coordinato.

Eppure un buon esempio sulla tutela del territorio è nella nota di Piercesare Moreni

un nome illustre dell’autonomismo trentino e di Autonomie e Ambiente.

Sono 239 i corpi dei vigili del fuoco volontari sparsi sull’intero territorio della Provincia Autonoma di Trento. Oltre 5.000 uomini e donne sempre pronti ad intervenire in qualsiasi situazione di pericolo e di emergenza. Una realtà dinamica, preparata e attrezzata con moderni mezzi che fa capo alla Federazione dei corpi dei vigili del fuoco volontari.

Nella provincia di Trento il servizio antincendi, regolato da apposite leggi regionali (Legge Regionale 24 del 20 agosto 1954 e Legge Regionale 17 del 2 settembre 1978), comprende il corpo permanente nella città di Trento, i corpi dei vigili del fuoco volontari nei comuni della Provincia, le unioni distrettuali dei corpi dei vigili del fuoco volontari, la Scuola provinciale antincendi e le squadre aziendali antincendi. I vigili del fuoco volontari del Trentino sono organizzati in una struttura gerarchica costituita da 239 corpi, raggruppati secondo il territorio in 13 unioni distrettuali che a loro volta danno vita alla Federazione dei corpi dei vigili del fuoco volontari. La Federazione riveste un importante ruolo nella rappresentanza della realtà pompi eristica trentina nei confronti delle istituzioni e del mondo esterno nonché una funzione generale di raccordo con i corpi sparsi sul territorio.

Il modello di protezione civile del Trentino, molto simile alle grandi realtà del Nord Europa, è visto come punto di riferimento e modello a livello nazionale. C’è di più. Questo sistema, possiamo affermare con una punta d’orgoglio, è invidiato nel resto d’Italia perché basato su valori di generosità e volontariato che non ha prezzo e che possono essere costituiti solo attraverso una passione trasmessa di padre in figlio, di generazione in generazione”.

Ma in Sardegna la situazione è complessa. Tra cause e concause degli incendi paghiamo i costi dell’abbandono delle campagne e la conseguente perdita del controllo tradizionale del territorio. Lo spopolamento in Sardegna non può essere solo un tema per salotti radical chic, né la vendita delle case a un euro, né il solito convegno con richieste a chi governa di elemosine e commiserazione. Sul dramma ciclico degli incendi nei territori le istituzioni continuano a latitare garantendo nel migliore dei casi, assunzioni a scadenza e limitati piani operativi.

La crisi economica in questi anni ha spinto migliaia di aziende agro-pastorali alla chiusura o ad un drastico ridimensionamento. La gente fugge dai territori per la crisi e per la mancanza di servizi che promuovano l’aggregazione e una vita dignitosa, come i servizi sanitari pubblici, la scuola e il lavoro con un’impresa diffusa e rispettosa delle vocazioni produttive, sociali e culturali dei luoghi. Fugge perché nel nostro territorio mancano persino i mezzi di trasporto per poter espletare l’obbligo scolastico. La desertificazione che avanza non è solo fisica ma anche culturale, scientifica e identitaria. Questa desolazione è la prima miccia che innesca gli incendi in Sardegna.

Per la sicurezza dell’Ambiente e dei territori con le loro comunità, i Canadair e altri supporti aerei sicuramente sono necessari, ma non bastano. Da sempre gli incendi si sono combattuti principalmente da terra con uomini addestrati, conoscitori degli habitat e dotati di mezzi di supporto adeguati. La battaglia si può vincere solo se si mettono i comuni, le comunità locali, le compagnie barracellari e le associazioni di volontariato, in stretta collaborazione con gli organi preposti della nostra Regione Autonoma e dello Stato, nella condizione di garantire la prevenzione, il controllo e l’intervento rapido sul territorio tutto l’anno. Le emergenze per i cambiamenti climatici con dissesti idrogeologici e alluvioni sono ormai all’ordine del giorno.

Bisogna ripensare e riprogrammare un piano d’intervento coordinato in tutto il territorio, ma queste operazioni non possono sopravvivere con regalie una tantum o con resti di bilancio. Intanto dalle alte sfere, mentre la Sardegna brucia, ancora una volta si indugia attendendo la miracolosa alzata in volo dei Canadair.

 

Claudia Zuncheddu – Sardigna Libera

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