Il 2 giugno1946 la maggioranza degli italiani e, per la prima volta, delle italiane scelsero di non essere più sudditi di un monarca, ma cittadini di una Repubblica democratica.
Non fu una scelta pro o contro il fascismo, che era ormai definitivamente sconfitto, ma certo l’indulgenza dimostrata da casa Savoia nei confronti di Mussolini aveva lasciato un segno che nemmeno l’abdicazione di Vittorio Emanuele aveva cancellato.
Si aprì così una stagione, per certi versi esaltante, che vide protagonista la Politica intesa nella sua accezione più nobile, che ci ha lasciato nei verbali della Assemblea Costituente pagine altissime.
Dopo venti anni di violenze, di razzismo, di pagliacciate in camicia nera e di piazze acclamanti era necessario definire una piattaforma che consentisse la convivenza di un popolo stremato e non abituato a assumersi responsabilità. Fatte salve le minoranze che per quella responsabilità avevano messo in gioco la loro vita nella Resistenza.
A quei Costituenti, che seppero superare le loro differenze in nome dell’interesse comune, dobbiamo ancora molto: nonostante le cicatrici lasciate da revisioni quasi sempre sbagliate e dettate da interessi di parte, la Carta che scrissero ci garantisce ancora la democrazia, pur con tutti i suoi limiti.
Ma non posso negare che quest’anno vivo la Festa della Repubblica con particolare angoscia: la maggioranza che ci governa (forse frutto di una legge elettorale sbagliata, ma anche della incapacità dell’attuale opposizione) per la prima volta non si riconosce nella Costituzione, ma anzi cerca di distruggerla riesumando il fantasma dell’uomo solo al comando’ che governa senza contropoteri e, perché no?, al di sopra della legge. Nel momento in cui quel Paese unito e solidale progettato dalla Costituente sarebbe indispensabile per affrontare i rinascenti rischi della guerra e del degrado ambientale.
E sarà con angoscia che ascolterò il rumore della parata delle forze armate (che non guarderò) riprodotto da milioni di televisori: avrei preferito che quest’anno di guerra venisse scelto un altro simbolo per festeggiare la Repubblica.