Negli ultimi anni, nonostante la riconferma della adesione di una ampia maggioranza di cittadine e cittadini ai Principi costituzionali, espressa nei referendum del 2006 e 2016, abbiamo assistito alla progressiva deformazione in senso centralistico del nostro sistema istituzionale, con il continuo abuso da parte dei vari governi della decretazione d’urgenza e del voto di fiducia (spesso motivato da problemi interni alle coalizioni governative), il ricorso a vari sotterfugi regolamentari per comprimere e vanificare il dibattito parlamentare, il trasferimento di fatto all’Esecutivo dell’iniziativa legislativa.
Inoltre le leggi elettorali di impostazione maggioritaria che si sono succedute (in alcuni casi sanzionate dal giudizio della Corte Costituzionale) hanno puntato a limitare la presenza nelle assemblee parlamentari delle correnti politiche minoritarie e hanno falsato la proporzionalità della rappresentanza con meccanismi ‘premiali’, ma soprattutto hanno definitivamente reciso il rapporto fra elettori ed eletti, assegnando di fatto alle segreterie dei partiti il potere di designare i possibili parlamentari, che solo ad esse sentono di dover rispondere per essere rieletti.
Non è possibile ignorare come tutti questi interventi abbiano contribuito a minare il ruolo del Parlamento, rappresentativo della volontà popolare, limitandone funzione e credibilità per concentrare di fatto il potere nell’Esecutivo e nei vertici dei partiti, a loro volta non sempre espressione democratica di una base significativa.
Attualmente assistiamo purtroppo ad ulteriori tentativi di delegittimazione del Parlamento, espressi
- nelle proposte di riduzione del numero dei parlamentari,che renderebbe ancora più difficoltosa la rappresentanza di forze minoritarie, anche se culturalmente e numericamente significative
- nella introduzione del cd ‘referendum propositivo’, presentato come strumento di ‘democrazia diretta’, ma che di fatto potrebbe essere utilizzato da grandi organizzazioni (lobby?) come strumento di ricatto verso il Parlamento
- nella tendenza alla compressione della autonomia del singolo parlamentare (spesso in aperta violazione dell’art. 67 Cost),
- infine nel gravissimo tentativo di differenziare le competenze regionali con una discutibile interpretazione del 3° comma dell’art. 116, ampliando oltre ogni ragionevolezza quelle delle regioni più ricche, negando di fatto l’eguaglianza dei cittadini in settori fondamentali come la salute, l’istruzione, il fisco, violando il fondamentale principio di solidarietà,e minando l’unità del Paese con un procedimento decisionale opaco, che escluderebbe di fatto il Parlamento e potrebbe essere sottratto al sindacato della Consulta.
L’insieme di queste violazioni dei principi ispiratori della nostra Carta costituzionale è sicuramente fra le cause del progressivo distacco dei cittadini e delle cittadine dalla politica, della conseguente crescita dell’astensionismo e del sempre più frequente ricorso alla piazza come unico strumento di partecipazione e di espressione del dissenso verso un esecutivo/legislatore percepito come ingiusto e sordo alle rivendicazioni di giustizia e solidarietà.
Per questo i comitati toscani del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, proseguendo nel loro impegno per la difesa e l’attuazione della Costituzione,chiedono alle forze politiche e ai loro singoli esponenti un esplicito impegno per un ritorno allo spirito costituzionale originario, con l’approvazione di leggi elettorali che garantiscano una rappresentanza proporzionale e la conferma della centralità del Parlamento e della sua funzione legislativa. E chiedono in particolare l’immediato arresto del progetto di regionalismo differenziato basato sulle bozze di intese proposte da Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna - improvvidamente sottoscritte dal governo Gentiloni alla vigilia della scadenza del suo mandato - nei confronti delle quali sono stati rilevati gravi profili di incostituzionalità non solo da autorevoli costituzionalisti, ma dallo stesso Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio.