Giornali e televisioni ad una sola voce fanno
a gara a rilanciare le posizioni governative sulla riforma costituzionale.
Spazio solo al duo Renzi e Boschi e al coro compiacente che li accompagna.
Tutti in coro compresa la televisione pubblica con la sola eccezione de il
manifesto e Il Fatto Quotidiano. L’originaria vocazione alla rottamazione del
premier di Rignano, frustrata dalla invadenza di Giorgio Napolitano, trova sfogo
in una frenesia riformatrice che ha come bersaglio principale la nostra Carta
costituzionale e la storia della Repubblica, per lossignori vere responsabili
del mancato rinnovamento del Paese.
Così come è sua abitudine il Presidente del
Consiglio evita di parlare dei veri problemi del Paese o delle immediate
scadenze e si fissa sul referendum costituzionale di metà ottobre deciso a
vincere la partita alla testa dell’esercito dei suoi diecimila comitati per il
Si. I conti economici del Paese tendono al peggio e il fenomeno evoca il
caos se dovesse vincere il No; il Job Act si è rivelato un disastro per
l’occupazione e il fenomeno accusa di irresponsabilità i sostenitori del No; il
Pd sembra annaspare nella campagna elettorale per le amministrative e il fenomeno
si prodiga nel buttare a mare la storia della Repubblica.
E ogni volta una
promessa nuova: Irpef, pensioni, soldi per le periferie, fine di Equitalia. Ma
ogni specchietto per le allodole è accompagnato da un enorme rullo compressore
che spiana ostacoli e resistenze alla riforma costituzionale della madonnina
dell’acqua cheta dell’Etruria. Il governo fa di tutto per drammatizzare lo
scontro referendario con continue provocazioni e bugie che arrivano a cambiare
le carte della storia e a cercare impossibili sostenitori del si nel
campo avverso.
E dopo le provocazioni arriva puntuale lo stucchevole vittimismo
di chi si sente non compreso, ostacolato dall’ideologia dei gufi rosiconi che
verranno sputtanati dalla lettera che il Presidente-Segretario Pd sta inviando
a tutti gli Italiani. In puro stile berlusconiano si esaltano i presunti
successi del governo: tutto va ben madama la marchesa e viviamo nel migliore
dei mondi possibili. E’ in questo clima incasinato, ipocrita e surreale che il
Paese si appresta a festeggiare in qualche modo il 69° anniversario della festa
della Repubblica giudicata un ferrovecchio da innovare dai singolari
riformatori del governo che amano tutto quello che viene dagli Usa ma
dimenticano che la Costituzione statunitense risale a 229 anni fa e mai a
nessuno è venuto in mente di modificarla.
Mentre il governo rimuove con tenacia
gli ostacoli alla sua corsa demolitrice dello stato sociale con la benedizione
dei poteri forti, del sempre verde Napolitano e della troika, il Paese
riscopre se pur lentamente, le sue radici e i valori fondanti della Repubblica.
Erano anni che non si assisteva a così tante manifestazioni per festeggiare
compleanni istituzionali e la nostra Carta. Almeno di questo risveglio dobbiamo
essere grati ai rottamatori.
E, come esempio emblematico di questa nuova
resistenza democratica, ci piace raccontare quanto avvenuto nei giorni scorsi a
Nepi, un paese di circa 10mila abitanti in provincia di Viterbo. Una piccola ma
attivissima associazione locale di donne, Red in Action, organizza una serata
al teatro San Pellegrino: “Donne e Costituzione: 70 anni di cammino”. Musica,
poesia, lettura di brani letterari per ricordare il 2 giugno 1946 quando per la
prima volta nella storia anche le donne vengono chiamate al voto e riescono ad
eleggere in Parlamento 21 deputate di cui 5 faranno poi parte della Commissione
per la Costituzione incaricata di elaborare il progetto di Costituzione
repubblicana. Una data storica della nostra Repubblica.
Come è storica
l’elezione nel 1946 della prima donna sindaco d’Italia: alle elezioni
amministrative di Borutta, un paese del Logudoro in provincia di Sassari,
Ninetta Bartoli fa il pieno di voti e diventa sindaco. Anche Nepi ha la
sua donna a capo dell’amministrazione comunale, Lidia Scotti, sindaco dal 1956
al 1964. Oggi sono centinaia le donne che occupano posti di rilievo nel governo
della cosa pubblica. Un cammino lungo quello delle donne nella società e nelle
istituzioni, un cammino appena iniziato percorso quotidianamente da milioni di
donne protagoniste del vissuto collettivo.
E mentre nel palcoscenico del teatro
si alternano immagini letture e musiche sul ruolo della donna nella società e
nelle istituzioni avviene quello che neanche i più accesi sostenitori del No
potevano immaginare. Tre giovani donne si accomodano in un angolo del teatro,
si sfilano le giacche e indossano le magliette bianche con il logo del Comitato
per il No alle riforme costituzionali poi distribuiscono materiali informativi
e spiegano ai presenti il significato del loro impegno. Rossella, Patrizia e
Rosalinda, questi i loro nomi. L’insistenza e la competenza con la quale nelle
loro spiegazioni ritornano ai temi della scuola e agli articoli della Carta
costituzionale che parlano di scuola denunciano il loro mestiere.
Sono tre
insegnanti, appassionate e competenti. Con calma spiegano la confusione della
riforma costituzionale del governo; le sue contraddizioni; lo spirito
unificante dei nostri padri costituenti e lo spirito divisivo della riforma del
governo; raccontano che non a caso la nostra Carta riserva un ruolo
privilegiato all’istruzione. Ogni scuola è lo specchio della comunità in cui
sorge e in ogni scuola si trasmettono quei saperi che permettono di
comprendere la condizione della comunità e di migliorarla.
La nostra
Costituzione è il libro dei libri, quello che illustra in maniera semplice ma
profonda le linee guida del programma collettivo della comunità nazionale.
Forse hanno letto Calamandrei, senza dubbio ne hanno appreso gli insegnamenti
sia sulla Costituzione sia sulla scuola. Le tre insegnanti conquistano il
pubblico. Con un semplice gesto dimostrano cosa significa la vera buona scuola
che trasmette i valori collettivi condivisi e forma cittadini consapevoli.
Che
differenza dalle sparate e dalle bischerate sulla scuola del ministro Giannini,
che abisso dai balbettii costituzionali della Boschi e di tutte le donne del
giglio magico. Da una parte chi difende la sovranità popolare sancita dalla
Costituzione per difendere i diritti di tutti; dall’altra chi cerca sempre
maggior potere per realizzare i progetti e gli interessi di pochi.
Grazie a
quelle insegnanti che hanno dimostrato che esiste un’Italia migliore, l’Italia
che ci piace e che vogliamo. Grazie a loro e a tutti quelli che sono in cammino
per difendere i nostri valori nazionali. Finché c’è un popolo che cammina c’è
speranza di vedere la luce in fondo al tunnel.
Come dicevano i partigiani durante la Resistenza più la notte è fonda più l’alba si avvicina e non si può negare che ora la notte italiana sia fonda. Allora in cammino come ci hanno insegnato i nostri padri costituenti, come ci hanno ricordato di fare le tre insegnanti.