È incredibile che il Parlamento abbia discusso della proposta di legge di Fratelli d’Italia di fare eleggere direttamente dai cittadini il presidente della Repubblica nella disattenzione generale. Bene che sia stata bocciata. Male che non ci sia stata informazione dei cittadini. Si tratta infatti della modifica più radicale della nostra Costituzione. Costituzione che meriterebbe maggiore riguardo anche da parte di chi la rispetta e difende. È vero che la proposta di FdI era mal costruita e non traeva conseguenze coerenti di una modifica tanto radicale, ma non pochi di quelli che l’hanno bocciata o mal sostenuta hanno pensato che in questo momento e in questo modo non si poteva affrontare un tema di questa portata e quindi hanno preferito rinviare l’iniziativa alla prossima legislatura. Una vera e propria prenotazione, non solo di FdI.
Il presidenzialismo era già presente nel referendum del 2016 con l’idea di eleggere il Sindaco d’Italia. Ma in realtà le premesse erano già nella proposta del centrodestra di introdurre nella legge elettorale il nome del candidato presidente del Consiglio della coalizione vincente. Una “semina” presidenzialista che dura da anni e a cui non si è risposto, ad esempio, contrastando questa norma elettorale che pure era incostituzionale. Il presidenzialismo, inteso come elezione diretta del capo, è il perno di un’altra Costituzione: non si può affrontare solo il ruolo e la modalità elettiva del presidente della Repubblica, perché cambiando questo cambia tutto. Per questo è apparso strano che Draghi si sia lasciato andare in un’intervista al Corriere proponendo l’elezione diretta del presidente del Consiglio, come in Israele, ridimensionando nettamente il ruolo del presidente della Repubblica.
Del resto se il Parlamento è subalterno al governo e alle decisioni prese in sedi ristrette e opache ed è eletto in modo che la sua composizione è decisa dai capipartito, non dagli elettori, è evidente che la sua autonomia è ai minimi termini. Fino ad arrivare a oggi. Dopo i voti di fiducia a raffica, i maxi-emendamenti monstre, i decreti legge a valanga, ormai siamo fuori dalle regole costituzionali perché l’approvazione dei decreti decisi dal governo è affidata a una Camera per volta, con la rinuncia “volontaria” alla doppia lettura, prevista dalla Costituzione. Dopo aver tagliato il numero dei parlamentari, ora c’è il taglio del ruolo di una Camera a turno, precostituendo l’inutilità dell’altra, quindi altre modifiche della Costituzione.
C’è chi ha un disegno di modifica radicale della Costituzione e c’è chi non sembra rendersi conto che procedendo in questo modo si precostituiscono le condizioni per realizzare il disegno di altri. Avere un presidente della Repubblica garante è cosa ben diversa da averne uno a capo della fazione elettorale vincente. Così il garante sparisce e con lui un equilibrio dei poteri in cui il Parlamento è centrale e il governo deve agire nell’ambito delle leggi che approva e sotto il suo controllo. È evidente che la prossima legislatura avrà anche un ruolo costituente perché deve, nel bene o nel male, ricostruire le regole per prendere le decisioni. O facendo funzionare quelle della Costituzione o costruendone di nuove. Per questo approvare una nuova legge elettorale prima delle prossime elezioni è indispensabile. Votare con la legge elettorale attuale non solo darà maggioranze diverse tra Camera e Senato, ma il Senato rischia di non avere alcuna proporzionalità e soglie di accesso reali fino al 20-30 %, ben più alte del 3% teorico. Il rischio è un Parlamento che non rappresenta le reali posizioni politiche e culturali, i territori. L’approvazione di una nuova legge elettorale dovrebbe essere imperativo prioritario per quanti hanno a cuore il futuro della democrazia italiana.