L’autonomia regionale differenziata è ormai un obiettivo di tutto il governo. Giorgia Meloni l’ha fatta sua nel discorso in Friuli durante la recente campagna elettorale, senza riguardo per le conseguenze sull’unità nazionale.
Questo progetto richiede una forte e determinata opposizione in parlamento e nel paese per bloccare il ddl del ministro Calderoli prima che si avveri l’obiettivo dei leghisti che porterebbe alla “secessione dei ricchi”.
Sappiamo quali sono i rapporti di forza in parlamento, ma se l’opposizione avrà una posizione chiara e unitaria, intrecciata con la forte opposizione nel paese e con l’ampia contrarietà di tanti sindaci, ci possono essere risultati importanti e positivi.
L’autonomia regionale differenziata è ormai un obiettivo di tutto il governo. Giorgia Meloni l’ha fatta sua nel discorso in Friuli durante la recente campagna elettorale, senza riguardo per le conseguenze sull’unità nazionale che pensa di garantire con l’elezione diretta del presidente della Repubblica.
L’autonomia differenziata avrebbe un impatto negativo immediato sui diritti fondamentali dei cittadini italiani che diventerebbero ineguali perché differentemente trattati su base regionale.
Questo progetto richiede una forte e determinata opposizione in parlamento e nel paese per bloccare il ddl del ministro Calderoli prima che si avveri l’obiettivo dei leghisti che porterebbe alla “secessione dei ricchi”.
Calderoli sostiene che l’Autonomia regionale differenziata sarebbe l’attuazione del titolo V della Costituzione, che nella versione attuale – approvata (purtroppo) dal centrosinistra nel 2001—apre varchi alle ambizioni leghiste.
NON TUTTO È MODIFICABILE
Certo, l’insieme della Costituzione nega il tipo di autonomia che pretende la Lega, malgrado le ambiguità contenute negli articoli 116.3 e nel 117. Più volte la Corte costituzionale ha chiarito che non tutto della Costituzione è modificabile.
Stefano Rodotà spesso ricordava, ad esempio, che la forma repubblicana non è modificabile. La Costituzione ha una coerenza normativa non derogabile e prevede una unità dei diritti fondamentali esigibili: questa non è un’opzione variabile.
Perciò è necessario che i due articoli – 116.3 e 117— siano ricondotti a coerenza costituzionale. Ad esempio, l’art. 117 dopo l'introduzione dei poteri concorrenti tra stato e regioni ha fatto esplodere i contenziosi presso la Corte costituzionale, oltre 2000, con buona pace della leale collaborazione tra istituzioni che si proponeva di favorire.
È in corso una raccolta di firme ancora per un mese (www.coordinamentodemocraziacostituzionale.it) che con una legge di iniziativa popolare costituzionale pone l’esigenza di modificare gli articoli 116.3 e 117 per eliminare le ambiguità che oggi la Lega strumentalizza per giustificare la sua strategia.
L’obiettivo della proposta di legge di iniziava popolare è di provocare un dibattito in parlamento proprio nella fase in cui dovrebbe esaminare la proposta Calderoli. Mentre il governo ha relegato il parlamento in un mero ruolo di ratifica finale di decisioni già prese.
Se siamo a questo punto pericoloso è anche a causa delle ambiguità di esponenti dell'attuale opposizione che flirta con l’idea dell'autonomia regionale, anche se questa oggi assomiglia più all'anticamera della secessione (di chi sta meglio dagli obblighi redistributivi verso il resto della nazione).
IL RUOLO DELL’OPPOSIZIONE
La discussione in parlamento aiuterebbe l’opposizione a chiarire cosa vuole senza negare errori passati, per fare emergere i dubbi che sappiamo esistere nella stessa maggioranza, una coalizione non omogenea che vuole acquistare unità a spese dell’unità del paese.
L’opposizione attuale deve superare gli aspetti sbagliati del 2001 per essere credibile e avere forza. Sappiamo quali sono i rapporti di forza in parlamento, ma se l’opposizione avrà una posizione chiara e unitaria, intrecciata con la forte opposizione nel paese e con l’ampia contrarietà di tanti sindaci, ci possono essere risultati importanti e positivi.
Se vogliamo fermare questo disastro dobbiamo costruire fin d’ora una forte e chiara opposizione politica e sociale e, se necessario, essere pronti anche chiamare a pronunciarsi elettrici ed elettori.
Sanità e istruzione sono pilastri dell’unità nazionale e diritti fondamentali dei cittadini che il progetto di regionalismo differenziato mette a repentaglio; ugualmente chiaro è che energia, grandi infrastrutture, ambiente e lavoro hanno bisogno di risposte di tutta l’Italia in un quadro europeo, non di spezzatini regionali.