La proposta del Governo firmata dal solo Ministro Calderoli sull’autonomia regionale differenziata, dopo l’approvazione al Senato, ha alla Camera un’improvvisa accelerazione, tanto da essere inserita nel calendario dell’aula per il 29 aprile.
La maggioranza su pressione della Lega ha deciso un’accelerazione improvvisa tanto più incomprensibile in quanto la Commissione Affari Costituzionali della Camera è ancora impegnata ad ascoltare numerosi esperti, costituzionalisti e organizzazioni sociali. Per di più da queste audizioni continuano ad uscire critiche serrate e contrarietà alla proposta di legge del governo insieme ad una denuncia dei pericoli derivanti dalla frantumazione dello Stato unitario in tanti staterelli regionali, che rischiano di portare indietro le lancette della storia, a prima dell’unità nazionale.
Più poteri, soldi e funzioni al nord
E’ evidente che Governo e maggioranza si preparano ad ignorare le opinioni espresse nelle audizioni e – peggio ancora – si preparano a confermare il testo uscito dal Senato, malgrado risulti ormai dimostrato che il vero obiettivo è consentire ad alcune regioni, a partire da Lombardia e Veneto, di ottenere più poteri, funzioni e soprattutto le risorse conseguenti lasciando al loro destino le altre regioni, soprattutto le più deboli, che non riceveranno, come afferma la legge Calderoli, un solo euro in più.
Mutuando il “metodo Falcone” e quindi seguendo i quattrini è abbastanza evidente che le Regioni che otterranno più poteri avranno anche maggiori risorse e nessuno ha ancora spiegato come sia possibile che non potendo spendere in totale un euro in più alcune Regioni ottengano più risorse per loro senza che altre ne perdano. E’ evidente che c’è il trucco.
E Zaia intanto…
Per questo il presidente Zaia ha annunciato che sta già preparando le carte per chiedere – appena approvata la legge Calderoli – 8 materie di rilievo in più, con più di 100 funzioni (Rapporti internazionali, Commercio con l’estero, Professioni comprese le procedure per l’abilitazione di avvocati e notai e il riconoscimento dei titoli professionali acquisiti all’estero, Protezione civile, Previdenza integrativa, Coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, Casse rurali, Giudici di pace).
Queste 8 materie sono l’antipasto perché si tratta di materie e funzioni al di fuori dei Lep, perché tutto quello che non è dichiarato Lep si potrebbe fare subito, prima dei Lep.
Questa impostazione rivela che Governo e maggioranza puntano ad approvare il testo della legge come è uscito dal Senato, senza fare modifiche, altrimenti non ci sarebbe il tempo di tornare al Senato per approvare le modifiche prima delle elezioni europee.
Per di più l’assemblea della Camera ha in calendario la discussione della proposta Calderoli dal 29 aprile malgrado la Commissione affari costituzionali non abbia ancora iniziato ad esaminarla, evidentemente dando per scontato che non verranno fatte modifiche, mortificando commissione ed aula.
L’elezione diretta del premier in commissione
Conferma questa accelerazione improvvisa la decisione della Commissione Affari Costituzionali del Senato di esaminare a ritmo serrato il testo del disegno di legge del Governo per l’elezione diretta del Presidente del Consiglio. Anche in questo caso è evidente un’accelerazione dei tempi. Del resto è sempre stato chiaro che tra le due proposte (premierato e autonomia regionale diferenziata) c’è uno stretto legame.
Anzitutto Giorgia Meloni non ha intenzione di firmare una cambiale in bianco alla Lega e quindi vuole che i provvedimenti marcino appaiati, nell’illusione di controllare gli effetti più perversi della proposta Calderoli.
Soprattutto Giorgia Meloni vuole l’elezione diretta del Presidente del Consiglio per forzare l’assetto costituzionale, la divisione attuale dei poteri. Non a caso ha parlato di terza Repubblica che non sarebbe più come ora di natura parlamentare. Anche in questo caso vengono raccontate balle come quella che al Presidente della Repubblica non verrebbero sottratti poteri. Per non parlare di un parlamento che avrebbe come compito principale di approvare tutte le decisioni del Governo altrimenti verrebbe mandato a casa.
Quindi più poteri e ruolo al Presidente del Consiglio vuol dire sottrarre poteri e ruolo agli altri organi dello Stato, anzitutto al Presidente della Repubblica e al parlamento. Per di più Giorgia Meloni, segretaria di Fratelli d’Italia e del suo partito europeo, Presidente del Consiglio attacca il ruolo dei partiti, proprio lei che dirige quello oggi con più voti, ricorda la favola del lupo e dell’agnello.
Tutto questo ignorando che il punto di crisi in Italia, che porta alla crescente astensione, è che i parlamentari non vengono più scelti dagli elettori ma dai capi dei partiti, questi si dovrebbero essere eletti tutti direttamente dagli elettori, tutti e 600, sarebbe una vera rivoluzione democratica.
Giustizia, separazione delle carriere
Inoltre la maggioranza sembra avere raggiunto un’intesa anche sulla terza gamba cara a Forza Italia e cioè la separazione delle carriere dei magistrati, di cui l’esame psicologico nei concorsi è solo l’antipasto.
Le opposizioni politiche e le organizzazioni sociali che hanno criticato duramente la scelta dell’autonomia regionale differenziata e dell’elezione diretta del Presidente del Consiglio, gli esperti di varia natura, le persone che comprendono la pericolosità delle proposte del governo ora debbono reagire concentrandosi sull’esigenza di contrastare con tutte le iniziative possibili la loro approvazione.
Nel caso non si raggiunga questo risulta occorre pretendere che a decidere su queste scelte siano direttamente elettrici ed elettori.
Subito i Comitati per il No
Vanno costruiti da subito i Comitati per il No all’elezione diretta del Presidente del Consiglio, che potranno agevolmente diventare Comitati per il No nel referendum costituzionale, contrastando con determinazione i tentativi in corso di sottrarre la possibilità del ricorso al referendum. Cosa che sarebbe possibile solo se una parte dell’opposizione abdicasse al suo ruolo e votasse insieme alla maggioranza e questo sarebbe un fatto gravissimo. Il referendum costituzionale non ha quorum di votanti e può essere richiesto solo se le camere non raggiungono i due terzi a favore nella seconda votazione.
Per quanto riguarda l’autonomia regionale differenziata La Via Maestra si è già pronunciata il 2 marzo a favore di un referendum abrogativo, ora bisogna considerare concretamente tempi e modalità.
Subito dopo l’approvazione della legge Calderoli le Regioni potrebbero fare ricorso contro l’Autonomia alla Corte costituzionale in modo da calmare i bollenti spiriti dei Presidenti che premono per ottenere rapidamente maggiori poteri, ma occorre anche considerare il ricorso ad un vero e proprio referendum abrogativo, che richiede più tempo, come un’occasione per collegarsi a grandi questioni sociali e del lavoro come ha affermato la Via Maestra il 2 marzo scorso.
Così da rafforzarne le ragioni e avendo chiaro che occorre essere in grado di denunciare l’imbroglio tentato dal Governo con il collegamento dell’autonomia regionale differenziata alla legge di bilancio, che è chiaramente una finzione, anche perché alcune regioni prenderebbero poteri e risorse e le altre resterebbero bloccate dal vincolo di spesa complessivo e questo potrebbe convincere la Corte Costituzionale ad ammettere questo referendum abrogativo, anche se il governo ha tentato di sottrarlo con l’aggancio alla legge di bilancio. Iniziamo dalla costruzione dei Comitati per il NO all’autonomia regionale differenziata come quella proposta da Calderoli.