Che sul premierato ci fosse una scommessa di fondo della destra al potere era del tutto evidente. Una conferma si trae da segnali di qualche nervosismo affiorati nelle audizioni avviate nella I Commissione del Senato.
Abbiamo visto il presidente della commissione - ed è davvero inusuale - togliere la parola al senatore Parrini (Pd) e al senatore Giorgis (Pd). Le audizioni hanno mostrato subito una contrapposizione netta tra favorevoli e contrari alla proposta di premierato.
Una proposta che divide, come era nell’intenzione. Giorgia Meloni ha messo in chiaro che non cerca una manutenzione, ordinaria o straordinaria che sia, della Costituzione o delle istituzioni.
VUOLE IN REALTÀ sostituire una Costituzione a-fascista alla Costituzione antifascista nata dalla Resistenza. La destra al potere vuole riscrivere la storia dandone la sua lettura, e Meloni traduce questo obiettivo in quella che è tecnicamente una successione tra ordinamenti. Una Costituzione muore, una Costituzione nasce. Non importa davvero se le norme toccate dalla proposta sono poche. L’esito al quale si punta è una torsione autocratica che mette fine alla democrazia parlamentare scritta nella Costituzione vigente.
De Siervo, uomo di certo prudente e misurato, ha definito in audizione il progetto del governo per qualche punto «eversivo». Zagrebelsky ha parlato di un rovesciamento radicale, e lo ha ripetuto sulle pagine di Repubblica. Marta Cartabia ha parimenti avanzato critiche, se pure con qualche timidezza. Nel complesso, posizioni che non assolvono in alcun modo il premierato, e ancor meno il sindaco d’Italia proposto da Renzi. Per contro, ci sono anche i fan della proposta del governo.
L’hanno sostenuta a spada tratta i professori Marini e Frosini, che ne condividono l’impianto di fondo, e non vanno oltre limature che rimangono, nel contesto, marginali. Quando non puntano a precisazioni peggiorative, ad esempio proponendo la soppressione totale del voto di fiducia.
MERITANO UNA MENZIONE particolare le audizioni dei sindacati. È positivo siano stati ascoltati su un tema come la riforma della Costituzione. La CGIL è fortemente contraria, la UIL abbastanza contraria, la CISL forse è contraria, UGL è favorevole. Tutto secondo copione. Ma va sottolineato e apprezzato negli interventi di CGIL e UIL che si colga come il premierato disegnato dal governo in realtà neghi la partecipazione democratica di cui il sindacato ha assoluto bisogno per l’efficacia del proprio ruolo.
Va anche apprezzato che abbiano compreso la stretta connessione tra premierato e autonomia differenziata. È ben vero che l’autonomia non passa attraverso una legge di revisione della Costituzione. Ma concorre con il premierato a disegnare un paese profondamente diverso. E, come è stato bene detto dal senatore Giorgis, il tratto che accomuna autonomia e premierato è la marginalizzazione del parlamento.
VOLENDO ANTICIPARE quel che verrà, sembra indubbio che la riforma non potrà essere condivisa. Come ho già scritto, Giorgia Meloni si è spesa troppo per rinunciare ora all’elezione diretta del primo ministro, e al premio di maggioranza che lo blinda nella carica. È in questi due punti il radicale rovesciamento della Costituzione del 1948. Il resto è contorno, modificabile, ma comunque non tale da cambiare l’essenza.
Bisogna ora evitare di mettersi sulla strada delle correzioni che vorrebbero rendere il testo governativo meno inaccettabile. La riforma della destra meno uno non è quel che serve al paese. Emerge invece qualche tentazione di dialogo nel campo variegato delle opposizioni.
PROBABILMENTE sarà Meloni a risolvere il problema, tenendo ferma la barra sui fondamentali della sua proposta, e aprendo la via a un inevitabile scontro referendario.
Un progetto alternativo? Sì, ma chiarendo che si punta alla attuazione e non alla modifica della Costituzione. Con una legge elettorale che ripristini una piena rappresentanza politica e restituisca ai cittadini la scelta dei parlamentari. Con una legge sui partiti politici che ne consolidi il radicamento e la democrazia interna. Con un finanziamento pubblico della politica che restituisca trasparenza e aiuti a contrastare corruzione e clientelismo.
Zagrebelsky commentando la norma che cancella i senatori a vita ma conferma quelli attuali in via transitoria ci dice che è una norma ad mortem. A parte i debiti scongiuri, tutto sommato è bene collocata in un contesto in cui la campana a morto suona per la Costituzione.